Mission del Blog: esprimere libere opinioni su fatti di cronaca ritenuti significativi circa la Sfida, in corso da tempo, tra i Paradigmi dominanti del Nostro Tempo: da una parte, il Riduzionismo (il Tutto è uguale, riducibile, alla somma e alle relazioni delle parti di cui è composto), dall’altra l’Olismo (il Tutto è maggiore della somma e delle relazioni delle parti di cui è composto). Il Riduzionismo, paradigma analitico, razionale, algoritmico, induttivo, lineare. L’Olismo, paradigma sintetico, intuitivo, euristico, deduttivo, non-lineare. Con tutte le conseguenze (teoriche, filosofiche, gnoseologiche, epistemologiche, metodologiche, pratiche, lavorative, quotidiane) che ne conseguono …. (e ne devono conseguire …. legittimamente e liberamente ….. per il progresso della Società …..)

mercoledì 19 febbraio 2020

Il nuovo del clima cambiato


Post 327 

Il nuovo del clima cambiato

La mission del blog è completamente assolta. E alla grande! Anche alla luce di quest’ultimo post (come vedrete) e del penultimo (come avete visto). E un po’ anche di tutti gli altri post, in realtà! Come un libro, anche questo blog ha avuto un inizio ed è normale che abbia una conclusione. E sono felice che tale e positiva conclusione sia coincisa con questo inizio 2020, che per me è un periodo di svolte (personali, famigliari, lavorative, sociali, ecc.) bellissime ma che richiedono anche tanto impegno esclusivo. A tutti Voi, cari lettori, un carissimo saluto. E ad maiora! Nella vita reale. Sono e sarò sempre e ovviamente a disposizione per ogni cosa (culturale, professionale, editoriale, informativa, didattica, ecc.) sul mio contatto WhatsApp 389.4238195 - Luca Fortunato (Matera). 

