Post n. 7:
Ricordo di Pasolini
Un marxista (puro) è naturalmente nel Paradigma dell’Olismo. Nel campo delle
scienze umane, infatti, il Marxismo (quello puro, quello rimasto scritto e mai
realizzato correttamente, almeno fino ad ora, nel corso della Storia) è una
concezione olistica in senso proprio in quanto ritiene che l’oggetto della
scienze sociali non sono - e non debbano essere - tanto gli individui ma
propriamente le strutture e le totalità di cui gli individui fanno parte e alle
cui azioni esse non sono riducibili. E questo perché secondo l’Olismo ci sono,
tanto nella Natura quanto appunto nella Società, forze collettive di tipo emergente (nel senso
dell’Emergentismo) rispetto alle loro componenti e tali che il loro manifestarsi
non è determinato esclusivamente dalle azioni e interazioni delle componenti. Aspetto che porta ad una conseguenza
metodologica importante che si ritrova tanto nell’esercizio delle scienze olistiche
naturali quanto appunto nell’esercizio delle scienze olistiche sociali e cioè che
per spiegare l’azione, la dinamica di una forza collettiva non è sufficiente
conoscere - analiticamente prima e per sintesi ricostruttiva dei dati analitici
poi, come da Riduzionismo – i comportamenti e le relazioni delle sue componenti.
Occorre cogliere, per via sintetico-intuitiva, anche e soprattutto un quid emergente
in più. Ebbene, domani ricorre il 40° anniversario della scomparsa di Pier
Paolo Pasolini (Bologna, 05/03/22 – Roma, 02/11/75). E Pasolini marxista lo era.
Sebbene in un modo alquanto personale e sicuramente nobile ed elegante. Arricchisco
pertanto il blog di un suo bellissimo ed alquanto significativo scritto in
merito:
“Come sono diventato
marxista? Ebbene … andavo tra fiorellini candidi e azzurrini di primavera,
quelli che nascono subito dopo le primule, - e poco prima che le acacie si
carichino di fiori, odorosi come carne umana, che si decompone al calore
sublime della più bella stagione - e scrivevo sulle rive di piccoli stagni che
laggiù, nel paese di mia madre, con uno di quei nomi intraducibili si dicono
“fonde”, coi ragazzi figli dei contadini che facevano il loro bagno innocente
(perché erano impassibili di fronte alla loro vita mentre io li credevo
consapevoli di ciò che erano) scrivevo le poesie dell'“Usignolo della Chiesa
Cattolica”; questo avveniva nel '43: nel '45 “fu tutt'un'altra cosa”. Quei
figli di contadini, divenuti un poco più grandi, si erano messi un giorno un
fazzoletto rosso al collo ed erano marciati verso il centro mandamentale, con
le sue porte e i suoi palazzetti veneziani. Fu così che io seppi ch'erano
braccianti, e che dunque c'erano i padroni. Fui dalla parte dei braccianti, e
lessi Marx. […]”. Pier
Paolo Pasolini (da Poeta delle Ceneri).
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