Mission del Blog: esprimere libere opinioni su fatti di cronaca ritenuti significativi circa la Sfida, in corso da tempo, tra i Paradigmi dominanti del Nostro Tempo: da una parte, il Riduzionismo (il Tutto è uguale, riducibile, alla somma e alle relazioni delle parti di cui è composto), dall’altra l’Olismo (il Tutto è maggiore della somma e delle relazioni delle parti di cui è composto). Il Riduzionismo, paradigma analitico, razionale, algoritmico, induttivo, lineare. L’Olismo, paradigma sintetico, intuitivo, euristico, deduttivo, non-lineare. Con tutte le conseguenze (teoriche, filosofiche, gnoseologiche, epistemologiche, metodologiche, pratiche, lavorative, quotidiane) che ne conseguono …. (e ne devono conseguire …. legittimamente e liberamente ….. per il progresso della Società …..)

giovedì 31 marzo 2016

Xylella alla Koch



Post n. 42:  
Xylella alla Koch 
La notizia è questa: il disseccamento degli ulivi salentini è causato dal batterio Xylella fastidiosa (subspecie blablabla, ceppo blablabla). Ma questo, ci si dimentica di dire, non è in modo assoluto ma è in modo relativo e cioè secondo i postulati di Koch. E quindi secondo quel tipo di Scienza di stampo analitico, meccanicistico, bio-meccanicistico, deterministico, cartesiano, razionale, induttivo, algoritmico, lineare, da laboratorio, da “ambiente controllato”, da “ambiente artificiale”, da “ambiente semplificato” ecc. ecc. collocata all’interno del paradigma conoscitivo del Riduzionismo (comprese le sue versioni pseudo-olistiche che vedono la multidisciplinarità, l’interdisciplinarità, il sistema, l’integrazione, il 360° ecc. ecc. solamente strumentalizzati ma niente affatto realizzati). Secondo, invece, l’altro paradigma conoscitivo, cioè l’Olismo, e dunque secondo l’altra campana della stessa Scienza in esso collocata e cioè la Scienza di stampo sintetico, organicistico, complesso, non-lineare, intuitivo, euristico, deduttivo, da ambiente reale ecc. altrettanto autorevole come la prima e con altrettanti successi storici ed attuali se non addirittura maggiori, anzi sicuramente maggiori (non lo dicono gli olisti come me, lo dice la Storia della Scienza di ieri e di oggi) le cose stanno diversamente. Ma la vera questione non è questa. Del resto, non si  poteva non vedere i due paradigmi su posizioni naturalmente diverse. La vera questione è (forse) questa: perché si dà spazio e credito solo ad una campana e non ad entrambe? Ma, forse, a ben vedere anche questa non è la vera questione. Perché, in fondo, la ragione di questo mistificatorio scenario a senso unico è nota a tutti (nonché da diversi ed autorevoli Autori ampiamente e più volte denunciata): il potere costituito, soprattutto di tipo economico, è basato su un sistema che è basato a sua volta ed ancora sul Riduzionismo. La paura di crollare, dunque, aggrega e ammucchia i riduzionisti. Non è certo un motivo di sostanza scientifica, epistemologica e gnoseologica! Del resto, sono decenni ormai che l’Olismo cammina nonostante tutto. Anzi trionfa. Che ha trovato il modo di riuscire nonostante tutto. Senza paura da una parte (anche perché il fare Olismo è del tutto e pienamente legittimo e confortato tanto da principi costituzionali di libertà della Scienza che da principi deontologici di indipendenza professionale) e senza la pretesa d’aver la bacchetta magica dall’altra. E dunque la “Xylella alla Koch” (o alla “Kokka” o alla Coque … fate voi, il significato non cambia …..) di questi giorni pone la vera e verissima questione (per la stessa specifica questione degli ulivi salentini ma anche più in generale): stavolta sarà la volta buona? Riusciranno i riduzionisti a gestire coraggiosamente quella loro paura di crollare scongiurando il loro stesso crollo in una alleanza con gli olisti? Creando un sistema di lavoro comune in cui però ognuno dovrà rispettare i ruoli che la natura del proprio paradigma impone di per sé, di già ed oggettivamente? O per avere istituzionalizzate anche le nuove ricette dovremo attendere ancora? In ogni caso, per l’Olismo e per gli olisti la vita non cambia e non cambierà. In senso buono, naturalmente. Ma potrebbe cambiare per tutti. In senso buono, naturalmente. Ciao a tutti. E che nessuno si offenda. C’è il Sole oggi. Luca Fortunato 

