Post. n. 20:
L’attualità realistica
di Oriana Fallaci
Concludo la mia libera riflessione sugli avvenimenti
di Parigi - iniziata con il precedente post, il n. 19 - da cittadino coinvolto,
come tutti. E che come tutti guarda la cosa dal proprio punto di vista. Con l’augurio
che insieme agli altri punti di vista, ad altre tesi e/o antitesi, possa contribuire,
con il suo piccolo apporto, all’emergere di nuove ed evolute sintesi. E di
nuove persone. Perché è di altro e di altri che abbiamo bisogno. Il Sistema
attuale con i suoi attuali vertici non
va per niente bene. Ad ogni modo, in alcuni dei precedenti post di questo mio
nuovo blog - ma anche in alcuni precedenti post del mio vecchio blog che
trovate nei link - metto in guardia dal saper distinguere tanto l’Olismo dal
Riduzionismo quanto l’Olismo dallo pseudo-olismo. Quest’ultimo, lo pseudo-olismo,
che per certi versi può essere addirittura peggiore del Riduzionismo, si
caratterizza soprattutto dall’uso improprio - sia a livello teorico sia a livello
pratico e metodologico - di cose del genere: “integrazione”, “integrato”,
“integrata” ecc; “sistemico”, “sistemica” ecc.; “multidisciplinarità”,
“interdisciplinarità” ecc.; “multiculturalità”, “interculturalità” ecc.; E la
lista potrebbe continuare per molto. Ebbene questi aspetti insiemistici della
teoria e della pratica e della metodologia - nella Scienza, nella Tecnica,
nella Politica, nell’Economia, nella Cultura, nella Società e ad ogni scala e
ad ogni livello - sono neutri e neutrali rispetto all’Olismo. Nel senso che possono
fare l’Olismo come possono non farlo. Tutto dipende da come si integra, si
sistematizza, si coordina, si assembla, si unisce ecc. Certo, sono dei buoni
viatici per approdare all’Olismo. Ma la cosa non è automatica e scontata. Del
resto sono viatici che, se intrapresi, bisogna percorrere fino in fondo, in
modo completo. Fermarsi ad un certo punto del tragitto è cosa negativa. Si
rischia l’identità: né Riduzionismo, né Olismo. L’identità scientifica,
tecnica, politica, economica, culturale. Tutto dipende da come si integra, si
sistematizza, si coordina, si assembla, si unisce ecc. vuol dire che dipende
dal fatto di adottare il modus operandi
del Riduzionismo oppure il modus operandi
dell’Olismo, oramai ben esplicitati e ben chiariti in alcuni dei precedenti
post di questo mio nuovo blog e nella testata di mission di questo blog ed
anche in alcuni precedenti post del mio vecchio blog. E circa il rischio dell’identità
da incompleta o presunta o impossibile integrazione così come da incompleta o
presunta o impossibile multiculturalità così come da presunte o incomplete o
impossibili altre entità di tipo insiemistico, come posso, oggi, nello
specifico, non ricordarmi di quanto detto e sostenuto da Oriana Fallaci? Speculare
mai, riflettere sempre. Ri-ascoltiamo, dunque, Oriana Fallaci in alcuni suoi noti
passi che ho selezionato. Augurandoci - ignorando tanto il pessimismo da gufi quanto,
e forse anche ancor di più, l’ottimismo gigione - una realistica prospettiva di
realistica speranza per il futuro. Oriana Fallaci: “Sono anni che
come una Cassandra mi sgolo a gridare «Troia brucia, Troia brucia» […] “Continua la fandonia dell'Islam
«moderato», la commedia della tolleranza, la bugia dell'integrazione, la farsa
del pluriculturalismo. E con questa, il tentativo di farci credere che il
nemico è costituito da un'esigua minoranza e che quella esigua minoranza vive
in Paesi lontani. Be', il nemico non è affatto un'esigua minoranza. E ce
l'abbiamo in casa. […] “ Apriti cielo se chiedi qual è l'altra civiltà, cosa
c'è di civile in una civiltà che non conosce neanche il significato della
parola libertà. Che per libertà, hurryya, intende «emancipazione dalla
schiavitù». Che la parola hurryya la coniò soltanto alla fine dell'Ottocento
per poter firmare un trattato commerciale. […] “L'Eurabia ha costruito la
panzana del pacifismo multiculturalista, ha sostituito il termine «migliore»
col termine «diverso-differente», s'è messa a blaterare che non esistono
civiltà migliori. Non esistono principi e valori migliori, esistono soltanto
diversità e differenze di comportamento. […] La storia delle frittelle al
marsala offre uno squarcio significativo sulla presunta integrazione con cui si
cerca di far credere che esiste un Islam ben distinto dall'Islam del
terrorismo. Un Islam mite, progredito, moderato, quindi pronto a capire la
nostra cultura e a rispettare la nostra libertà. Virgilio infatti ha una
sorellina che va alle elementari e una nonna che fa le frittelle di riso come
si usa in Toscana. Cioè con un cucchiaio di marsala dentro l'impasto. Tempo
addietro la sorellina se le portò a scuola, le offrì ai compagni di classe, e
tra i compagni di classe c'è un bambino musulmano. Al bambino musulmano
piacquero in modo particolare, così quel giorno tornò a casa strillando tutto
contento: «Mamma, me le fai anche te le frittelle di riso al marsala? Le ho
mangiate stamani a scuola e...». Apriti cielo. L'indomani il padre di detto
bambino si presentò alla preside col Corano in pugno. Le disse che aver offerto
le frittelle col liquore a suo figlio era stato un oltraggio ad Allah, e dopo
aver preteso le scuse la diffidò dal lasciar portare quell'immondo cibo a
scuola. Cosa per cui Virgilio mi rammenta che negli asili non si erige più il
Presepe, che nelle aule si toglie dal muro il crocifisso, che nelle mense
studentesche s'è abolito il maiale. Poi si pone il fatale interrogativo: «Ma
chi deve integrarsi, noi o loro?».
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