Uno studente universitario e un imprenditore mi hanno detto, in pratica, la stessa cosa (sintetizzo il senso del loro comune discorso): con tutta l’esperienza che abbiamo a disposizione (riportata anche in tanti libri, manuali, ecc.) e con tutta la Tecnologia potentissima che Oggi la maggior parte dei Paesi del Mondo possiede, la lotta al cambiamento climatico e specialmente ai suoi effetti non è un’utopia ma è una realistica possibilità. Se non lo si fa per davvero (come di fatto stanno bleffando un po’ tutti i Governi del Pianeta, compreso il Nostro, con tante azioni di “greenwashing” ma nulla di più …) è solo una questione di cattiva Politica.
Personalmente, sono d’accordo al 60%. Dal mio punto di vista, infatti, l’intera questione è più complessa e non può essere ridotta solo alla cattiva Politica che è comunque responsabile del 60%, appunto. Questo sia ben chiaro (specialmente in merito alle sbagliate direzioni di spesa dei soldi pubblici, direzioni di “greenwashing”, appunto, che non reggono ai calcoli matematici di Fisica e di Ecologia applicati alle scale di grandezza degli Ecosistemi – urbani, rurali, forestali, montani, marini, ecc. - che in quel demagogico modo si vorrebbero salvare o che almeno così si cerca di far credere alla pubblica opinione).
Vi è il restante (e comunque pesante) 40% che è costituito da quello che qui di seguito vado a spiegare e di cui sono responsabili – tranne pochissime e rarissime eccezioni personali – la Scuola, l’Università, la Ricerca, le Professioni Tecniche, le Imprese, le Aziende, i Media, ecc.
Anche perché i politici non sono mica dei marziani atterrati di punto in bianco sul Pianeta Terra, sono cittadini che poi – per merito o per soli giochi di potere - diventano politici e che quindi, e in ogni caso, portano in Politica il loro essere cittadini, professionisti, lavoratori, imprenditori, genitori, uomini, donne; i loro pregi i loro difetti, le loro virtù e i loro vizi, ecc.
Ed ora il mio punto di vista (che è una sintesi del mio essere cittadino, del mio essere agronomo, del mio essere studioso e cultore di certe cose):  
di fronte agli attuali cambiamenti climatici non è possibile usare l’esperienza, semplicemente perché di esperienza non ne abbiamo. Trattandosi per l’appunto di un cambiamento (climatico, in questo caso), si tratta di un fenomeno nuovo e che per giunta va strutturandosi di continuo (e così andrà per i prossimi decenni, come la Fisica e la Matematica ci indicano se andiamo a considerare entità, dimensioni e scale di grandezza in gioco). L’esperienza ce l’abbiamo su fenomeni (meteorologici, geologici, idrogeologici, forestali, agronomici, patologici, ecc.) avvenuti in regime di clima stabile e dunque non più utilizzabile Oggi.
L’uso dell’esperienza ha senso su cose e su casi simili anzi molto simili, quasi uguali. Oggi di simile al Passato ormai non c’è più nulla. Davvero più nulla:
i nubifragi dalla atipica e notevole  intensità (giustamente definiti “bombe d’acqua”) e dalla frequenza in aumento sono fenomeni nuovi;
la scomparsa di interi ghiacciai e la elevata e rapida tropicalizzazione dei mari sono fenomeni nuovi;
il disseccamento degli ulivi in Puglia (e potenzialmente nell’Area Mediterranea) è cosa del tutto nuova e secondo la mia teoria olistica il cambiamento climatico c’entra tantissimo nel suo manifestarsi (parametro Sm: generale; parametro Sf: specifico per il Salento; in  D = [ (h) Sf + P tr ] Sm  . Ricordate?);
l’elevata frequenza degli schianti arborei urbani è del tutto nuova;
la Tempesta Vaia è stato un fenomeno del tutto nuovo nella sua interezza (nell’insieme dei sui vari aspetti e parametri);
un Gennaio ed un Febbraio come quelli appena trascorsi, con giornate calde e siccitose da vestirsi con le maniche corte, io di 46 anni e tante altre persone più grandi di me (età di 60 anni, di 70 anni, di 80 anni, di 90 anni) non li ricordiamo o non li ricordiamo di tale entità;
ecc.
E la lista potrebbe continuare davvero per molto. Ma il senso è chiaro. No?
Dunque, l’esperienza, quell’esperienza, ha certamente un valore di tipo storico-culturale (anche affettivo, se vogliamo, perché no) ma nulla di più. Nulla di più sul piano tecnico. Oggi ce la dobbiamo cavare in modo diverso ed anzi il continuare ad utilizzare l’esperienza di allora per i nuovi scenari di Oggi è addirittura controproducente. Una specie di paraocchi che impedisce di vedere il nuovo che è anche e soprattutto negativo, certamente. Ma il nemico va guardato negli occhi e con occhi liberi.
L’unico modo sensato di affrontare gli attuali cambiamenti climatici (come del resto va affrontata ogni vera novità, specificatamente ogni nuovo problema e ancor più nel dettaglio ogni nuovo problema scientifico e/o tecnico) è quello di prendere i concetti scientifici generali (collocati nel miglior Paradigma di Conoscenza disponibile che Oggi è rappresentato dall’Olismo) e di ingegnarsi, volta per volta, caso per caso, nell’applicarli in modo euristico (cioè secondo intuizione e successive deduzioni logiche. Ed anche con un pizzico di creatività).
