Post n. 84:
Una teoria olistica sul
caso Xylella
AVVERTENZA
Il lettore che vorrà
comprendere realmente queste pagine, anche per maturare una propria idea in
merito (oltre che ad attingervi utilità), sia essa un’idea positiva sia essa
un’idea negativa ma, in ogni caso, un’idea maturata con cognizione di causa,
non può essere a digiuno circa le caratteristiche del paradigma dell’Olismo,
circa le caratteristiche del paradigma del Riduzionismo e soprattutto circa le
problematiche legate alla loro esistenza in Società ed in ogni ambito di essa.
Nelle librerie vi sono tanti e buoni libri e di diversi ed autorevoli autori
sugli aspetti generali di tutto ciò. E nel Web vi sono tante e buone risorse
(compreso tutto il resto del presente blog nonché il vecchio blog). Che avvenga prima della lettura di queste pagine oppure che avvenga
contemporaneamente alla lettura di queste
pagine oppure che avvenga, al limite, dopo la lettura di queste pagine,
una infarinatura generale sulle tematiche evidenziate è assolutamente
necessaria. Rischierà altrimenti il lettore di non comprendere realmente le
pagine o peggio ancora rischierà l’illusione d’averle comprese. E questo non
perché quanto è scritto in queste pagine è caratterizzato da una specifica
difficoltà o misteriosità o stranezza. Ma perché quanto è scritto in queste
pagine è collocato all’interno del paradigma dell’Olismo che richiede
oggettivamente – per essere decifrato e per decifrarvi ciò che in esso si muove
– una certa preparazione ed una certa consapevolezza. Né del resto si poteva
pensare di realizzarla in queste pagine una tale infarinatura generale a mo’,
ad esempio, di introduzione. E questo sia per la vastità della tematica in sé e
che non si presta a nessuna riduzione a riassunto (se si vuol restare su un
piano di serietà) sia perché il testo è volutamente posto ad un secondo livello
specialistico, diciamo così, che ne presuppone dunque un primo di livello e di
carattere generale. D’altra parte, tale primo livello di carattere generale su
tutto quanto evidenziato, e la certa preparazione e la certa consapevolezza
richiamate, dovrebbero essere parte essenziale del bagaglio culturale del
cittadino, del professionista, dell’imprenditore, del funzionario e del
politico di Oggi, vista l’oggettiva esistenza di tali aspetti e questioni che
sempre più vanno caratterizzando il Nostro Tempo. La lettura di queste pagine,
che sono in seno all’Olismo e sono alla luce dell’Olismo, può essere motivo di
arricchimento culturale ed anche e soprattutto fonte di utilità per lo studio
(specialmente universitario) e per il lavoro, le professioni, l’impresa ecc. a
patto, però, di assimilarle (magari anche ritornandovi su, rileggendole più
volte nel tempo) in un contesto di personale preparazione e consapevolezza,
seppur generali, circa i Paradigmi di Conoscenza (l’Olismo da una parte, il
Riduzionismo dall’altra) che, in modo esplicito o in modo implicito, in modo
consapevole o in modo inconsapevole,
dominano la Nostra Società ed il Nostro Tempo. Luca Fortunato
INTRODUZIONE
Si tratta di un caso complesso
secondo la moderna definizione scientifica di Complessità (a parte, dunque, i
risvolti “complessi” in senso comune e comunque di tipo sociale, culturale,
etico, mediatico, politico, istituzionale, giudiziario ecc. che pure l’hanno
caratterizzato e lo caratterizzano tuttora). E si tratta di un caso complesso
affrontato, approcciato, inquadrato, spiegato e gestito – da parte di esponenti
dell’establishment accademico, scientifico, professionale, istituzionale ecc. –
in modo del tutto inadeguato e cioè all’interno (ancora …) del paradigma del
Riduzionismo che è inidoneo per i casi di natura complessa, come il progresso delle
