Mission del Blog: esprimere libere opinioni su fatti di cronaca ritenuti significativi circa la Sfida, in corso da tempo, tra i Paradigmi dominanti del Nostro Tempo: da una parte, il Riduzionismo (il Tutto è uguale, riducibile, alla somma e alle relazioni delle parti di cui è composto), dall’altra l’Olismo (il Tutto è maggiore della somma e delle relazioni delle parti di cui è composto). Il Riduzionismo, paradigma analitico, razionale, algoritmico, induttivo, lineare. L’Olismo, paradigma sintetico, intuitivo, euristico, deduttivo, non-lineare. Con tutte le conseguenze (teoriche, filosofiche, gnoseologiche, epistemologiche, metodologiche, pratiche, lavorative, quotidiane) che ne conseguono …. (e ne devono conseguire …. legittimamente e liberamente ….. per il progresso della Società …..)

domenica 12 maggio 2019

Verde (pubblico) e Olismo


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Verde (pubblico) e Olismo 

Venerdì scorso (10 maggio 2019) ho avuto il piacere di essere un relatore nel Convegno “Considerazioni sulla valorizzazione dei parchi storici, sulla deontologia negli interventi e sul verde urbano” organizzato dall’Ordine Professionale a cui sono iscritto (Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Matera) e tenutosi presso lo storico circolo culturale “La Scaletta” di Matera. Nel corso dell’evento, è stato presentato il libro “Villa Sorra - Storia di un luogo straordinario tra Modena e Bologna“ , Autore: Andrea Di Paolo, Edizioni SIGEM, 2016. Qui di seguito riporto la mia relazione integrale, per voi lettori del blog (alcuni di voi, anche molto lontani geograficamente, hanno saputo dell’evento e mi hanno chiesto un’ulteriore eccezione di pubblicazione - rispetto ai programmi del blog - per essere in qualche modo partecipi. È giusto e lo faccio volentieri). Dunque, buona lettura a Tutti. E come sempre, ad miaora! Luca Fortunato (Matera) WhatsApp 389.4238195 

Verde (pubblico) e Olismo

Riflessioni in occasione della presentazione del libro “Villa Sorra - Storia di un luogo straordinario tra Modena e Bologna”, Autore: Andrea Di Paolo, Edizioni SIGEM, 2016.
  