Per esempio, il cambiamento climatico incide significativamente sulla fisiologia e sulla patologia dell’organismo vegetale, dell’organismo animale, dell’organismo umano che di conseguenza diventano “nuove fisiologie” e “nuove patologie” (da intuire). E quindi le tecniche da applicare loro devono essere ripensate (dedotte dalle nuove conoscenze intuitive) e applicate loro in modo diverso (euristico). Altro esempio: il cambiamento climatico incide significativamente sulla struttura del terreno così come sulle strutture antropiche (in legno, in cemento, in acciaio, in pietra, ecc.) che assumono nuovi comportamenti (da intuire). E quindi, anche qui, le tecniche da applicare loro devono essere ripensate (dedotte dalle nuove conoscenze intuitive) e applicate loro in modo diverso (euristico).
E’ normale che alcune persone (dalla mentalità un po’ rigida o dalla storia di vita e/o di lavoro un po’ accidentata), reagiscano con diffidenza, scetticismo, nervosismo, pessimismo, incredulità, a volte anche giudicando perentoriamente (“sono fesserie”, “è ignoranza delle cose”, “è inesperienza”, “non è così”, “ma che dice?”, “è impossibile”, “sono fantasie”, “non esageriamo”, ecc.). Occorre avere pazienza con queste persone (sempre che se la meritino, però, la pazienza, cioè sempre che non sconfinino nella maleducazione, nella scostumatezza, nell’insulto, nell’attacco personale, addirittura a volte – mi dicono - nel reato di diffamazione e/o calunnia, travisando apposta quanto diversamente sostenuto). Anche perché ogni tesi (piccola o grande che sia), specialmente nuova, specialmente in un “clima nuovo”, specialmente scientifica e tecnica, può (anzi deve) essere sottoposta a sperimentazione, a prova. Solo la realtà sperimentale e di prova può pronunciarsi. Nessun altro. Avanzare tesi nuove, è legittimo. Anche dubitare di esse, è legittimo. Ci mancherebbe. Ma proprio per questo occorre sperimentare e provare. Sempre. La sintesi dialettica (tra l’istanza di novità – concettuale e/o pratica - e la resistenza alla novità) è - e non può che essere - la sperimentazione, il provare le cose. Chi si sottrae a questo – o cerca di sottrarre altri a questo – merita di essere perseguito (a livello etico-personale, sicuramente; a livello giudiziario, da far valutare. Specialmente se il soggetto ha ruoli e responsabilità di tipo collettivo, rappresentativo, ecc. e magari usa il suo status per influenzare le persone. Fatto gravissimo). Tutto ciò per mostrare che non si tratta solo di cattiva Politica. C’è tanto da cambiare anche nella Società civile, purtroppo.
Ovviamente la maggior parte dell’Establishment (che rifiuta il vero Olismo e ancor di più l’Euristica ed anche e gravemente precludendo ad essi ogni possibilità di sperimentazione e di prova, e questo, notare bene, è il vero atteggiamento antiscientifico, la vera Anti-Scienza) non fa nulla di tutto ciò, continuando alla vecchia maniera, riempiendosi soltanto la bocca di tante inutilità (riduzionistiche) e poi, peggio ancora, quando decide di passare dalle parole (comunque e già sbagliate) alle azioni e ai fatti (alle cosiddette “concretezze”….), producendo tantissime inutilità (iper-riduzionistiche. Perché riduzionistiche due volte: tanto in teoria quanto in pratica).
Non ci meravigliamo, dunque, se le cose stanno andando sempre peggio in merito ai cambiamenti climatici e ai loro effetti (finora contrastati in modo del tutto inadeguato).
Ed il vero peccato ed il vero paradosso del Nostro Tempo è che noi disponiamo di una Tecnologia grandissima e bellissima che se solo fosse utilizzata diversamente (cioè nell’Olismo e secondo Euristica, superando e lasciando alle spalle il Riduzionismo e l’Algoritmica) potrebbe risolvere e mitigare tanto, ma davvero tanto. Si utilizzano computer, droni, GPS, radar, tomografi e quant’altro sempre per studiare per mezzo dell’analisi (Riduzionismo) invece che studiare per mezzo della contestualizzazione sistemica e sintetica (Olismo); li si usa sempre a supporto dell’induzione (dal particolare al generale) invece che utilizzarli a supporto della deduzione (dal generale al particolare); li si usa sempre a supporto della razionalità (della stessa e identica razionalità che secondo un circolo vizioso, avvitata su sé stessa, diviene inutilmente iper e astratta razionalità) invece di utilizzarli per sperimentare, provare, testare, confermare e corroborare l’intuizione; li si usa sempre per compilare conoscenze già note (come se esse fossero valide per l’eternità ….) invece che per creare nuove conoscenze (come è invece richiesto Oggi); ecc.
Le specifiche paradigmatiche sono ormai ben note ai lettori del blog! No? (The End).

