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Verde
(pubblico) e Olismo
Venerdì scorso (10 maggio 2019)
ho avuto il piacere di essere un relatore nel Convegno “Considerazioni sulla valorizzazione
dei parchi storici, sulla deontologia negli interventi e sul verde urbano” organizzato
dall’Ordine Professionale a cui sono iscritto (Dottori Agronomi e Dottori
Forestali della Provincia di Matera) e tenutosi presso lo storico circolo
culturale “La Scaletta” di Matera. Nel corso dell’evento, è stato presentato il
libro “Villa Sorra - Storia di un luogo straordinario tra Modena e
Bologna“ , Autore: Andrea Di Paolo, Edizioni SIGEM, 2016. Qui
di seguito riporto la mia relazione integrale, per voi lettori del blog (alcuni
di voi, anche molto lontani geograficamente, hanno saputo dell’evento e mi
hanno chiesto un’ulteriore eccezione di pubblicazione - rispetto ai programmi del
blog - per essere in qualche modo partecipi. È giusto e lo faccio volentieri).
Dunque, buona lettura a Tutti. E come sempre, ad miaora! Luca Fortunato
(Matera) WhatsApp 389.4238195
Verde (pubblico) e Olismo
Riflessioni in occasione della presentazione del
libro “Villa Sorra - Storia di un luogo straordinario tra Modena e Bologna”,
Autore: Andrea Di Paolo, Edizioni SIGEM, 2016.
In generale, ho
sempre ritenuto che il verde pubblico (o comunque aperto al pubblico) debba
esprimere e comunicare un concetto di
verde che scaturisce dalla combinazione di una tendenza di base di verde (1) e di uno stile di verde (2). E che per giunta il concetto di verde debba essere espresso e comunicato in modo chiaro
ed esplicito. Ogni parco, giardino, villa, piazza, viale, ecc., con il suo
unico e peculiare concetto di verde, con la sua specifica combinazione di
tendenza e stile ma comunque leggibile e decifrabile dai cittadini.
Il concetto di verde è qualcosa di
complesso ma anche di olistico (3).
Grazie ad esso, i singoli elementi (piante, arredi, strutture ecc.) sono parti
di un tutto, un tutto organico e maggiore della somma delle stesse parti (olismo) (3). Adattando una nota
metafora, potremmo dire che i singoli elementi (vegetali, strutturali, ludici,
ecc.) diventano “perle” di una “collana” (il parco, la villa, il giardino, la
piazza, ecc.) tenute insieme da un “filo” (il concetto di verde).
Componenti
essenziali di un concetto di verde
sono anche certe coerenze percettive da offrire ai fruitori degli spazi verdi.
Per esempio: ad alberi a chioma espansa è sensato associare strutture
curvilinee (piuttosto che rettilinee); i colori della vegetazione, specialmente
delle fioriture, è bene che si accostino secondo prevalenti criteri di
contiguità come da Cerchio dei Colori (giallo, arancione, rosso, viola, blu,
verde) e con solo qualche occasione di contrasto (giallo/viola; rosso/verde;
blu/arancione), e non invece il contrario; tra il verde del soggetto ogni volta
in questione (parco, giardino, villa, ecc.) e l’ambiente circostante è bene che
ci sia un rapporto prevalentemente sintonico con anche occasioni di contrasto e
discontinuità purché esse non si configurino come dei “pugni nell’occhio”. E
così via.
Questo tipo di
coerenze viene ben spiegato (ed anche raccomandato) dalle leggi dell’olistica (3) Psicologia della Gestalt
(4). Si possono ovviamente fare scelte diverse, tutto è legittimo, ma forse
esse richiederebbero un’arte ed una maestria fin troppo rare, quasi solo ideali,
perché alla fine possano davvero garantire un verde sensato e “pacifico” per la
percezione della maggior parte dei cittadini (e non solo di qualche cittadino).
Ad ogni modo, ritengo che un parco pubblico, un giardino pubblico, una villa
pubblica, una piazza, un viale, ecc. (diversamente dal verde esclusivamente
privato) non possano non aggiungere alle preziose funzioni ecologiche,
urbanistiche, estetiche, ornamentali, ricreative e sociali anche un tema, un
filo conduttore, un’esperienza di significato e quindi di cultura, un concetto di verde, appunto.
