Mission del Blog: esprimere libere opinioni su fatti di cronaca ritenuti significativi circa la Sfida, in corso da tempo, tra i Paradigmi dominanti del Nostro Tempo: da una parte, il Riduzionismo (il Tutto è uguale, riducibile, alla somma e alle relazioni delle parti di cui è composto), dall’altra l’Olismo (il Tutto è maggiore della somma e delle relazioni delle parti di cui è composto). Il Riduzionismo, paradigma analitico, razionale, algoritmico, induttivo, lineare. L’Olismo, paradigma sintetico, intuitivo, euristico, deduttivo, non-lineare. Con tutte le conseguenze (teoriche, filosofiche, gnoseologiche, epistemologiche, metodologiche, pratiche, lavorative, quotidiane) che ne conseguono …. (e ne devono conseguire …. legittimamente e liberamente ….. per il progresso della Società …..)

sabato 14 ottobre 2017

L'Olismo nelle Scienze Agrarie - 2



Post  177
 L’Olismo nelle Scienze Agrarie – 2
…. continuando dal post 176 (vedi): ieri a Bari ho visitato l’importante fiera Agrilevante seguendone pure un interessante workshop scientifico-professionale-formativo. Ritornando a Matera, mi sono venuti in mente dei passi di testo che propongo in questo post, perché mi è venuto da pensare che, ad esempio, l’Agricoltura di precisione hi-tech di oggi - per la concimazione, per l’irrigazione, per la difesa fitosanitaria ecc. - se non correttamente inquadrata e praticata da un punto di vista paradigmatico e in tal senso olistico, ieri come oggi, andrebbe a costituire, già da oggi ma ancor di più domani, un ulteriore problema anziché una intelligente soluzione. È sempre e solo l’aspetto paradigmatico (sempre uguale, sempre lo stesso, nonostante il trascorrere del tempo) che può fare da discriminante tra la positività (olistica) e la negatività (riduzionistica e/o pseudo-olistica) di metodi, metodiche, tecniche, tecnologie, mezzi, innovazioni, sviluppi, pratiche e via dicendo.  Mi è venuto da pensare, altro esempio, al problema della disoccupazione generale e al fatto che l’Agricoltura potrebbe rimediare per buona parte a tale problema (con vantaggi non solo per se stessa ma anche per la salute fisica, sociale, demografica e politica dei Territori) a patto, però, di avere ben a mente e ben presente (anche qui in senso olistico) certi aspetti e certe dinamiche. Buona lettura. E a presto. Luca Fortunato

Dal libro “Economia e Politica agraria”, autore: Mario Bandini, editore: Edizioni Agricole Bologna, anno: 1962: 

[…] La critica ai giudizi economici, impostati sui conti colturali, costituisce una parte fondamentale dell’opera del Serpieri. Mostra egli l’errore logico di separare l’azienda in tante indipendenti sezioni. Non esiste, a rigore, un costo per le singole colture agrarie; esiste solo il costo complessivo aziendale, uno per tutte le colture. I costi, nell’azienda agraria, sono cioè costi congiunti. La ripartizione artificiale di essi, tra le singole colture è sempre arbitraria e dà luogo ad attribuzioni di valore, difficili e sempre controverse. […]

[…] La concimazione come tutte le scelte economiche, influenza in realtà tutto il complesso dell’azienda agraria: basti pensare a tutte le possibili ripercussioni sui capitali fondiari e di scorta, nonché sul lavoro, che possono essere determinate da un sensibile aumento della produzione determinato, a sua volta, da una forte somministrazione di mezzi produttivi. In tali casi l’agricoltura considera il bilancio completo della azienda agraria per avere una razionale base di giudizio. […] 

[…] L’irrigazione comunque ha profonde influenze non solo sulle produzioni unitarie ma anche sull’ordinamento colturale e su tutto il complesso aziendale. Frequentemente si è notato che essa determina una contrazione della superficie investita a grano con congiunto aumento dei prati, dei rinnovi, delle colture intercalari (erbai, mais in seconda coltura, ecc.). Determina inoltre l’esigenza di nuovi capitali, stalle, bestiame, macchine per la raccolta e per sopperire all’accumulo di lavoro nei periodi di punta. Determina come conseguenza finale, una minore ampiezza dell’azienda. […] 

[…] Dove l’agricoltura si basa sulla molteplicità delle coltivazioni la distribuzione del lavoro si regolarizza. Esso rimane invece male distribuito nelle zone estensive o monocolturali anche intensive. Ne sono esempio in Italia le zone risicole intensive di Vercelli e Novara; i vigneti specializzati delle isole o dell’Appennino; gli oliveti e gli agrumeti specializzati; le zone granarie estensive della campagna romana, del tavoliere di Foggia, del centro della Sicilia. Ma non solo la molteplicità delle colture può risolvere il problema della distribuzione del lavoro durante l’anno. Ricordiamo anche, tra l’altro, la coltivazione di varietà diverse della stessa pianta (ad es. di grano) aventi epoche di maturazione o di semina lievemente sfasata; ricordiamo l’integrazione di aziende di colle o di monte con appezzamenti di piano  […]. Ricordiamo l’impiego di macchine operatrici che smussano i periodi di punta […] La buona distribuzione del lavoro favorisce quei rapporti che hanno per caratteristica l’insediamento stabile dei lavoratori alla terra […]


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