P.S. 1 - lo studente - dopo aver dialogato con me e dopo aver letto diversi libri olistici da me suggeriti – alcuni anche scritti da Premi Nobel – ha poi cambiato idea. Ora è d’accordo con la mia versione (60 % cattiva Politica + 40% inadeguatezza della Società civile). Terminati gli Studi, nel mondo del lavoro sarà probabilmente un olista. Glielo auguro. E me lo auguro! 

P.S. 2 - l’imprenditore, dopo alcuni caffè presi insieme, ha intenzione di rendere olistica almeno la gestione della sua azienda! Ci stiamo organizzando!


       

domenica 16 febbraio 2020

Alberi (e persone) tra i Paradigmi


Post 326 

Alberi (e persone) tra i Paradigmi

Qualche tempo fa mi è stata chiesta la mia opinione professionale (in qualità di tecnico agronomo con nota esperienza in materia) su una questione molto complicata e delicata (peraltro finita in ambito giudiziario e lì è stata chiesta la mia opinione professionale). L’ho data volentieri e sono felice di aver appreso, nella giornata di ieri, come essa sia stata determinante per la soluzione positiva del problema. Visto che il senso del tutto è di enorme importanza generale, ed anche culturale direi (anche contro le tante inesattezze che purtroppo ancora si sentono in giro, in materia) ho pensato di arricchire il blog con questo ulteriore contenuto. Quanto a noi, ad maiora! E a presto (impegni e nuovi impegni permettendo). Luca Fortunato (Matera) WhatsApp 389.4238195 