La mappa non è il territorio - 2



Post n. 41: 
La mappa non è il territorio – 2 
Riprendendo dal post n. 39: la mappa non è il territorio ….. a maggior ragione quando chi ha redatto la “mappa” ha un palese interesse a presentare il “territorio” in un certo modo!  No? Del resto, come recita un noto proverbio, chiedere all’ “oste” com’è il “vino”  (che egli stesso vende … che egli stesso ha interesse a vendere ….) non mi sembra un atto di intelligenza o un atto eticamente corretto o qualcosa che, in ogni caso, possa essere preso sul serio. No? Ma se queste cose vengono da tutti notate (e poi da chi è in buonafede vengono trattate in un certo modo e da chi è in malafede in tutt’altro modo!), la domanda è: possiamo permetterci ancora scenari del genere? E un’altra domanda è: chi ha paura delle evoluzioni paradigmatiche? Muoviamoci allora nelle direzioni che possano garantire una risposta negativa alla prima domanda (e con tutte le conseguenze positive e liberatorie) ed una risposta realmente “stanatrice” alla seconda! Ah dimenticavo. Ce n’è una terza di domanda: quando inizieranno i media a presentare le notizie sempre in modo obiettivo e completo  (e non solamente quando  gli fa comodo)? Del resto, su questo ultimo punto occorre allungare un po’ il brodo di scrittura e di riflessione: secondo Bruner (sintetizzo e rielaboro da diverse fonti) la narrazione è il fondamentale dispositivo interpretativo-conoscitivo che la persona utilizza nella sua vita. Per mezzo della narrazione la persona dà senso e significato alle proprie esperienze e nello stesso tempo riesce a delineare coordinate interpretative e prefigurative di situazioni, eventi, dinamiche, azioni ecc. Su queste basi costruisce forme di conoscenza che la orientano nel suo agire.  Le esperienze  non rielaborate attraverso il pensiero narrativo non producono conoscenza funzionale al vivere in un contesto socio-culturale ma restano  accadimenti in sé. Per mezzo del  pensiero narrativo la persona realizza  una complessa, sistemica, organica (ed olistica, aggiungo io, umilmente ma significativamente) rete di accadimenti  mettendo in relazione esperienze e situazioni presenti, passate e future in forma di ‘racconto', che le attualizza e le rende oggetto di possibili ipotesi interpretative e ricostruttive. La narrazione ha una funzione epistemica: innescare processi di elaborazione, interpretazione, comprensione, rievocazione. Pluralismo, relativismo e soggettività sono i presupposti della ricerca narrativa: le persone sono soggetti umani che raccontano storie le quali danno  continuità all'esperienza soggettiva ed hanno un ruolo centrale nella comunicazione e nella costruzione di conoscenza. L'approccio narrativo, il metodo narrativo tiene conto della presenza contemporanea di varie e diverse realtà e tutte ugualmente legittime e questo perché  le esperienze e le azioni delle persone hanno natura umana solo perché esistono soggetti, altri soggetti, altre persone, che a queste conferiscono senso e significato attraverso confronti di diverse posizioni sia interpretative che epistemiche. Si potrebbe continuare per molto, ma ho reso l’idea. Ebbene, mi chiedo: i media narrano le notizie? O le danno solamente? La differenza è bella grossa. Da cittadino che legge e che ascolta e che anche acquista i media mi sembra che la narrazione non ci sia. Forse una apparente. Ma una reale no. Del resto, con l’evoluzione informatica che abbiamo sarebbe facile collegare tra di loro le varie notizie di un tema, tutte le campane del caso, tutte le voci di tutti gli attori, tutte le parti e con tutte le loro relative ragioni. Ogni notizia, ogni fatto, ogni aggiornamento verrebbe contestualizzato in una organica, unitaria, unica, integrata, continua, continuativa, completa ed olistica narrazione. Narrazione anche e soprattutto di significati. No? Emergerebbe così un quid in più. Articolato e complesso a sua volta. Ma sicuramente con questo tratto tra i suoi tanti tratti: l’informazione sarebbe sicuramente migliore e migliori sarebbero anche i cittadini. Ed infine un’altra domanda (che possa aprire un utile ed ulteriore filone di “ricerca”): chi ha paura della narrazione di notizie e preferisce le notizie in sé? Ciao, Luca Fortunato

