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Alberi (e persone) tra i Paradigmi
Qualche tempo fa mi è
stata chiesta la mia opinione professionale (in qualità di tecnico agronomo con
nota esperienza in materia) su una questione molto complicata e delicata
(peraltro finita in ambito giudiziario e lì è stata chiesta la mia opinione
professionale). L’ho data volentieri e sono felice di aver appreso, nella
giornata di ieri, come essa sia stata determinante per la soluzione positiva del
problema. Visto che il senso del tutto è di enorme importanza generale, ed
anche culturale direi (anche contro le tante inesattezze che purtroppo ancora
si sentono in giro, in materia) ho pensato di arricchire il blog con questo
ulteriore contenuto. Quanto a noi, ad maiora! E a presto (impegni e nuovi impegni
permettendo). Luca Fortunato (Matera) WhatsApp 389.4238195
Un albero è schiantato al suolo. Una perizia diceva che era
da abbattere. Domanda: la perizia era giusta, è giusta? Risposta: non è detto.
La cosa non è scontata, semplice, lineare. Dipende dalla tipologia dei
contenuti della perizia. Mi spiego meglio:
se la perizia presenta concetti in linea con quanto indica il
progresso ultimo della Scienza, allora la perizia è giusta. Essa ha
effettivamente colto lo stato dell’albero. E si può parlare di Scienza e di
Tecnica.
Ma se la perizia presenta concetti che il progresso ultimo
della Scienza indica come superati, allora la perizia è inadeguata, comunque inadeguata.
E il rapporto che vi è tra l’albero schiantato e la perizia che ne prescriveva
l’abbattimento è di pura coincidenza (l’albero si è comportato in quel modo per
altre ragioni, altre ragioni rispetto a quelle avanzate e argomentate in
perizia e che magari un’altra perizia, fatta in altro modo, avrebbe invece
colto). E quindi, in questo caso, non si può parlare propriamente di Scienza e
di Tecnica.
Ovviamente, il discorso vale anche nel caso contrario e cioè di
albero rimasto in piedi ed integro e di perizia che escludeva avesse dei
problemi. Non è detto che la perizia sia giusta. Dipende, appunto. Come abbiamo
visto. L’albero potrebbe essere rimasto in piedi ed integro per le ragioni
avanzate in perizia oppure per altre ragioni non avanzare in perizia e che,
anche qui, un’altra perizia, fatta in altro modo, avrebbe invece e magari colto.
Occorre capire, sempre, come stanno le cose.
Questo sia perché una perizia deve presentare oltre agli
elementi oggettivi (foto, descrizioni tecniche, dati, rilievi, misure, numeri, ecc.)
anche concetti (interpretativi degli elementi oggettivi), sia perché nella
Scienza e nella Tecnica esistono (devono esistere) i fatti correlati alla
spiegazione, i fatti unitamente alla loro spiegazione, i fatti con motivazione.
Sempre. Fatti e teoria: insieme. Inscindibili. Sempre.
Se ci sono solo i fatti o gli elementi oggettivi (positivi o
negativi che siano) è solo Empirismo (ma non esercizio di Scienza e Tecnica).
Se ci sono solo spiegazioni (evolute o non evolute che siano) è, nel migliore
dei casi, Teoria da sperimentare oppure, nel peggiore dei casi, solo Filosofia (ma
in ogni caso non esercizio di Scienza e Tecnica).
Ebbene, i fatti sono i fatti (evidenti. Che dire?) ma riguardo
alla loro spiegazione sorge il problema perché c’entrano i Paradigmi di
Conoscenza (Olismo o Riduzionismo) entro cui la spiegazione è collocata
(consapevolmente o inconsapevolmente, da parte di chi spiega i fatti).