Un albero è schiantato al suolo. Una perizia diceva che era da abbattere. Domanda: la perizia era giusta, è giusta? Risposta: non è detto. La cosa non è scontata, semplice, lineare. Dipende dalla tipologia dei contenuti della perizia. Mi spiego meglio:
se la perizia presenta concetti in linea con quanto indica il progresso ultimo della Scienza, allora la perizia è giusta. Essa ha effettivamente colto lo stato dell’albero. E si può parlare di Scienza e di Tecnica.
Ma se la perizia presenta concetti che il progresso ultimo della Scienza indica come superati, allora la perizia è inadeguata, comunque inadeguata. E il rapporto che vi è tra l’albero schiantato e la perizia che ne prescriveva l’abbattimento è di pura coincidenza (l’albero si è comportato in quel modo per altre ragioni, altre ragioni rispetto a quelle avanzate e argomentate in perizia e che magari un’altra perizia, fatta in altro modo, avrebbe invece colto). E quindi, in questo caso, non si può parlare propriamente di Scienza e di Tecnica.
Ovviamente, il discorso vale anche nel caso contrario e cioè di albero rimasto in piedi ed integro e di perizia che escludeva avesse dei problemi. Non è detto che la perizia sia giusta. Dipende, appunto. Come abbiamo visto. L’albero potrebbe essere rimasto in piedi ed integro per le ragioni avanzate in perizia oppure per altre ragioni non avanzare in perizia e che, anche qui, un’altra perizia, fatta in altro modo, avrebbe invece e magari colto. Occorre capire, sempre, come stanno le cose.
Questo sia perché una perizia deve presentare oltre agli elementi oggettivi (foto, descrizioni tecniche, dati, rilievi, misure, numeri, ecc.) anche concetti (interpretativi degli elementi oggettivi), sia perché nella Scienza e nella Tecnica esistono (devono esistere) i fatti correlati alla spiegazione, i fatti unitamente alla loro spiegazione, i fatti con motivazione. Sempre. Fatti e teoria: insieme. Inscindibili. Sempre.
Se ci sono solo i fatti o gli elementi oggettivi (positivi o negativi che siano) è solo Empirismo (ma non esercizio di Scienza e Tecnica). Se ci sono solo spiegazioni (evolute o non evolute che siano) è, nel migliore dei casi, Teoria da sperimentare oppure, nel peggiore dei casi, solo Filosofia (ma in ogni caso non esercizio di Scienza e Tecnica).
Ebbene, i fatti sono i fatti (evidenti. Che dire?) ma riguardo alla loro spiegazione sorge il problema perché c’entrano i Paradigmi di Conoscenza (Olismo o Riduzionismo) entro cui la spiegazione è collocata (consapevolmente o inconsapevolmente, da parte di chi spiega i fatti).
Ed il progresso ultimo della Scienza (da non confondere con il progresso ultimo della Tecnologia) indica come valido l’Olismo e come superato il Riduzionismo. In particolare, il progresso ultimo della Scienza (specialmente con la Teoria dei Sistemi, con la Teoria della Complessità, con le proprietà emergenti della Materia, ecc. e con relativa e corposa bibliografia anche da parte di Premi Nobel) dà ragione all’Olismo (e torto al Riduzionismo) indicando l’impossibilità di studiare un sistema (e l’albero è un sistema per giunta di tipo complesso) per mezzo dell’analisi. E siccome la stabilità dell’albero è una proprietà sistemica (dell’intero sistema albero ed è dovuta all’intero sistema albero anche considerando le stabilità delle sue singole parti -apparato radicale, fusto, chioma - e loro componenti - ramo, branca, radice, legno, ecc.), ne consegue che per valutarla adeguato risulti l’Olismo, inadeguato risulti invece il Riduzionismo.   
Inoltre, l’utilizzo di Tecnologia (strumentazioni e quant’altro) è una eventuale scelta e preferenza personale (discrezionale) a servizio dell’indagine e della spiegazione che in ogni caso (o per via solamente clinico-visiva o per via clinico-visiva e strumentale) alla fine avranno o un habitus olistico (intuitivo, sintetico, euristico, deduttivo, ecc.) o un habitus riduzionistico (analitico, algoritmico, induttivo, esclusivamente razionale, ecc.). Il primo habitus (olistico), in linea con il progresso ultimo della Scienza. Il secondo habitus (riduzionistico), superato dal progresso ultimo della Scienza.   
E tutto questo con consapevolezza o inconsapevolezza di chi ha svolto il lavoro. E qui emerge l’importanza di una vera Formazione e di un vero Aggiornamento (universitario e post-universitario professionale) incentrati sui Paradigmi di Conoscenza e non su tanto altro che o non serve affatto o che serve davvero a poco. La consapevolezza paradigmatica è fondamentale. Ma quanti ce l’hanno? Quanti la insegnano? Quanto la promuovono? Quanti si fanno carico di farsene una o di chiederne una?
Inoltre, vi è il paradosso dei paradossi:
il Riduzionismo (non più valido sul piano scientifico) è anche molto costoso, molto oneroso dal punto di vista economico. Non ha sostenibilità economica. I riduzionisti analitici spesso si affidano a strumentazioni costose e le cui misurazioni costano molto ma sono del tutto prive di significato scientifico-paradigmantico relativamente alla valutazione di stabilità. Se, ad esempio, si vogliono conoscere la resistenza e la sanità del legno del fusto di un albero – per soddisfare alcune necessità di conoscenza da parte dell’Industria del Legno, ad esempio – si possono benissimo utilizzare il martello ad impulsi, il resistografo, ecc. Ma cosa c’entrano queste misurazioni in punti legnosi dell’albero relativamente alla valutazione di stabilità dell’albero essendo la stabilità dell’albero un qualcosa di sistemico (interazione radici-fusto-chioma)? Ed infatti, alberi dal legno sano si schiantano ugualmente (magari per un problema radicale o per uno sviluppo squilibrato della chioma) così come alberi dal fusto cavo resistono in piedi (magari per una riuscita compensazione fisio-energetica tra il fusto cavo e la chioma sana o tra il fusto cavo e le radici sane). Come la mettiamo con questi fatti? E con la loro spiegazione? Il Riduzionismo non li spiega, mentre l’Olismo lo fa.  
Al contrario, l’Olismo (valido sul piano scientifico) è anche poco costoso, poco oneroso dal punto di vista economico. Se si usa l’Olismo, dunque, si usa un paradigma scientificamente valido e per giunta economicamente (ed eticamente) sostenibile.
Insomma, la verità (spesso complessa e articolata) prima o poi emerge. Sempre. E sempre emergerà. Basta, ad esempio, qualcuno esperto di Paradigmi e di Metodi che, con anche il supporto di adeguata e aggiornata bibliografia scientifica, mostri e dimostri (a chi di dovere) come stanno veramente le cose. Come è successo nel caso appena citato in apertura e che per ovvie ragioni di privacy non è possibile dettagliare oltre. Basta, però, averne dato il senso (importantissimo).  
Auguri.