In generale, ho sempre ritenuto che il verde pubblico (o comunque aperto al pubblico) debba esprimere e comunicare un concetto di verde che scaturisce dalla combinazione di una tendenza di base di verde (1) e di uno stile di verde (2). E che per giunta il concetto di verde debba essere espresso e comunicato in modo chiaro ed esplicito. Ogni parco, giardino, villa, piazza, viale, ecc., con il suo unico e peculiare concetto di verde, con la sua specifica combinazione di tendenza e stile ma comunque leggibile e decifrabile dai cittadini.
Il concetto di verde è qualcosa di complesso ma anche di olistico (3). Grazie ad esso, i singoli elementi (piante, arredi, strutture ecc.) sono parti di un tutto, un tutto organico e maggiore della somma delle stesse parti (olismo) (3). Adattando una nota metafora, potremmo dire che i singoli elementi (vegetali, strutturali, ludici, ecc.) diventano “perle” di una “collana” (il parco, la villa, il giardino, la piazza, ecc.) tenute insieme da un “filo” (il concetto di verde).
Componenti essenziali di un concetto di verde sono anche certe coerenze percettive da offrire ai fruitori degli spazi verdi. Per esempio: ad alberi a chioma espansa è sensato associare strutture curvilinee (piuttosto che rettilinee); i colori della vegetazione, specialmente delle fioriture, è bene che si accostino secondo prevalenti criteri di contiguità come da Cerchio dei Colori (giallo, arancione, rosso, viola, blu, verde) e con solo qualche occasione di contrasto (giallo/viola; rosso/verde; blu/arancione), e non invece il contrario; tra il verde del soggetto ogni volta in questione (parco, giardino, villa, ecc.) e l’ambiente circostante è bene che ci sia un rapporto prevalentemente sintonico con anche occasioni di contrasto e discontinuità purché esse non si configurino come dei “pugni nell’occhio”. E così via.
Questo tipo di coerenze viene ben spiegato (ed anche raccomandato) dalle leggi dell’olistica (3) Psicologia della Gestalt (4). Si possono ovviamente fare scelte diverse, tutto è legittimo, ma forse esse richiederebbero un’arte ed una maestria fin troppo rare, quasi solo ideali, perché alla fine possano davvero garantire un verde sensato e “pacifico” per la percezione della maggior parte dei cittadini (e non solo di qualche cittadino). Ad ogni modo, ritengo che un parco pubblico, un giardino pubblico, una villa pubblica, una piazza, un viale, ecc. (diversamente dal verde esclusivamente privato) non possano non aggiungere alle preziose funzioni ecologiche, urbanistiche, estetiche, ornamentali, ricreative e sociali anche un tema, un filo conduttore, un’esperienza di significato e quindi di cultura, un concetto di verde, appunto.
In Italia, il verde storico (Reggia di Caserta, Giardino di Boboli a Firenze, ecc.) ha sempre espresso (ed esprime tuttora) un esplicito concetto di verde, a volte anche ibrido (più stili di verde associati, ad esempio), ma sempre armonioso, equilibrato, sensato e comprensibile dai cittadini (qualunque esso sia risultato e risulti ancora, caso per caso, da specifiche combinazioni di tendenza e stile). Al contrario, spazi verdi realizzati o riqualificati dagli anni Cinquanta in poi e fino ad oggi, generalmente non esprimono un concetto di verde oppure lo fanno in maniera disordinata, confusa, spesso casuale, involontaria, comunque difficilmente leggibile e decifrabile dal cittadino. Ammessa anche l’esistenza di correttezza tecnica (botanica, agronomica, costruttiva, impiantistica, ecc.), essa è risultata comunque e chiaramente insufficiente. E questo, ritengo, abbia contribuito e contribuisca alla non-cultura (e al non-rispetto) del verde.
Ben vengano nuovi e moderni concetti, tendenze e stili di verde, anche sperimentazioni in tal senso, a patto però che modernità sia sinonimo di libertà e di sana informalità e non invece di confusione e arbitrio o di povertà tematica e di significato.
Ritengo, quindi, che occorra recuperare, per le nuove realizzazioni di verde così come per le riqualificazioni dell’esistente, gli insegnamenti del Passato portandoli ovviamente a sintesi con le attuali tecniche, tecnologie, esigenze, linee creative, ecc. E l’esempio del verde storico italiano, specialmente quando ancora in buona salute, credo sia fondamentale, fonte di ispirazione e di incoraggiamento.
Il libro su Villa Sorra si inserisce perfettamente in tutto questo discorso. Esso è valido in sé (passato, presente e futuro di Villa Sorra) ma è valido anche su un piano più generale (fonte di ispirazione per il recupero, in chiave moderna, per il verde di Oggi, delle buone logiche e delle buone prassi di una volta). Villa Sorra esprime il seguente concetto di verde: una mirabile sintesi, tanto estetico-paesaggistica quanto storico-evolutiva, tra vari ambienti, stili di verde e tendenze di verde, anche molto diversi tra di loro ma sempre chiari, definiti e leggibili: l’ampio e libero prato intorno alla Villa solcato solo dai viali di accesso, il prato con alberature, il bosco; lo stile di verde italiano, quello francese ed anche quello inglese; una tendenza di verde prevalentemente pittorico-naturalistica ma con importanti elementi di tendenza geometrico-formale; ecc.
Ma come può, Oggi, l’Amministrazione pubblica, per il nuovo verde o per riqualificare il verde già esistente, scegliere tra le tendenze di verde ma soprattutto tra i diversi e numerosi stili di verde? Semplice: non deve farlo Lei ma lo deve far fare alla gente, ai cittadini. Tramite dei sondaggi, delle interviste, dei concorsi di idee, delle manifestazioni di idee, ecc. Anche sottoponendo alla loro attenzione foto, immagini, schemi, esempi, testimonianze ecc. in merito a tendenze e stili di verde. Area per area (da mettere a verde o da riqualificare) sondare, conoscere la pubblica opinione in merito. O comunque coinvolgere i cittadini, la comunità, nelle scelte di base da fare, nelle scelte paradigmatiche di fondo. E dopo, solo dopo, passare agli aspetti specificatamente progettuali, botanici, agronomici, strutturali, gestionali, economici, istituzionali, pianificatori, regolamentativi, ecc, e nel rispetto dei precedenti momenti d’incontro. Dal generale al particolare, insomma. Ed anche in questo consiste l’olismo (3).

Approfondimento sulla gestione degli alberi in contesto storico:

