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Musica e Olismo (… e
Scienza)
Giro qui sul blog quanto ho indicato ad amici
che mi chiedevano esempi di musiche e di canzoni olistiche da ascoltare oltre che per puro piacere anche per dare
alla mente un’occasione per favorire l’intuizione
olistica (fulcro di ogni conoscenza
olistica sia essa artistica, scientifica, tecnica, economica, politica
ecc.) e che, ricordiamolo sempre, è una facoltà nelle potenzialità di tutti, di
tutti noi, ma che necessita – a differenza dell’intuizione comune – di essere
particolarmente favorita, stimolata, contestualizzata, educata, allenata.
Una selezione, però, all’intermo
dell’Universo della Musica mi occorre. A parte la Musica Classica (troppo alta
e troppo grande, la lascio commentare a chi ha studiato in Conservatorio), a
parte la musica d’Oriente (ne ho una conoscenza troppo superficiale, per poter
commentare adeguatamente) e a parte anche la musica leggera italiana (che
tranne qualche rarissima eccezione - singola canzone - non mi ha mai detto e
trasmesso nulla di significativo), darò il mio parere circa:
1. il Blues (che è il mio genere musicale,
che ascolto, studio e soprattutto suono
da sempre, da 30 anni, dal 1989: basso elettrico, basso elettroacustico,
chitarra ritmica);
2. il Jazz (che ascolto e studio da circa 24
anni, dal 1995);
3. qualcosa nell’ambito del Rock (che ascolto
…. non so nemmeno io da quando! E un tempo suonavo pure, occasionalmente).
Una precisazione è però necessaria:
un’intuizione olistica artistica può essere favorita dall’Arte ma anche dalla
Scienza o dalla Politica o da altro. Così come un’intuizione olistica
scientifica può essere favorita dalla Scienza ma anche dall’Arte o dalla
Politica o da altro. Una intuizione olistica musicale può essere favorita anche
da una lezione di fisica teorica o da un comizio politico o da una scultura di
marmo. Così come una intuizione olistica
agronomica può essere favorita anche da un dipinto di Kandinsky o da una poesia
o da un grafico di Borsa. E così via. Ho reso l’idea. In pratica, la mente
umana è olistica (questo ci dice il progresso ultimo della Scienza che ha
paradossalmente e curiosamente riscoperto e ripreso le antiche intuizioni dei
primi filosofi Greci e dei mistici d’Oriente). Dipende da come la si usa la
mente e da come si è abituati ad usarla. Specializzazione, certo. A patto,
però, che essa sia una parte di un intero e non essa stessa l’intero! E che
l’individuo sia focalizzato sull’intero e all’occorrenza sulla parte
specialistica (e non focalizzato sulla parte specialistica perdendo di vista
l’intero). La mente generale può facilmente concentrarsi, all’occorrenza, su un
aspetto specifico. La mente specializzata, invece, può difficilmente approdare,
all’occorrenza, al quadro generale e d’insieme. Questi sono i veri problemi, ma
questo è anche un altro discorso. Quello che invece è importante, ed è
importante focalizzare ora, è che il “contesto” (qualunque esso sia) sia
appropriato circa l’Olismo cioè presenti un grado di complessità elevato e che
uno o più componenti della complessità presenti natura atipica o comunque poco
comune, se non addirittura inedita. Ovviamente, non si tratta di regole ferree.
Ma di solito è così che funziona.