domenica 2 febbraio 2020

Dai Territori (e dalla Società) arrivano le conferme paradigmatiche.


Post 325 

Dai Territori (e dalla Società) arrivano le conferme paradigmatiche. 

N.B. in azzurro, aggiornamenti (il successo dell'articolo presso i lettori ha prodotto contributi che riporto volentieri e richieste di maggiore esplicitazione concettuale di alcuni argomenti molto sentiti e vissuti che soddisfo altrettanto volentieri)  

Ultimamente, sto avendo significative conferme di 3 aspetti del Riduzionismo che in particolare nell’ambito della Scienza e della Tecnica (ma anche in altri ambiti della Società) creano problemi, spesso davvero grossi e ancora più spesso irrisolvibili ma perché resi irrisolvibili quando invece con un approccio diverso cioè olistico quindi con un fare all’interno dell’Olismo avrebbero potuto essere risolti. Sto parlando 1. dell’uso dei valori medi, 2. dell’uso dell’esperienza su cose nuove ed inedite, 3. della “legalità artigianale” di chi non è persona di Legge. Vado a spiegarmi: 

1. valori medi di produzione, valori medi di dose di prodotto da utilizzare, valori medi di tempi di lavoro, ecc. I valori medi (aggiornati e al passo con i tempi, ovviamente, se poi non sono nemmeno aggiornati e al passo con i tempi, figuriamoci un po’ …..) sono senz’altro utili a patto, però, di utilizzarli come base di partenza (orientativa). Considerati, essi vanno poi adattati al caso specifico. In modo necessariamente euristico. Perché ogni caso è un caso a sé. Occorre dunque andare dal generale (il valore medio) al particolare (la singola produzione, la specifica azienda, il singolo terreno, la particolare coltivazione, la singola patologia, il singolo bosco, lo specifico fiume, ecc.). Ed in questo risiede il vero esercizio professionale. Purtroppo, però, come dicevo, a fare bene sono, siamo, in pochi. Anzi in pochissimi. La maggior parte degli addetti ai lavori si ferma al dato medio, al valore medio, utilizzandolo tal quale, facendone oggetto di mera e banale aritmetica (moltiplicazione di kilogrammi/ettaro per gli ettari in questione, moltiplicazione di giorni/ettaro per gli ettari in questione, moltiplicazione di euro/ettaro per gli ettari in questione, ecc.), senza entrare nelle peculiarità e specificità del caso (per esempio, in Agricoltura: ; tessitura, struttura, giacitura ed esposizione del terreno; età degli alberi; sesti di impianto; forma di allevamento; tecnologia utilizzata; regime integrato o biologico; andamento climatico tipico o atipico; ecc.). E i guai che costoro provocano sono tanti. Davvero tanti. Ne sto sentendo davvero di tutti i colori. Più di quello che potevo immaginare. Ultimamente, spostandomi e viaggiando molto per il mio lavoro di agronomo (che ha visto e vede l’aggiungersi di nuovi e interessanti ambiti), incontrando tante e nuove persone in zone territoriali diverse, anche molto distanti tra di loro, ho avuto modo di acquisire un ventaglio di conoscenze situazionali molto più ampio ma – ed è questa la cosa interessante – accomunate da un unico filo conduttore. Per me, e per quelli come me, è ovviamente una vittoria o meglio una conferma ulteriore di una vittoria già conseguita e da tempo. E in diversi ambiti. Vittoria inevitabilmente accompagnata da invidie e da gelosie, da pettegolezzi e dal parlar male, dall’inventarsi storie e dal mettere in bocca o