In Italia, il
verde storico (Reggia di Caserta, Giardino di Boboli a Firenze, ecc.) ha sempre
espresso (ed esprime tuttora) un esplicito concetto
di verde, a volte anche ibrido (più stili di verde associati, ad esempio),
ma sempre armonioso, equilibrato, sensato e comprensibile dai cittadini
(qualunque esso sia risultato e risulti ancora, caso per caso, da specifiche
combinazioni di tendenza e stile). Al contrario, spazi verdi realizzati o
riqualificati dagli anni Cinquanta in poi e fino ad oggi, generalmente non
esprimono un concetto di verde
oppure lo fanno in maniera disordinata, confusa, spesso casuale, involontaria,
comunque difficilmente leggibile e decifrabile dal cittadino. Ammessa anche
l’esistenza di correttezza tecnica (botanica, agronomica, costruttiva,
impiantistica, ecc.), essa è risultata comunque e chiaramente insufficiente. E
questo, ritengo, abbia contribuito e contribuisca alla non-cultura (e al
non-rispetto) del verde.
Ben vengano
nuovi e moderni concetti, tendenze e stili di verde, anche sperimentazioni in
tal senso, a patto però che modernità
sia sinonimo di libertà e di sana informalità e non invece di confusione e
arbitrio o di povertà tematica e di significato.
Ritengo, quindi,
che occorra recuperare, per le nuove realizzazioni di verde così come per le
riqualificazioni dell’esistente, gli insegnamenti del Passato portandoli
ovviamente a sintesi con le attuali tecniche, tecnologie, esigenze, linee
creative, ecc. E l’esempio del verde storico italiano, specialmente quando
ancora in buona salute, credo sia fondamentale, fonte di ispirazione e di
incoraggiamento.
Il libro su
Villa Sorra si inserisce perfettamente in tutto questo discorso. Esso è valido
in sé (passato, presente e futuro di Villa Sorra) ma è valido anche su un piano
più generale (fonte di ispirazione per il recupero, in chiave moderna, per il
verde di Oggi, delle buone logiche e delle buone prassi di una volta). Villa
Sorra esprime il seguente concetto di
verde: una mirabile sintesi, tanto estetico-paesaggistica quanto
storico-evolutiva, tra vari ambienti, stili di verde e tendenze di verde, anche
molto diversi tra di loro ma sempre chiari, definiti e leggibili: l’ampio e
libero prato intorno alla Villa solcato solo dai viali di accesso, il prato con
alberature, il bosco; lo stile di verde italiano, quello francese ed anche
quello inglese; una tendenza di verde prevalentemente pittorico-naturalistica
ma con importanti elementi di tendenza geometrico-formale; ecc.
Ma come può, Oggi,
l’Amministrazione pubblica, per il nuovo verde o per riqualificare il verde già
esistente, scegliere tra le tendenze di verde ma soprattutto tra i diversi e
numerosi stili di verde? Semplice: non deve farlo Lei ma lo deve far fare alla
gente, ai cittadini. Tramite dei sondaggi, delle interviste, dei concorsi di
idee, delle manifestazioni di idee, ecc. Anche sottoponendo alla loro
attenzione foto, immagini, schemi, esempi, testimonianze ecc. in merito a
tendenze e stili di verde. Area per area (da mettere a verde o da
riqualificare) sondare, conoscere la pubblica opinione in merito. O comunque
coinvolgere i cittadini, la comunità, nelle scelte
di base da fare, nelle scelte
paradigmatiche di fondo. E dopo, solo dopo, passare agli aspetti
specificatamente progettuali, botanici, agronomici, strutturali, gestionali,
economici, istituzionali, pianificatori, regolamentativi, ecc, e nel rispetto
dei precedenti momenti d’incontro. Dal generale al particolare, insomma. Ed
anche in questo consiste l’olismo
(3).
Approfondimento
sulla gestione degli alberi in contesto storico:
Tornando al
verde storico, in questi giorni ho
poi avuto modo di approfondire, di ricordare, un particolare aspetto: la
gestione degli alberi. Mi focalizzerò solo sull’aspetto della potatura sia perché essa, come vedremo,
è strettamente connessa anche al discorso di tipo culturale sia perché altri
aspetti quali la valutazione di stabilità, la cura di malattie, ecc. sono
argomenti che, a mio avviso, richiederebbero una trattazione apposita in un
evento appositamente dedicato.
Ricordo a Tutti
Noi che nel 1981, a Firenze, è stata redatta la Carta dei Giardini storici,
“Carta di Firenze” appunto, che
giustamente considera i parchi e i giardini storici degli insiemi polimaterici (piante, strutture, acque, ecc.), delle opere d’arte, e quindi dei beni culturali, per giunta non
separabili dal contesto ambientale
(urbano, rurale, ecc.) in cui sono inseriti. Questo già ci dà l’idea della
delicatezza di un qualsiasi intervento in un parco o giardino storico.
Oggi, poi, la
cosa è ancora più complessa a causa dei cambiamenti
climatici perché sicuramente, le necessità di intervento (dalle pulizie in
senso generale all’asportazione di rami spezzati, dalle sistemazioni di prati
al consolidamento del terreno, ecc.) sono molto più frequenti di qualche tempo
fa ma questo “fa a pugni”, diciamo così, con l’esigenza di quiete intesa in senso lato in seno ai parchi e giardini
storici.
