Mission del Blog: esprimere libere opinioni su fatti di cronaca ritenuti significativi circa la Sfida, in corso da tempo, tra i Paradigmi dominanti del Nostro Tempo: da una parte, il Riduzionismo (il Tutto è uguale, riducibile, alla somma e alle relazioni delle parti di cui è composto), dall’altra l’Olismo (il Tutto è maggiore della somma e delle relazioni delle parti di cui è composto). Il Riduzionismo, paradigma analitico, razionale, algoritmico, induttivo, lineare. L’Olismo, paradigma sintetico, intuitivo, euristico, deduttivo, non-lineare. Con tutte le conseguenze (teoriche, filosofiche, gnoseologiche, epistemologiche, metodologiche, pratiche, lavorative, quotidiane) che ne conseguono …. (e ne devono conseguire …. legittimamente e liberamente ….. per il progresso della Società …..)

lunedì 1 luglio 2019

L'ironia dei dettagli


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L’ironia dei dettagli  

Cari lettori, eccoci ad un nuovo mensile. Nel frattempo, in Giugno, ho avuto l’immensa gioia di diventare papà (di una bellissima bambina)! Ma ho anche avuto conoscenze dirette o altrui e documentate segnalazioni in merito all’oggetto di questo post. L’Olismo è in sé, e di per sé, il miglior paradigma, specialmente in ambito scientifico e tecnico, che la Società ha Oggi a disposizione. Ma quando del suo “rivale” (il Riduzionismo, che purtroppo è ancora il paradigma dell’Establishment, anche se le cose stanno finalmente cambiando) si mostrano gli strafalcioni, beh lo scenario paradigmatico diventa davvero piacevole. Buona lettura, dunque. Quanto a noi, a presto (a fine Agosto). E come sempre: ad maiora! amici, ad maiora! Luca Fortunato (Matera) WhatsApp 389.4238195

Il Riduzionismo, proprio a causa della sua stretta e ridotta base teorica, tende a perdersi in analisi e lungaggini, nella vana speranza di arrivare a comprendere le cose, illudendosi di compensare, di riempire, enormi vuoti teorici con “quantità industriali” di dati, numeri, misure, pagine, persone, e via dicendo. E soprattutto si perde in dettagli. Il tutto riduzionistico, così, produce una conoscenza frammentata, dettagliata ma disarticolata, e che infatti mai o molto raramente giunge alla visione d’insieme, al quadro generale, allo sguardo unitario, alle giuste e complete correlazioni, alla integrazione, alla sintesi, alle proprietà emergenti e quindi all’intero, al vero intero (e tanto in merito a singole entità complesse – albero, animale, corpo umano, ecc. – quanto e ancor di più in merito a entità complesse di tipo collettivo – bosco, coltivazione, branco, sciame, popolazione, ecc.). Se a questo scenario, già di per sé negativo e problematico, aggiungiamo che proprio a causa di una vera ossessione del dettaglio e del particolare lo stesso Riduzionismo sbaglia proprio i dettagli e i particolari (per una sorta di circolo vizioso di esagerazione che evidentemente ottunde la mente), beh la Frittata della Conoscenza è servita! E con una certa ironia della sorte. Guarderete, qui di seguito, degli esempi significativi, molto significativi (purtroppo). Meglio l’Olismo che grazie alla sua ampia base teorica (unitamente e al suo peculiare modus operandi di tipo sintetico-intuitivo) può decidere (volta per volta, caso per caso, senza ossessioni, in piena libertà, con serenità, con flessibilità, con lucidità) se servirsi anche dell’analisi o farne benissimo a meno, se dettagliare le cose oppure no, e così via. E che magari se proprio deve arrivare a certi dettagli ci arriverà bene e correttamente. 