in penna cose in realtà mai dette o scritte, da tentativi di bastoni tra le ruote, e via dicendo. Ma questo fa parte del gioco. Poco importa. Invece, cosa seria, mi chiedo, in questo senso più da cittadino che da addetto ai lavori: quando finirà la vigliaccheria del dato medio da parte di molti? E inizierà, invece, il tempo del diffuso coraggio del dato medio euristicamente adattato al caso specifico? l criteri statistici (i valori medi, appunto) sono cosa ottima a patto però di farne un uso sensato. Vedremmo, così, l’Agricoltura, l’Industria, il Commercio, l’Ambiente, la Salute, la Società, ecc. svoltare per davvero, verso direzioni se non perfette quantomeno notevolmente migliori, molto migliori. Me ne preoccupo anche come papà di una bellissima bambina di soli 8 mesi che cresce e gioisce alla grande ma che va verso un Mondo che sinceramente noi adulti dovremmo per davvero e tutti insieme, nessuno escluso, provvedere a rivoluzionare, a cambiare, ognuno con il proprio esempio e con il proprio lavoro, certo, ma secondo un criterio comune (l’Olismo). Quanti riduzionisti vigliacchi, invece, ci sono! Ancora! La cosa inizia a diventare un problema troppo serio per la Società e quindi da contrastare per davvero. E gli scenari sono ovviamente collegati, strettamente collegati, alla questione Paradigmatica (Olismo/Riduzionismo): un olista non si sognerebbe mai di fermarsi al dato medio (per sua cultura adotta – tra le tante cose - il metodo deduttivo, dal generale al particolare, appunto. Uno dei cardini dell’Olismo), mentre il riduzionista è proprio quello che fa! (per sua abitudine continua a semplificare ed ad alleggerire riducendo in questo caso la specificità e la complessità di ogni singolo caso ad una mera media statistica generalizzata!). E così, i conti economici e/o estimativi non tornano, le concimazioni e/o somministrazioni d’altro tipo non funzionano come dovrebbero o non funzionano affatto, ecc. ecc. Sta poi ai pochissimi virtuosi olisti come me riportare le cose nella giusta dimensione paradigmatico-metodologica o condurle per la prima volta nella giusta dimensione paradigmatico-metodologica (e i conti tornano, e i prodotti funzionano, ecc. ecc.). Il che è ottimo. Si lavora e si fa del bene. Ma, mi chiedo: quando, a livello di Società, a livello collettivo, svolteremo tutti insieme? 

2. se si ha esperienza su un qualcosa e la si utilizza su cose simili, la cosa è sensata ed effettivamente può funzionare. Ma se  si ha esperienza su un qualcosa e la si utilizza su cose nuove, addirittura inedite ed uniche, la cosa è davvero stupida! Ed infatti non funziona! Su cose nuove ed inedite è meglio essere novizi che di carriera! L’esperienza non sempre è positiva. A volte, condiziona troppo impedendo così di comprendere cose nuove secondo la loro specificità, la loro peculiarità, la loro novità, appunto. Specialmente davanti a problemi nuovi vale ciò che diceva Albert Einstein e cioè che non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l'ha generato. Anche qui: chi lavora nell’Olismo è “immune” dal commettere certe fesserie, chi invece lavora nel Riduzionismo ci si va proprio ad infilare tutto intero in un tunnel del genere! E che è senza uscita!  Vallo a fa’ capì ….! A certi “automi”! Ma tant’è. Eppur mi chiedo: quando, a livello di Società, a livello collettivo, svolteremo tutti insieme?