Innanzitutto,
vorrei ricordare come la musica Blues sia olistica. Il Blues (proprio come
genere musicale e quindi come singoli brani e singoli artisti espressioni del
genere musicale) è olistico. Basta ascoltare qualunque autore classico di Blues
(Muddy Waters, Howlin’Wolf, John Lee Hooker, Elmore James, B.B. King, Albert
King, Sonny Boy Williamson, ecc.) o grandi interpreti moderni del Blues
classico (Eric Clapton, ad esempio) per rendersene conto. Il motivo? L’ho già
trattato (anche nel vecchio blog) ma lo ricordo brevemente e volentieri:
la
struttura di base di un tipico giro Blues è di soli 3 accordi (fondamentale, di
quarta, di quinta: per esempio in Do abbiamo accordi Do, Fa, Sol o meglio
accordi Do7, Fa7, Sol7) ma essa viene arricchita e resa complessa dalle scale blues (esempio in Do sono le note:
Do, Mi-b, Fa, Sol-b, Sol, Si-b, Do) e dalle cosiddette blu notes cioè la terza nota, la quinta nota e la settima nota della
scala blues che vengono suonate “calanti” cioè abbassate di circa un semitono (esempio
in Do sono le note: Mi-b blu, Sol-b blu, Si-b blu) e che sono, quindi, note
atipiche, fuori regola, fuori tonalità, “dissonanti”, che fanno emergere un quid particolarissimo ed unico (che non
si riesce a comprendere, né a trovare, analizzando un brano Blues, ed approcciando ad un brano Blues con i soli e
razionali criteri dell’armonia musicale). Quid
che costituisce appunto il tipico suono
Blues, la tipica atmosfera Blues.
La bravura, l’arte, la maestrìa e l’intuizione dei musicisti blues
(chitarristi, bassisti, pianisti, ecc.) risiede anche e soprattutto nella
capacità di saper utilizzare, con una certa e necessaria dose di improvvisazione, le scale blues e le blu notes
(al momento giusto, nel punto giusto, in maniera netta o velata, ecc.) per
rendere ogni giro di blues, ogni brano blues (sebbene costituito da soli 3
accordi di base e che per giunta si ripetono ciclicamente di solito secondo un
giro di 12 battute) unico, originale, particolare, espressivo, inimitabile ed in
qualche modo sempre nuovo.
(nota
biografica: ascolto tutti i generi musicali ma suono solo il Blues. Che poi è
un mondo sterminato …. Nessun compromesso in tal senso. Suono solo il Blues
perché per me il Blues non solo è il genere musicale che le mie orecchie
preferiscono oggettivamente ma
rispecchia anche e parecchio la mia filosofia di vita e il mio stile di vita)
Altro
genere musicale certamente olistico è il Jazz: derivato anche dal Blues, il Jazz
si è poi parecchio trasformato ed evoluto nel corso di tutto il Novecento
arrivando ad essere caratterizzato da poliritmia, progressione armonica e
fortissima presenza dell’improvvisazione. Diramatosi in tantissimi sottogeneri
(cool-jazz, free-jazz, bebop, swing, ecc.) il Jazz è olistico per il semplice
fatto di essere enormemente complesso (poliritmia e progressione armonica) e
fortemente euristico (l’improvvisazione è tale che giustamente porta a dire che
la musica Jazz non sia nelle note della scrittura musicale ma nei musicisti che
da quelle note prendano solo il pretesto per esprimersi). Di conseguenza, il quid emergente e caratterizzante non è
tanto nel genere (Jazz) quanto in ogni pezzo Jazz, se non addirittura in più
passaggi di uno stesso pezzo Jazz! Il mio artista Jazz preferito è il
grandissimo sassofonista Charlie Parker che così si esprimeva:
“Non riuscivo più a sopportare le armonie
stereotipate che allora venivano continuamente impiegate da tutti. Continuavo a
pensare che doveva esserci qualche cosa di diverso. A volte riuscivo a sentire
qualcosa, ma non ero in grado di suonarlo ... Si quella notte improvvisai a
lungo su Cherokee. Mentre lo
facevo mi accorsi che impiegando come linea melodica gli intervalli più alti
degli accordi, mettendovi sotto armonie nuove, abbastanza affini, stavo
suonando improvvisamente ciò che per tutto quel tempo avevo sentito dentro di
me. Rinacqui a nuova vita.”
Argomento da veri intenditori, lascio gli
approfondimenti sul Jazz a chi vorrà farli, dove vorrà farli. Mi premeva solo
evidenziarne la natura olistica.