Tornando al verde storico, in questi giorni ho poi avuto modo di approfondire, di ricordare, un particolare aspetto: la gestione degli alberi. Mi focalizzerò solo sull’aspetto della potatura sia perché essa, come vedremo, è strettamente connessa anche al discorso di tipo culturale sia perché altri aspetti quali la valutazione di stabilità, la cura di malattie, ecc. sono argomenti che, a mio avviso, richiederebbero una trattazione apposita in un evento appositamente dedicato.
Ricordo a Tutti Noi che nel 1981, a Firenze, è stata redatta la Carta dei Giardini storici, “Carta di Firenze” appunto,  che giustamente considera i parchi e i giardini storici degli insiemi polimaterici (piante, strutture, acque, ecc.), delle opere d’arte, e quindi dei beni culturali, per giunta non separabili dal contesto ambientale (urbano, rurale, ecc.) in cui sono inseriti. Questo già ci dà l’idea della delicatezza di un qualsiasi intervento in un parco o giardino storico.
Oggi, poi, la cosa è ancora più complessa a causa dei cambiamenti climatici perché sicuramente, le necessità di intervento (dalle pulizie in senso generale all’asportazione di rami spezzati, dalle sistemazioni di prati al consolidamento del terreno, ecc.) sono molto più frequenti di qualche tempo fa ma questo “fa a pugni”, diciamo così, con l’esigenza di quiete intesa in senso lato in seno ai parchi e giardini storici.  
Ora, focalizzandoci sulle potature, riconsideriamo le tendenze di base di verde.
Per gli alberi condotti secondo la tendenza geometrico-formale la potatura dovrebbe assume essenzialmente lo scopo del mantenimento di una forma obbligata e che in un giardino storico va più che mai rispettata e conservata. In pratica, ci si dovrebbe limitare a tagli di spuntatura (tagli lunghi, che asportano solo la parte terminale di rami o branche). I tagli di speronatura invece andrebbero evitati o limitati ad esemplari poco vigorosi (tagli corti, favoriscono i ricacci).
Per gli esemplari condotti secondo la tendenza pittorico-naturalistica la potatura dovrebbe essere solo quella che, come si suol dire, “non si vede”, che deve assicurare solo un contenimento della chioma con il rispetto della stessa forma generale della chioma, che non rende, alla vista del cittadino, un albero troppo ridotto o troppo spoglio (o addirittura capitozzato!). L’unico tipo di taglio tecnicamente e scientificamente corretto è il taglio di ritorno (che asporta un ramo o una branca immediatamente al di sopra dell’inserzione con un ramo o con una branca più giovane. Ciò che rimane sostituirà ciò che è stato asportato. Ritorno, appunto).
Credo che il taglio di ritorno dovrebbe essere l’unico consentito in contesto storico (a parte ovviamente i tagli per forme obbligate giustificati culturalmente, ampiamente giustificati). 
Inoltre, il taglio di ritorno è un taglio olistico o meglio l’unico taglio olistico (3). La cosa va interpretata in chiave di geometria frattale: interi che vengono “tagliati” per poi auto-ripristinarsi e quindi fermarsi perché nuovamente in equilibrio di interezza (almeno in condizioni fisiologiche, normali). Sto verificando queste mie intuizioni con dei matematici. Mi dicono siano giuste. Vedrò di pubblicare qualcosa in futuro.  
Per concludere, credo che occorra comunicare alla comunità, ai cittadini, interventi di altro tipo (appurato ovviamente che siano strettamente necessari), come ad esempio il taglio di soppressione (asportazione totale di un ramo o di una branca),  taglio di diradamento (asportazione di più rami o di più branche, sempre nel rispetto della forma generale dell’albero), la rimozione di rami codominanti specie se con corteccia inclusa, ecc. Quando la codominanza è ormai avanzata, i necessari interventi di consolidamento arboreo pongono non pochi problemi estetico-percettivi per l’impiego, come sappiamo, di tiranti tubolari, guaine di protezione, fasce anellate o asolate, ecc.
Grazie.
Note di approfondimento:

1. tendenze di base di verde (riguardano la vegetazione): a) architettonica: l’elemento naturale viene piegato alla volontà e al formalismo dell’uomo (forme geometriche della chioma degli alberi, delle siepi, nella disposizione dei fiori, ecc.); b) pittorica: l’elemento naturale viene lasciato libero o il più libero possibile (habitus naturale o semi-naturale degli alberi, degli arbusti, dei prati ecc.). 