Ed il progresso ultimo della Scienza (da non confondere con
il progresso ultimo della Tecnologia) indica come valido l’Olismo e come
superato il Riduzionismo. In particolare, il progresso ultimo della Scienza (specialmente
con la Teoria dei Sistemi, con la Teoria della Complessità, con le proprietà
emergenti della Materia, ecc. e con relativa e corposa bibliografia anche da
parte di Premi Nobel) dà ragione all’Olismo (e torto al Riduzionismo) indicando
l’impossibilità di studiare un sistema (e l’albero è un sistema per giunta di
tipo complesso) per mezzo dell’analisi. E siccome la stabilità dell’albero è
una proprietà sistemica (dell’intero sistema albero ed è dovuta all’intero
sistema albero anche considerando le stabilità delle sue singole parti -apparato
radicale, fusto, chioma - e loro componenti - ramo, branca, radice, legno,
ecc.), ne consegue che per valutarla adeguato risulti l’Olismo, inadeguato risulti
invece il Riduzionismo.
Inoltre, l’utilizzo di Tecnologia (strumentazioni e
quant’altro) è una eventuale scelta e preferenza personale (discrezionale) a
servizio dell’indagine e della spiegazione che in ogni caso (o per via solamente
clinico-visiva o per via clinico-visiva e strumentale) alla fine avranno o un habitus olistico (intuitivo, sintetico,
euristico, deduttivo, ecc.) o un habitus
riduzionistico (analitico, algoritmico, induttivo, esclusivamente razionale,
ecc.). Il primo habitus (olistico), in linea con il progresso ultimo della
Scienza. Il secondo habitus (riduzionistico), superato dal progresso ultimo
della Scienza.
E tutto questo con consapevolezza o inconsapevolezza di chi
ha svolto il lavoro. E qui emerge l’importanza di una vera Formazione e di un
vero Aggiornamento (universitario e post-universitario professionale) incentrati
sui Paradigmi di Conoscenza e non su tanto altro che o non serve affatto o che
serve davvero a poco. La consapevolezza paradigmatica è fondamentale. Ma quanti
ce l’hanno? Quanti la insegnano? Quanto la promuovono? Quanti si fanno carico
di farsene una o di chiederne una?
Inoltre, vi è il paradosso dei paradossi:
il Riduzionismo (non più valido sul piano scientifico) è
anche molto costoso, molto oneroso dal punto di vista economico. Non ha
sostenibilità economica. I riduzionisti analitici spesso si affidano a
strumentazioni costose e le cui misurazioni costano molto ma sono del tutto prive
di significato scientifico-paradigmantico relativamente alla valutazione di
stabilità. Se, ad esempio, si vogliono conoscere la resistenza e la sanità del
legno del fusto di un albero – per soddisfare alcune necessità di conoscenza da
parte dell’Industria del Legno, ad esempio – si possono benissimo utilizzare il
martello ad impulsi, il resistografo, ecc. Ma cosa c’entrano queste misurazioni
in punti legnosi dell’albero relativamente alla valutazione di stabilità
dell’albero essendo la stabilità dell’albero un qualcosa di sistemico
(interazione radici-fusto-chioma)? Ed infatti, alberi dal legno sano si
schiantano ugualmente (magari per un problema radicale o per uno sviluppo squilibrato
della chioma) così come alberi dal fusto cavo resistono in piedi (magari per
una riuscita compensazione fisio-energetica tra il fusto cavo e la chioma sana
o tra il fusto cavo e le radici sane). Come la mettiamo con questi fatti? E con
la loro spiegazione? Il Riduzionismo non li spiega, mentre l’Olismo lo fa.
Al contrario, l’Olismo (valido sul piano scientifico) è anche
poco costoso, poco oneroso dal punto di vista economico. Se si usa l’Olismo,
dunque, si usa un paradigma scientificamente valido e per giunta economicamente
(ed eticamente) sostenibile.
Insomma, la verità (spesso complessa e articolata) prima o
poi emerge. Sempre. E sempre emergerà. Basta, ad esempio, qualcuno esperto di
Paradigmi e di Metodi che, con anche il supporto di adeguata e aggiornata bibliografia
scientifica, mostri e dimostri (a chi di dovere) come stanno veramente le cose.
Come è successo nel caso appena citato in apertura e che per ovvie ragioni di
privacy non è possibile dettagliare oltre. Basta, però, averne dato il senso
(importantissimo).
Auguri.
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