3. “legalità artigianale”: è messa in atto da chi è persona non di Legge, da chi non è laureato in Legge ma si avventura ugualmente su leggi, decreti, norme, regolamenti, ecc. Commentando, interpretando, prendendo posizione, giudicando (giusto/sbagliato; vero/falso; legittimo/illegittimo; corretto/scorretto; ecc.). E spesso con piglio e atteggiamento abusivamente “poliziesco”. Per quanto di Tecnica possa trattare una norma, lasciamo le norme alle persone di Legge. A noi Tecnici spettano la fisica, la chimica, la matematica, la biologia, l’agronomia, la patologia, la tecnologia, l’ecologia, l’economia, l’estimo, i metodi, i paradigmi, le teorie scientifiche, le sperimentazioni, le prove, ecc. Dobbiamo essere olisti nelle nostre cose. Olismo non vuol mica dire “allargarsi” su cose che spettano ad altri! La differenza tra il seguire una norma (che un Tecnico può e deve fare nello stretto ambito del suo incarico, ruolo e compito) e il giudicare (positivamente o negativamente) persone o cose o situazioni o fatti in relazione ad una norma  (che un Tecnico non può e non deve fare, specialmente al di fuori e al di là dei suoi incarichi, ruoli e compiti, a meno che non sia stato espressamente incaricato dall’Autorità Giudiziaria e relativamente ad argomenti davvero molto ristretti e molto particolari), è spesso sottile, molto sottile. Ma esiste. Sempre. Nell’ambito del mio lavoro (dottore agronomo), esercito anche in ambito giudiziario e in modo ben ampio (ambito civile, ambito penale, ambito amministrativo; come consulente tecnico d’ufficio e come consulente tecnico di parte e in questo ultimo caso in diversi Fori del Sud Italia). Mi confronto con tanti Tecnici ma anche con tante persone di Legge, insomma. Dunque, vi assicuro che conosco ciò di cui parlo (a differenza di tanti “avventurieri”, “artigiani” ed “abusivi” delle norme!). Credetemi: tra la non-retroattività delle norme (salvo eccezioni particolarissime) e la vacatio legis (sostanziale), tra la gerarchia delle fonti (la Nostra Costituzione, ad esempio, resta superiore, qui da noi in Italia, rispetto ad una norma europea o internazionale) e i combinati disposti (interazioni tra norme), tra de iure e de facto (norma de facto, ad esempio), ecc. occorre lasciare le norme, i decreti, ecc. a chi è persona di Legge. Ne sto sentendo, invece, di tutti i colori sugli “artigiani” (ed “abusivi”) delle norme (e che magari farebbero bene, invece, ad approfondire e ad aggiornare le loro di cose! Senza andare nell’orto altrui!): mettono nei guai un sacco di gente e spesso finiscono anche loro nei guai. Per poi chiamare chi deve rimediare! A ognuno il suo, insomma. Ma anche qui mi chiedo (più da cittadino, è chiaro): quando, a livello di Società, a livello collettivo, svolteremo tutti insieme?   

In conclusione, ho pensato questo: accetto di impegnarmi anche diversamente (oltre la mia professione e i miei libri), per i prossimi e futuri periodi, come molti in questi giorni e in queste ore mi stanno chiedendo di fare. Do la mia disponibilità. Ringrazio e sarà fatto. Vedremo, poi, in che modo, a che livello, in che ambito, in che momento. Ma lo farò. lo faremo. Insieme. Certamente. Sto conoscendo tanti, ma davvero tanti, che hanno avuto o che hanno enormi problemi causati da tanti, troppi, “addetti ai lavori” che rispetto ai punti 1, 2 e 3 trattati in questo post si comportano secondo il buio del Riduzionismo e non secondo la luce dell’Olismo. E se oltre ad essergli d’aiuto come addetto ai lavori posso essergli d’aiuto anche in altro modo (come “cittadino particolarmente impegnato”, diciamo così …..), perché no? Ne vedremo delle belle, insomma. Come sempre. E come è giusto che sia.
  
Ad maiora! 

Luca Fortunato (Matera) WhatsApp 389.4238195