2. stili di verde (riguardano la vegetazione e il suo contesto): a) italiano: esprime simmetria, ordine, geometria (con predominanza di specie sempreverdi, siepi squadrate, sculture vegetali, viali rettilinei, colline terrazzate, ecc.) ed esprime nobiltà ed austerità (fontane, statue, busti, panchine di marmo, pergolati, archi, scalinate, ecc.); b) francese: esprime prospettiva (specialmente attraverso ampi spazi di terreno pianeggiante a prato e con lunghi filari alberati anche doppi, tripli, quadrupli) ed esprime varietà (con predominanza di specie caducifoglia e con chioma espansa e con specchi d’acqua); c) inglese: esprime la naturalezza del paesaggio (concavità e convessità del terreno, colline, grotte, piccoli sentieri naturalistici in mezzo al prato e all’interno di formazioni arboree irregolari, laghetti dalla forma libera alimentati da ruscelli, alberi d’alto fusto isolati e lasciati crescere liberamente, alcune zone con vegetazione lasciata appositamente spontanea ed incolta, ecc.); d) mediterraneo: con vegetazione (arborea, arbustiva, erbacea) tipica sia del clima e dell’ambiente mediterraneo sia della macchia mediterranea sia della ruralità e dell’agricoltura mediterranea (ma sempre con predominanti richiami agli ambienti costieri e marittimi: pinete marittime, dune sabbiose, foci, isole, agricoltura costiera, ecc.). e) esotico: vuole evocare gli ambienti naturali di Paesi diversi dall’Europa (esotico, dunque, nel senso storico e tradizionale del termine): di tipo lussureggiante (con vegetazione tipica delle foreste sub-tropicali, tropicali ed equatoriali); di tipo desertico (con piante grasse, con vegetazione tipica delle oasi desertiche, con rocce, sabbie, ecc.); di tipo isolano (con vegetazione e contesti tipici delle isole esotiche: Mar dei Caraibi, Oceano Indiano, Oceano Pacifico, ecc.).; f) americano: esprime libertà (le aree verdi confinano quasi sempre in modo diretto con il tessuto urbano esterno – marciapiedi, strade, parcheggi ecc. – per l’assenza di siepi, di recinzioni ecc.), esprime grandiosità e vastità (gli alberi sono quasi sempre di prima grandezza, il terreno è quasi sempre a tutto prato senza aiuole, cordoli, camminamenti ecc.), esprime la socialità della comunità (vi sono quasi sempre aree e strutture in cui è possibile praticare lo sport, i giochi per bambini, la musica, il barbecue, ecc.); ecc.

3. olistico e olismo: l’aggettivo olistico, quando usato correttamente, indica ed implica riferimento univoco al sostantivo olismo. Etimologicamente dal greco hòlos (“intero”, “totale”, “globale”, “tutto”), olismo significa che “il tutto è maggiore della somma delle parti di cui è composto”. Si contrappone al riduzionismo (il tutto è uguale alla somma delle parti di cui è composto). Ad ogni modo, per “tutto”, si intende (volta per volta, caso per caso) ciò che la mente vuol conoscere, studiare, progettare, gestire (un albero o un filare di alberi o un bosco o una coltivazione o un giardino, ecc.; una persona o un gruppo di persone o un popolo o una società, ecc.; un animale o uno sciame o un branco, ecc.; una azienda o una città o un terreno o un territorio o un fiume o un Paese o una economia, ecc.). In Occidente, l’olismo ci giunge, nella sua forma originaria ed implicita, già ad opera di Aristotele che aveva compreso come “di tutte le cose infatti che hanno più parti e il cui insieme non è come un mucchio, ma è qualcosa di intero oltre le parti, c'è una qualche causa”. Successivamente, dopo secoli, nel corso del Settecento e dell’Ottocento, questo principio generale inizia a riaffiorare, sempre in modo implicito ma significativo, ad opera di diversi autori (Goethe, Durkheim, ecc.) come risposta alternativa al riduzionismo (Cartesio, Newton, ecc.) per poi trovare, durante tutto il corso del Novecento, la sua formalizzazione esplicita e definitiva ma soprattutto la sua declinazione in tutte le varie branche del Sapere e del Fare, avvalorato, sempre più avvalorato, dalla Nuova Scienza (fisica quantistica, relatività einsteiniana, proprietà emergenti della materia, teoria della complessità, teoria dei sistemi, ecc.). In Oriente, invece, tracce implicite di olismo, si ritrovano già nelle antichissime filosofie mistiche (Taoismo, Buddhismo, Zen, ecc.) e nelle correlate pratiche ed applicazioni (mediche, agricole, architettoniche, paesaggistiche, ecc.). E tanto in Occidente quanto in Oriente, il modus operandi autenticamente olistico è andato strutturandosi, per essere Oggi completamente definito, intorno alla facoltà dell’intuizione. La spiegazione di questo fatto è rintracciabile negli scritti di vari autori tra matematici, fisici, filosofi, psicologi, ecc. (Poincaré, Mach, Einstein, Bergson, Russell, Capra, De Bono, ecc.) che dell’intuizione hanno definito caratteristiche e ruolo e sulla base di un virtuoso esercizio della stessa. Un esempio: “[…] La caratteristica essenziale dell’intuizione è che essa non divide il mondo in cose separate, come fa l’intelletto […] potremmo definirla sintetica piuttosto che analitica. In essa c’è una molteplicità […]” (B. Russell).
 
4. psicologia della Gestalt: scuola olistica che ritiene (diversamente da altre scuole come ad esempio la scuola comportamentista) che nella percezione del mondo esterno noi non rileviamo semplicemente “somme di stimoli” (visivi, olfattivi, tattili, ecc.) ma percepiamo direttamente, intuitivamente e globalmente delle forme. E che, di conseguenza, le forme non sono analizzabili, ulteriormente analizzabili, ai fini della conoscenza in quanto esse costituiscono già minime, indivisibili, sintetiche ed autonome unità di conoscenza.

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