Post 302
L’Economia circolare
Un nuovo (e luminoso) incarico di lavoro (ma anche un bel po’ impegnativo
e complesso, … da vero olista!), da iniziare subito dopo Ferragosto, da portare
avanti insieme ad altri lavori già fortunatamente in essere, mi impongono una
pubblicazione leggermente anticipata (rispetto alla preventivata fine d’Agosto).
Meglio così, no?
Ultimamente, l’economia circolare è
qualcosa che sta occupando sempre di più i media, i dibattiti, i vari settori
della Società. Questo, alcune volte avviene in modo proprio, scientifico,
veritiero, altre volte invece avviene in modo improprio, contradditorio,
speculativo, demagogico, modaiolo. La questione, interessante ma delicata al
tempo stesso, è che l’economia circolare è olistica, che con l’economia
circolare si è nell’Olismo. Dunque, con essa si attua o si attuerebbe un cambio
di paradigma visto che l’Establishment è ancora nell’altro (e opposto)
paradigma cioè il Riduzionismo. I riduzionisti, appunto, o non se ne rendono
conto oppure, anche su questo, cercano di imbrogliare le cose. Con danno per i
cittadini, per gli imprenditori, per la Società tutta. Perché alla confusione
teorica (casuale o voluta) segue l’inefficienza e l’inefficacia dei sistemi,
della pratica, dell’agire e del fare. Specialmente nel lungo periodo. Confusioni
ed inefficienze del genere, così come i falsi cambi di paradigma o addirittura il
non occuparsi proprio della dimensione paradigmatica, sono cose che abbiamo già visto ed alcune le continueremo
ancora a vedere (come purtroppo ci indicano anche le ultime cronache): 1. sul
fenomeno Xylella-CoDiRO stanno continuando ad andare (anzi ora ci sono proprio
andati!) verso l’illusione più grande (i reimpianti). Se ne accorgeranno tra
qualche anno. Allora, sarà troppo tardi per quello che eventualmente sarà
rimasto dell’Olivicoltura mediterranea?; 2. gli alberi urbani – anche di ricche
ville al mare ….. pensate un po’ - continuano a schiantarsi in mezzo a pseudo-spiegazioni,
pseudo-impegni, ecc. (aspettando il morto?); 3. il Sud arretra nonostante le
sue (le nostre!) “feste” ed il Nord è sempre più egoista e lontano; 4. bruciano
interi boschi in Siberia; 5. si scioglie ad una velocità impressionante il ghiaccio
in Groenlandia; ecc. ecc. Tutto ciò è opera del Riduzionismo e dei
riduzionisti. E non solo a causa della loro oggettiva inferiorità teorica ma anche
e soprattutto a causa della loro tendenza ad imbrogliare (che spesso si attua e
si materializza per davvero come reazione sbagliata di fronte ad una pratica
che fa acqua da tutte le parti …. per inefficienza ed inferiorità teorica! E così
siamo sempre lì. Ed il cerchio si chiude e ricomincia …. Male, in questo caso).
Può essere utile, pertanto, descrivere (seppure in modo sintetico, ma
significativo) i tratti autentici dell’economia circolare visto che essa è di
una importanza cruciale per il destino del Mondo. Per fare chiarezza (e le
dovute distinzioni). Alle nuove generazioni (mia figlia ha 2 mesi) cerchiamo di
lasciare almeno buoni esempi (scritti ma anche agiti, nel nostro lavoro per
esempio) che raccontino e testimonino la Vera Verità. Quanto a noi, ci sentiamo
presto, sempre con cadenza mensile. In Settembre, dunque. E come sempre, ad
maiora! amici, ad maiora! Luca Fortunato (Matera) WhatsApp 389.4238195
Ed ora entriamo nel merito:
l’espressione “economia circolare”
indica una entità olistica,
specificatamente una Economia che innanzitutto è un sistema (cioè con varie e numerose componenti e parti che si
influenzano reciprocamente a costituire un tutt’uno inscindibile, un intero) ma
è un sistema di tipo particolare cioè inteso come un organismo vivente vale a dire un sistema complesso (cioè non riducibile alla somma e alle relazioni delle
sue parti costitutive perché dotato anche di proprietà emergenti), caratterizzato da dinamiche non-lineari (cioè da retroazioni, da feed-back) e che
dunque si auto-governa, si di auto-rigenera, si auto-sostiene (da cui i concetti e le immagini, di “cerchio”,
“ciclo”, “ciclo chiuso”, “ciclo rigenerativo”, ecc.).