Ora,
focalizzandoci sulle potature, riconsideriamo le tendenze di base di verde.
Per gli alberi
condotti secondo la tendenza geometrico-formale
la potatura dovrebbe assume essenzialmente lo scopo del mantenimento di una forma obbligata e che in un giardino
storico va più che mai rispettata e conservata. In pratica, ci si dovrebbe
limitare a tagli di spuntatura (tagli
lunghi, che asportano solo la parte terminale di rami o branche). I tagli di speronatura invece andrebbero evitati o
limitati ad esemplari poco vigorosi (tagli corti, favoriscono i ricacci).
Per gli
esemplari condotti secondo la tendenza pittorico-naturalistica la potatura
dovrebbe essere solo quella che, come si suol dire, “non si vede”, che deve
assicurare solo un contenimento della chioma con il rispetto della stessa forma
generale della chioma, che non rende, alla vista del cittadino, un albero
troppo ridotto o troppo spoglio (o addirittura capitozzato!). L’unico tipo di
taglio tecnicamente e scientificamente corretto è il taglio di ritorno (che asporta un ramo o una branca immediatamente
al di sopra dell’inserzione con un ramo o con una branca più giovane. Ciò che
rimane sostituirà ciò che è stato asportato. Ritorno, appunto).
Credo che il
taglio di ritorno dovrebbe essere l’unico consentito in contesto storico (a
parte ovviamente i tagli per forme
obbligate giustificati culturalmente, ampiamente giustificati).
Inoltre, il
taglio di ritorno è un taglio olistico
o meglio l’unico taglio olistico (3). La cosa va interpretata in
chiave di geometria frattale: interi
che vengono “tagliati” per poi auto-ripristinarsi e quindi fermarsi perché
nuovamente in equilibrio di interezza (almeno in condizioni fisiologiche, normali).
Sto verificando queste mie intuizioni con dei matematici. Mi dicono siano
giuste. Vedrò di pubblicare qualcosa in futuro.
Per concludere,
credo che occorra comunicare alla comunità, ai cittadini, interventi di altro
tipo (appurato ovviamente che siano strettamente necessari), come ad esempio il
taglio di soppressione (asportazione
totale di un ramo o di una branca), taglio di diradamento (asportazione di
più rami o di più branche, sempre nel rispetto della forma generale
dell’albero), la rimozione di rami
codominanti specie se con corteccia
inclusa, ecc. Quando la codominanza è ormai avanzata, i necessari
interventi di consolidamento arboreo
pongono non pochi problemi estetico-percettivi per l’impiego, come sappiamo, di
tiranti tubolari, guaine di protezione, fasce anellate o asolate, ecc.
Grazie.
Note di
approfondimento:
1. tendenze di
base di verde (riguardano la vegetazione): a) architettonica: l’elemento
naturale viene piegato alla volontà e al formalismo dell’uomo (forme
geometriche della chioma degli alberi, delle siepi, nella disposizione dei
fiori, ecc.); b) pittorica: l’elemento naturale viene lasciato libero o
il più libero possibile (habitus naturale o semi-naturale degli alberi,
degli arbusti, dei prati ecc.).
2. stili di verde
(riguardano la vegetazione e il suo contesto): a) italiano: esprime
simmetria, ordine, geometria (con predominanza di specie sempreverdi, siepi
squadrate, sculture vegetali, viali rettilinei, colline terrazzate, ecc.) ed
esprime nobiltà ed austerità (fontane, statue, busti, panchine di marmo,
pergolati, archi, scalinate, ecc.); b) francese: esprime prospettiva
(specialmente attraverso ampi spazi di terreno pianeggiante a prato e con
lunghi filari alberati anche doppi, tripli, quadrupli) ed esprime varietà (con
predominanza di specie caducifoglia e con chioma espansa e con specchi
d’acqua); c) inglese:
esprime la naturalezza del paesaggio (concavità e convessità del terreno,
colline, grotte, piccoli sentieri naturalistici in mezzo al prato e all’interno
di formazioni arboree irregolari, laghetti dalla forma libera alimentati da
ruscelli, alberi d’alto fusto isolati e lasciati crescere liberamente, alcune
zone con vegetazione lasciata appositamente spontanea ed incolta, ecc.); d) mediterraneo:
con vegetazione (arborea, arbustiva, erbacea) tipica sia del clima e
dell’ambiente mediterraneo sia della macchia mediterranea sia della ruralità e
dell’agricoltura mediterranea (ma sempre con predominanti richiami agli
ambienti costieri e marittimi: pinete marittime, dune sabbiose, foci, isole,
agricoltura costiera, ecc.). e) esotico: vuole evocare gli ambienti
naturali di Paesi diversi dall’Europa (esotico, dunque, nel senso
storico e tradizionale del termine): di tipo lussureggiante (con
vegetazione tipica delle foreste sub-tropicali, tropicali ed equatoriali); di
tipo desertico (con piante grasse, con vegetazione tipica delle oasi
desertiche, con rocce, sabbie, ecc.); di tipo isolano (con vegetazione e
contesti tipici delle isole esotiche: Mar dei Caraibi, Oceano Indiano, Oceano
Pacifico, ecc.).; f) americano: esprime libertà (le aree verdi confinano
quasi sempre in modo diretto con il tessuto urbano esterno – marciapiedi,
strade, parcheggi ecc. – per l’assenza di siepi, di recinzioni ecc.), esprime
grandiosità e vastità (gli alberi sono quasi sempre di prima grandezza, il
terreno è quasi sempre a tutto prato senza aiuole, cordoli, camminamenti ecc.),
esprime la socialità della comunità (vi sono quasi sempre aree e strutture in
cui è possibile praticare lo sport, i giochi per bambini, la musica, il
barbecue, ecc.); ecc.