1. In un museo naturalistico (portato avanti con soldi pubblici, notare bene) leggo sotto un esemplare imbalsamato di martora la scritta Martens martens. Peccato, però, che il nome scientifico della martora (da Linneo, quindi paradigma del Riduzionismo) sia Martes martes (senza le “n”). Morale: se ci fosse stato il solo nome comune (martora), non ci sarebbe stato errore. Al massimo, ci sarebbe stata da fare una integrazione con il nome scientifico. Ma perché esibirsi zoologicamente e dettagliatamente (tipico atteggiamento dei riduzionisti) quanto non lo si è in grado di fare?

2. In locandine ufficiali (così come nei materiali ufficiali collegati) leggo in merito ad un albero di pino d’Aleppo la scritta Pinus Halepensis. Peccato, però, per l’“H” (maiuscola). Avrebbe dovuto essere minuscola. Così: Pinus halepensis. Morale: se ci fosse stato il solo nome comune (pino d’Aleppo), non ci sarebbe stato errore. Al massimo, ci sarebbe stata da fare una integrazione con il nome scientifico. Ma perché esibirsi botanicamente e dettagliatamente (tipico atteggiamento dei riduzionisti) quanto non lo si è in grado di fare?  

3. In un convegno (ufficiale) da parte di un “addetto ai lavori” (per giunta pubblico dipendente, ma chiaramente riduzionista), ci viene mostrato questo: tiglio (Tilia tomentosa). Peccato, però che “tiglio” (come nome comune) indichi o l’intero   genere Tilia o il solo tiglio selvatico (Tilia cordata) e che invece il tiglio argentato sia Tilia tomentosa. E tutto ciò sempre che per le varie specie del genere Tilia si voglia far valere ancora la classificazione di sempre: a) tiglio o tiglio selvatico (Tilia cordata); b) tiglio nostrano o nostrale (Tilia platyphyllos); c) tiglio argentato (Tilia tomentosa); ecc. Vi è infatti divergenza tra gli studiosi, tra i vari e i veri addetti ai lavori, con messa in discussione, da circa un ventennio, della classificazione tradizionale riportata, appunto. A causa del noto fenomeno di ibridazione naturale all’interno del genere Tilia ma che Oggi sappiamo essere un fenomeno particolarmente significativo e particolarmente presente, più di quel che si pensava e si sapeva una volta. Morale: se non ci si fosse “avventurati” nel “mondo” delle specie del genere Tilia (cosa da veri specialisti) limitandosi a descrizioni più generali ma corrette, non solo non ci sarebbe stato errore ma ci sarebbe stato un comportamento anche deontologicamente corretto (visto il dibattito in corso, ancora in corso, nella comunità scientifica internazionale, su aspetti genetici e botanici del genere). 

4. Aiuole spartitraffico e rotonde, messe a verde: magari anche al netto di validi dettagli di impianto e di gestione, l’insieme risulta essere assolutamente inadeguato. Questo, lo scenario nella maggior parte delle nostre città. Il motivo è il seguente: il disegno della vegetazione è validamente concepito solo per una visione dall’alto! Come quando ci affacciamo da un balcone. Come quando osserviamo immagini restituiteci da un drone. Come quando andiamo in elicottero, in aereo, ecc. Peccato, però, che la maggior parte delle persone osservi il verde di un’aiuola spartitraffico, di una rotonda stradale, ecc. dall’interno della propria auto, in sella alla propria moto o bicicletta, come pedone, ecc. Ed in movimento. Da questi punti di osservazione (quelli che si sarebbero dovuti considerare costituendo essi il 90% dei casi) la visione risulta un pasticcio, in disaccordo con le leggi dell’olistica Psicologia della Gestalt che - benché non sia il Vangelo - dovrebbe essere parte del bagaglio culturale e formativo di ogni professionista tecnico moderno e all’opera su cose del genere, per portarlo quindi a concepire, a immaginare, a progettare, a disegnare composizioni verdi del genere secondo punti percettivi di tipo dinamico-prospettico (che restituiscono, a chi osserva in orizzontale e in movimento, un’immagine comunque organica e sensata) e non di tipo statico-planimetrico (che restituiscono, sempre a chi osserva in orizzontale e in movimento, frammenti visivi, porzioni visive, pezzi slegati di visione e senza significato). 