Uso (e abuso) di "sistema"



Post n. 40:  
Uso (e abuso) di “sistema” 
Chi sbaglia si corregga ad esempio con il grande filosofo Hans Jonas (1903-1993) che in “Organismo e libertà” ha scritto quanto riporto in seguito. Prima però una “notizia” funzionale. Nei miei futuri libri (il primo, ricordo, esce quest’anno) “utilizzerò” anche i Grandi del pensiero (Jonas ed altri) per “caratterizzare” in modo specifico (e dunque non più su un piano generale come volutamente nei miei blog) specifici eventi, fatti, fatti di cronaca, vicende ecc. ecc. (soprattutto in seno alla Scienza ed alla Tecnica). Non perché io abbia bisogno di Loro. Del resto, pubblicherò soprattutto mie intuizioni, mie idee, mie teorie, mie metodiche, mie pratiche, mie tecniche, mie esperienze, mie critiche, mie proposte ecc. e del tutto originali ed inedite. Ma perché – a parte l’eleganza della cosa sia sul piano formale che sostanziale – sarà un modo per dire: chi continua a sbagliare - e a far sbagliare - in certe direzioni paradigmatiche e che vengono presentate come le uniche esistenti o le uniche degne di considerazione – ed in ciò propriamente consiste l’atto “da giudicare” - ha un altro e intero e nuovo Pianeta che gli è contro e rispetto al suo piccolo e vecchio satellite … E di ciò, prima o poi - e al di là delle temporanee furbizie satellitari, e al di là dei meriti e dei risultati e degli effettivi successi del Pianeta - dovrà renderne conto. Senza alcun dubbio. E magari, cogliendo occasioni, anche personalmente (e non da dietro un computer … o un libro … o protetto nel mucchio e dal mucchio … o da dietro un titolo … o altro). Un caro saluto a tutti. Buona lettura e ad maiora! Luca Fortunato  

[…] Formalmente il senso di “sistema” è determinato dal concetto dell’insieme, che presuppone una molteplicità che si è trovata appunto a essere nella relazione dell’insieme o che non può fare a meno di starvi. Il sistema è quindi necessariamente un che di molteplice, ma al di là di ciò il senso dell’insieme qui è che il molteplice ha un principio efficace della sua unità. Questo vale sia per un insieme di proposizioni, sia per un insieme di oggetti, solo che “efficacia” significa nei due casi una cosa diversa. L’insieme delle parti non è un neutrale essere l’una accanto all’altra ma un reciproco determinare, e a sua volta un determinare, che è proprio ciò che consente all’insieme di conservarsi. ….. La diversità delle parti non viene eliminata dalla totalità per formare la quale esse sono riunite, né la totalità dalla diversità delle parti di cui essa consiste. Entrambe sono aspetti necessari di un sistema, nessuna delle due può sparire a favore dell’altra. Né un semplice mucchio di pietre, né la pozza d’acqua in cui sono confluite molte gocce sono un sistema delle sue parti; infatti nel mucchio il molto resta semplicemente molto, senza venire modificato dalla connessione – esso è molteplicità senza unità; e nella pozza il molto cessa di esistere come molto delle singole gocce – essa è unità senza molteplicità. […] 