3. olistico e olismo: l’aggettivo olistico, quando usato
correttamente, indica ed implica riferimento univoco al sostantivo olismo.
Etimologicamente
dal greco hòlos (“intero”, “totale”, “globale”,
“tutto”), olismo significa che “il tutto è maggiore della somma delle parti
di cui è composto”. Si contrappone al riduzionismo (il tutto è uguale alla somma delle parti di cui è
composto). Ad ogni modo, per “tutto”, si intende (volta per volta, caso per
caso) ciò
che la mente vuol conoscere, studiare, progettare, gestire (un albero o un
filare di alberi o un bosco o una coltivazione o un giardino, ecc.; una persona
o un gruppo di persone o un popolo o una società, ecc.; un animale o uno sciame
o un branco, ecc.; una azienda o una città o un terreno o un territorio o un
fiume o un Paese o una economia, ecc.). In Occidente, l’olismo
ci giunge, nella sua forma originaria ed implicita, già ad opera di Aristotele
che aveva compreso come “di tutte le cose
infatti che hanno più parti e il cui insieme non è come un mucchio, ma è
qualcosa di intero oltre le parti, c'è una qualche causa”. Successivamente,
dopo secoli, nel corso del Settecento e dell’Ottocento, questo principio
generale inizia a riaffiorare, sempre in modo implicito ma significativo, ad
opera di diversi autori (Goethe, Durkheim, ecc.) come risposta alternativa al
riduzionismo (Cartesio, Newton, ecc.) per poi trovare, durante tutto il corso
del Novecento, la sua formalizzazione esplicita e definitiva ma soprattutto la
sua declinazione in tutte le varie branche del Sapere e del Fare, avvalorato,
sempre più avvalorato, dalla Nuova Scienza (fisica quantistica, relatività
einsteiniana, proprietà emergenti della materia, teoria della complessità,
teoria dei sistemi, ecc.). In Oriente, invece, tracce implicite di olismo, si ritrovano già nelle
antichissime filosofie mistiche (Taoismo, Buddhismo, Zen, ecc.) e nelle
correlate pratiche ed applicazioni (mediche, agricole, architettoniche,
paesaggistiche, ecc.). E tanto in Occidente quanto in Oriente, il modus operandi autenticamente olistico è andato strutturandosi, per
essere Oggi completamente definito, intorno alla facoltà dell’intuizione. La spiegazione di questo
fatto è rintracciabile negli scritti di vari autori tra matematici, fisici,
filosofi, psicologi, ecc. (Poincaré, Mach, Einstein, Bergson, Russell, Capra,
De Bono, ecc.) che dell’intuizione hanno definito caratteristiche e ruolo e
sulla base di un virtuoso esercizio della stessa. Un esempio: “[…] La
caratteristica essenziale dell’intuizione è che essa non divide il mondo in cose separate, come fa
l’intelletto […] potremmo definirla sintetica piuttosto che analitica.
In essa c’è una molteplicità […]” (B.
Russell).
4. psicologia
della Gestalt: scuola olistica che ritiene (diversamente da altre scuole come
ad esempio la scuola comportamentista) che nella percezione del mondo esterno noi non rileviamo semplicemente “somme
di stimoli” (visivi, olfattivi, tattili, ecc.) ma percepiamo direttamente,
intuitivamente e globalmente delle forme.
E che, di conseguenza, le forme non sono analizzabili, ulteriormente
analizzabili, ai fini della conoscenza in quanto esse costituiscono già minime,
indivisibili, sintetiche ed autonome unità
di conoscenza.