Infatti, nell’economia circolare i materiali
e i loro flussi sono di due tipi (biologici
e tecnici) ma sempre ed entrambi reintegrabili: quelli di tipo biologico (cibo, legno, acque reflue,
fibre naturali, ecc.) possono essere reintegrati direttamente nella biosfera, quelli di tipo tecnico (polimeri, leghe, ecc.) sono comunque
progettati e realizzati per poter essere reintegrati nell’industria, nei
servizi, ecc. e con un basso dispendio energetico. In pratica, nell’economia
circolare i rifiuti non esistono (quando
si parla di “ciclo dei rifiuti”, di “ciclo chiuso dei rifiuti”, ecc., e
concetti annessi, si parla di cose certamente positive ma non di “economia
circolare” sebbene i termini e le immagini sembrino riferirsi ad essa). E’
evidente che ci sia una visione a priori
e deduttiva nella vera economia
circolare che infatti la rende un sistema economico complesso e di tipo pianificato (incompatibile ed
inconciliabile, ad esempio, con il libero mercato e con l’economia di mercato,
basati su criteri e scelte a posteriori
e di tipo induttivo). Il tutto è
realizzabile anche applicando concretamente la nozione teorica di vendere servizi più che prodotti ma
soprattutto facendo proprio il superamento di visioni lineari, eventualmente anche
nobili ma pur sempre riduzionistiche, come ad esempio la sostituzione delle
fonti fossili (petrolio, carbone, ecc.) con le energie rinnovabili (il sistema
ecologico-energetico-climatico è un sistema complesso e quindi non è detto che
debba risponde in modo lineare, “logico”, proporzionale ad aggiustamenti
parziali, settoriali, pur virtuosi. Anzi, è altamente probabile che risponda in
modo non-lineare a causa dell’esistenza di proprietà emergenti positive o
negative. O lo si aggiusta tutto il sistema, globalmente, per intero e
contemporaneamente o non se ne fa niente). È evidente che per costruire
l’economia circolare e per farlo in modo efficace ed efficiente (con reali
vantaggi e benefici per le famiglie, le aziende, le città, i territori, ecc.) occorra
un ripensamento non solo dell’economia ma dell’intera Società (di cui
l’economia è parte), che occorra una rivoluzione
culturale la quale non può prescindere dalla critica al Capitalismo e al
consumismo così come da un cambiamento psicologico degli individui e delle
comunità.
L’attuale modello economico di tipo
lineare, riduzionistico, semplicistico, capitalistico, consumistico e di
mercato (schematizzato in: capitale,
lavoro e materie prime entrano nel sistema produttivo per dare prodotti da
consumare e rifiuti da smaltire e solo in minima parte da riciclare,
riutilizzare, ecc.) va superato e sostituito (integralmente) con un modello
economico circolare, complesso, realistico, olistico, socialistico, ecologico e
pianificato (schematizzabile in: capitale,
lavoro e materie prime in stretto rapporto sia alle risorse naturali sia alla
pianificazione politico-generale della Società entrano nel sistema produttivo
per dare i prodotti quantitativamente e qualitativamente davvero necessari da
consumare senza sprechi e da reintegrare per le restanti quote).