Per
tutti altri generi musicali, invece, la dimensione olistica, l’Olismo, non
sempre è presente (a prescindere dal livello artistico del singolo brano, del
singolo artista, ecc., che può essere anche alto o altissimo. È altra
questione). Ebbene, per generi musicali diversi dal Blues e dal Jazz, mi
vengono da indicare, come esempi e come certamente olistici una singola canzone
e un intero album:
1)
la canzone è la famosissima “Like a rolling stone” del geniale Bob Dylan interpretata
dalla grandissima Patti Smith nella versione live del 2005 al Festival di
Montreux, collocabile sempre nel genere musicale originario cioè il Folk Rock (la
trovate anche su YouTube digitando “ like a rolling stone patti smith ”): secondo
me, in tale interpretazione, la batteria si distingue per l’uso dei piatti, il
basso per l’essenzialità strutturale, la tastiera per una amalgama imponente ma
al tempo stesso elegante, la chitarra per le pennate e gli arpeggi “parlanti”; le
voci d’accompagnamento risultano perfettamente complementari a quella
principale e come sempre straordinaria di Patti Smith che interpreta il
difficile ed articolato testo di Dylan in modo fluido restituendo una
particolare piacevolezza e freschezza d’ascolto per tutta la notevole durata della
canzone (che è davvero atipica per un brano comunque rock: oltre 6 minuti); le
luci blu, le “camminate” gesticolate della Smith e la regia del video (inquadrature
e sequenze sui passaggi musicali), assolutamente perfette. Il tutto, l’intero
strumentale, vocale e visuale, è qualcosa di straordinario ma soprattutto di
olistico. Di più del normale musicale e live. Numerosissime, infatti, sono le
versioni e le interpretazioni (anche live) di “Like a rolling stone” di Bob
Dylan: alcune un po’ “pesanti”, altre troppo lontane dall’originale, altre
troppo distoniche circa il senso del testo, altre ancora di alto livello
artistico ma accademico. Questa, invece, (secondo me), ha qualcosa di speciale,
un quid che emerge dalla particolare
e complessa sintesi musicale (e di palco) che vi ho precedentemente illustrato;
2) l’album (di
13 canzoni) è il famosissimo “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei grandissimi The Beatles: considerato dalla
maggior parte dei critici musicali uno dei dischi più importanti e
rivoluzionari del XX secolo, presenta un originale, complesso e straordinario
mix di generi musicali (pop rock, art rock, pop barocco, ecc.), stili musicali,
sonorità, testi, significati e simboli sia in ogni brano che nel suo insieme
(compresa la copertina!). Nonché l’uso di tecnologia avanzata, anzi avanzatissima
per l’epoca (anno 1967). Insomma, è un capolavoro. Ed è Olismo puro. Ascoltare
(e vedere) per credere.
Morale: le
musiche complesse e non completamente riducibili, riconducibili e
razionalizzabili a canoni ben definiti sono olistiche (oltre la somma dei loro
costituenti): il Blues, il Jazz, parte del Rock. Le altre musiche, invece,
magari anche di altissimo livello, magari anche complesse ma tuttavia
riducibili, riconducibili e razionalizzabili a canoni ben definiti non sono
olistiche (uguali alla somma dei loro costituenti). Mentre, però, nella Scienza
la differenza paradigmatica (Olismo/Riduzionismo) può determinare il destino
delle situazioni (probabilmente favorevole con l’Olismo, apparentemente
favorevole con il Riduzionismo) e può determinare la risposta della
collettività (positiva e di apertura nei confronti della Scienza svolta
nell’Olismo, negativa e di rifiuto nei confronti della Scienza svolta nel
Riduzionismo: la gente ha buon senso e sa, giustamente, che la Realtà non è
riducibile a schemi precisi, lineari e solo razionali e la Scienza moderna le
dà ragione), nella Musica la differenza paradigmatica (Olismo/Riduzionismo)
esiste, c’è, è un fatto. Ma nulla di più. Fatte salve le sacrosante preferenze soggettive,
tutta la Musica è importante. La gente sceglie le proprie musiche ma ama la
Musica. Tutta. La gente ha sempre Ragione. I musicisti fanno il loro mestiere.
Alcuni scienziati, invece, (i riduzionisti) dovrebbero interrogarsi mentre
fanno il loro di “mestiere”! Aiutati magari da musiche olistiche? Fino a quando
la negazione della realtà storica (il Riduzionismo scientifico si è chiuso agli
inizi del Novecento) non diventerà un reato, possiamo impegnarci nella verità
delle questioni paradigmatiche, e pure accompagnati da tanta buona musica! Non
c’è davvero motivo per non gioire. Avanti!
Luca Fortunato (Matera) WhatsApp 389.4238195