5. Molti tra commercianti, artigiani, albergatori, imprenditori, professionisti, ecc. hanno chiuso bottega o stanno per farlo. E in ogni dove. In pochi stanno, stiamo, bene. L’altra sera mi è stato chiesto un parere in proposito. Ne riporto una brevissima ma significativa sintesi: molti commettono un enorme errore “di dettaglio” (diciamo così), di chiaro stampo riduzionistico, vale a dire quello di non considerare correttamente la specializzazione (produttiva, professionale, di servizio, ecc.). Essere specializzati in vuol dire che rispetto all’intero di riferimento si è particolarmente ferrati in un determinato settore, in una determinata branca, in un particolare segmento di mercato, ecc. Ma non vuol dire che rispetto all’intero di riferimento si è esclusivamente ferrati in un determinato settore, in una determinata branca, in un particolare segmento di mercato. La differenza tra “particolarmente” e “esclusivamente” determina il destino economico. Nel complesso mondo di Oggi (e paradossalmente come tanto tempo fa, cioè prima della Rivoluzione Industriale), è sempre più necessaria la pratica virtuosa del “particolarmente” (che non trascura l’intero) e non invece quella dell’”esclusivamente” (che trascura l’intero, anzi si scinde dall’intero). In pratica, ogni singolo attore (sia esso commerciante, artigiano, imprenditore, professionista, ecc.) deve essere sempre e necessariamente un cerchio (piccolo o grande), benché in conseguenza della specializzazione uno spicchio del cerchio risulti essere il più vistoso. Se si è specializzati in dolci al cioccolato (un vistoso spicchio del cerchio), è bene offrire anche altro tipo di dolci (l’intero cerchio: in questo caso, pasticceria in senso ampio). Se si è specializzati in tubature di alluminio (spicchio), è bene cavarsela anche con tubature di altri materiali (cerchio). Se si è specializzati nella produzione di frutta (spicchio), è bene produrre anche altri prodotti agricoli (cerchio). Se si è specializzati in un tipo di consulenza (spicchio), è bene cavarsela anche in altro tipo di consulenze (cerchio) sempre ed ovviamente pertinenti al proprio titolo di studio, alla propria abilitazione, ecc. Ma è assolutamente necessario. Specializzazione sì, ma va capita. Che direste, ad esempio, di un medico pediatra che dovendo soccorrere una persona anziana non lo facesse dicendo “non è di mia competenza”? Che direste, altro esempio, di un albergatore che dovendo dare minime indicazioni sui monumenti della città rispondesse “qui a cento metri c’è un ufficio turistico”? Del resto, alcuni percorsi formativi, alcuni percorsi universitari, alcuni diplomi, alcune lauree, sono multidisciplinari e interdisciplinari. Lo sono e a ragion veduta. Chiudersi poi in un solo settore, in una sola materia, in un solo spicchio del cerchio, “dettagliare” troppo il proprio ruolo in Società, semplificare (in qualche modo), non solo è un fraintendimento del sano concetto di specializzazione, non solo è una pseudo-strategia di mercato che specialmente alla lunga non paga, ma è anche e soprattutto un tradire la propria identità e dunque è un errore anche di tipo culturale ed è un errore anche in merito alla comunicazione esterna circa la propria Categoria.   
  
E di fatti e di “logiche”(?) del genere potrei continuare ad elencarne tantissimi (purtroppo). Ma ho reso bene l’idea. Il Riduzionismo è davvero un guaio. E con anche certe ironie della sorte, come abbiamo visto. Meglio per l’Olismo, ovviamente. Meglio per gli olisti (come me). Ma la Società tutta deve svegliarsi. E pure in fretta. E questo non è un dettaglio.