Altri due aspetti caratterizzanti
la vera economia circolare (in sintonia con la visione olistica, sistemica, organicistica,
vitalistica, complessa, non lineare, integrata, pianificata, ecc. fin qui
mostrata) sono:
1. la condivisione di prodotti, oggetti, ecc. (sharing economy) per
limitare lo spreco d’uso (oggetti che
giacciono inutilizzati ma che sono ancora buoni, efficienti, ecc.; oggetti che
giacciono inutilizzati per la maggior parte del tempo; ecc.);
2. sempre in analogia al mondo
vivente e ai sistemi viventi, maggiore diversità, eterogeneità, versatilità,
adattabilità, modularità, ecc. vuol dire maggiore stabilità, resistenza,
resilienza, ecc. Per cui, rendere i prodotti, gli oggetti e i servizi
diversificati, eterogenei, versatili, adattabili, modulari, riparabili, longevi,
ecc. vuol dire rendere il sistema economico (e quindi la Società per un buon
60-70%) più stabile, più sicuro, più resistente, più resiliente, ecc. Mica male
in un Mondo che (a torto o a ragione) è diventato globale e globalizzato, che,
di fatto, è globale e globalizzato (unico, intero, circolare).
Infine, è opportuno ricordare il legame di amicizia tra l’economia
circolare e la bioeconomia. La
bioeconomia (… anche qui, quella vera e non quella demagogica o peggio
ancora quella ridotta a “sistema che impiega materie prime rinnovabili di
origine biologica” …!) è la teoria
economica elaborata dall’economista e matematico rumeno Nicholas Georgescu-Roegen
(1906-1994) fondata sul concetto di limite
biofisico della crescita applicato nel contesto di un sistema termodinamicamente chiuso quale è il Pianeta Terra. La
bioeconomia comporta una rivoluzione
teorico-culturale (da tradurre successivamente in pratica, da applicare) in
quanto essa produce una critica radicale dei fondamenti dell’economia
neoclassica alla luce delle scienze
fisiche e naturali affrontando, in particolar modo, la questione ecologica alla luce della termodinamica e in particolare dell’entropia. Comporta, quindi, un supermento non solo del contrasto
tra crescita economica e sviluppo sostenibile ma un superamento dello stesso
concetto di “sviluppo sostenibile” in quanto attraverso un impianto teorico di dinamica non-lineare riesce a cogliere e
a correlare aspetti biofisici (in
particolare, restrizioni fisiche alla crescita indotte dalla limitatezza
dell’ecosistema terrestre) con aspetti
antropologici, psicologici, culturali e sociali (molto influenti, a volte
completamente determinanti, e quindi messi sempre ed assolutamente a sistema
dall’economista, dal legislatore, dall’imprenditore, dal professionista
tecnico, dal cittadino illuminato, che si spendono per davvero per la vera bio-economia).
Insomma, stando così tutte le cose
viste, è evidente che tutti coloro che vogliono o che debbano contribuire (veramente
e onestamente) alla costruzione dell’economia circolare (economisti, cittadini,
politici, imprenditori, professionisti, ecc.) debbano necessariamente adottare (nelle
loro cose teoriche e pratiche, quotidiane e non) approcci e metodi di tipo olistico vale e adire un approccio di tipo sintetico-intuitivo per cogliere l’intero di riferimento e il suo
quid emergente (e non solamente le parti e loro somma, come da approccio
analitico-razionale) e successivamente il metodo
deduttivo che dal generale – l’intero e quid di cui prima – giunge ai particolari
– i dettagli specifici, settoriali, ecc. – e solo a quelli che servono per
davvero (e non che dai particolari, spesso troppo e inutilmente numerosi, ci si
debba muovere con l’illusione di arrivare al quadro generale, puntualmente
disatteso, come da metodo induttivo).
P.S. L’Olismo è unico ed è ben
definito. Che poi lo si applichi all’economia (come in questo caso) o alla
medicina o all’agronomia o alla geologia o al diritto o all’architettura o alla
selvicoltura, ecc. l’Olismo è sempre lo stesso. Comunque, per restare in tema
di Economia, Olismo ed economia circolare, consiglio al lettore di oggi di
ricercare e di (ri)leggere i post n. 261, 260 e 175, per riscontri molto più autorevoli
e di tipo diretto.