martedì 29 marzo 2016

La mappa non è il territorio



Post n. 39: 
La mappa non è il territorio 
La mappa non è il territorio, diceva giustamente Alfred Korzybski. Ma, olisticamente, dobbiamo andare oltre. Le analisi di un qualcosa (aria, terreno, acqua, linfa ecc.) non sono quel qualcosa. Lo schema di un qualcosa (edificio, azienda, organismo ecc.) non è quel qualcosa. Una foto, una tac ecc. non sono quel qualcosa o una sua parte o qualcosa che gli sta succedendo. E in laboratorio non si ricrea qualcosa (ambiente, campo, ecosistema, dinamiche, interazioni ecc.). La realtà è sempre più complessa delle semplificazioni (riduzionistiche). Esse potrebbero eventualmente fornire indicazioni parziali. E queste potrebbero eventualmente anche risultare utili all’interno però del più generale contesto e tentativo di conoscenza. Ma, nel caso, ci vorrebbe una tale saggezza che a guardare il Mondo (nelle sue piccole cose  così come nelle sue grandi cose) c’è quantomeno da essere dubbiosi. Del resto, i cartesiani sono sconfitti dell’evidenza storica. L’ostinazione riduzionistica è solo il loro residuo. Meglio direttamente l’Olismo. Non fa perdere tempo. Non illude. Ci rende sicuramente migliori. Ci pone nella realtà. Non in semplificazioni di essa. Non ha la bacchetta magica ma è la cosa migliore che Oggi abbiamo. Ciao a tutti. E a nuovi successi. Luca Fortunato.

Lo "svago" e le "cose serie" (?)



Post n. 38: 
Lo “svago” e le “cose serie” (?)  
Oggi ultimo giorno di “vacanza”, ultimo “svago”. Da domani si ritorna alle “cose serie”. Ma ne siamo sicuri? Siamo sicuri di riconoscere, di considerare, di distinguere, di intendere, di “classificare” simili momenti o periodi o tempi o fasi o durate o attività? Ed anche: siamo sicuri di riconoscerne, di determinarne il rapporto, il rapporto funzionale, la relazione, la correlazione? I Grandi ci possono aiutare. Gli altri lasciamoli nei loro muri (.. e se di muri provassero a cingere anche gli altri, di costoro l’allegra difesa subiranno …). Ad ogni modo, godiamoci i liberi paesaggi della saggezza … Qui ed ora con due esempi. Ad maiora! Luca Fortunato 

1.Lo svago e le cose serie di Fedro: “Un ateniese, vedendo Esopo che giocava a noci in mezzo a una frotta di ragazzi, si fermò sui due piedi e lo prese in giro quasi fosse un demente. Appena il vegliardo se ne accorse, lui, fatto più per deridere che per essere deriso, pose un arco allentato nel bel mezzo della via: “Ehi, tu!” disse “sapientone, spiegami perché l’ho fatto”. Accorre molta gente. Quello si tormenta a lungo le meningi, ma non capisce il motivo della domanda così posta. Alla fine si arrende. Allora il saggio, vincitore: “ Ben presto spezzerai l’arco, se lo avrai tenuto sempre teso, ma se lo metterai a riposo, te ne potrai servire quando vorrai”. Così qualche svago si deve pur concedere allo spirito ogni tanto, perché tu torni poi più idoneo a pensare”. 

2.Leonardo da Vinci: “Ogni tanto distaccati, concediti un momento di rilassamento, perché quando ritornerai al lavoro il tuo giudizio sarà più sicuro; rimanere costantemente al lavoro ti fa perdere la capacità di discernimento”.