conoscenze (scientifiche, tecniche, culturali) ha mostrato e dimostrato nel
corso degli ultimi decenni. Riduzionismo inidoneo anche nelle sue forme
collettive (ed illusorie): “riduzionismo multidisciplinare”, “riduzionismo
interdisciplinare” , “riduzionismo integrato”, “riduzionismo a 360°”,
“riduzionismo da task force” ecc. Ricette diverse per la stessa e sempre
inidonea cosa ….. Le pagine, al contrario, propongono una lettura e a volte una
rilettura ed una diversa interpretazione tecnico-scientifica del caso in
questione alla luce e all’interno del paradigma dell’Olismo (del vero Olismo)
che, tanto a livello di singola persona quanto a livello collettivo, ha sempre
e comunque un intrinseco, costitutivo ed autentico carattere multidimensionale,
multidisciplinare, interdisciplinare, integrato, a 360°, sistemico, sintetico,
organicistico ecc. che gli deriva non dall’accostamento, dall’aggregazione,
dell’ammucchiamento, dalla somma di saperi, competenze, esperienze e persone ma
dal suo particolare modus operandi
che ha il suo fulcro nell’intuizione
(intuizione propriamente intesa, a parte quindi l’intuizione spicciola,
quotidiana, in senso comune, conosciuta anche dai riduzionisti …… Per capirci,
un esempio di definizione dell’ intuizione
vera è quella data da Bertrand Russell a proposito del pensiero di Henri
Bergson: “[…] La caratteristica essenziale dell’intuizione è che essa non divide il mondo in cose separate, come fa
l’intelletto. E benché Bergson non usi queste parole, potremmo definirla sintetica piuttosto che analitica. In
essa c’è una molteplicità […]”). Olismo vero che benché non ha, e non avrà mai,
la bacchetta magica si è mostrato e dimostrato essere molto più idoneo,
migliore, molto migliore del Riduzionismo per affrontare, approcciare, inquadrare
e soprattutto spiegare e, pertanto, gestire casi complessi. Presento e
propongo, dunque, intuizioni, idee, ipotesi, spiegazioni e soluzioni di natura
olistica. Nuove, originali, inedite. Proprie, mie. Una storia diversa del caso,
dunque, come monito e risorsa per il futuro. Un caso complesso come questo ha
tratteggiato e tratteggerà sempre particolari necessità di carattere paradigmatico e solo successivamente ed
eventualmente anche di carattere metodologico. Questo aspetto, questa
distinzione tra paradigmi e metodi, va a costituire spesso, e più spesso di
quel che si è portati a ritenere, anche da parte di addetti ai lavori ed anche
in gruppo, una grossa e grave confusione. Nella Scienza e nella Tecnica, ad
esempio, il metodo scientifico (sia induttivo, sia deduttivo; sia sperimentale,
sia teorico) se collocato all’interno del paradigma conoscitivo del
Riduzionismo porta ad un tipo di conoscenza (meccanicistica per il mondo
abiotico, bio-meccanicistica per il mondo biotico) se invece collocato all’interno
del paradigma conoscitivo dell’Olismo porta ad un altro tipo di conoscenza (organicistica, con tratti peculiari per
il mondo abiotico e con tratti altrettanto peculiari per il mondo biotico).
Quasi sempre, infatti, il problema non è di tipo metodologico, del metodo, dei
metodi, delle procedure, delle tecniche, dei protocolli ecc. Il problema è dove
tutto ciò viene collocato! E precisamente se tutto ciò viene collocato
(implicitamente o esplicitamente, inconsapevolmente o consapevolmente)
all’interno del Riduzionismo o all’interno dell’Olismo. Ed i casi di natura
complessa come questo richiedono una conoscenza
organicistica che, ad Oggi, solo l’Olismo garantisce o può garantire. Mi
auguro, quindi, che le prossime pagine possano andare a costituire (con la
dovuta umiltà) sul caso in sé o sugli eventuali ed ulteriori sviluppi dello
stesso caso in questione, un esempio, un esempio di base, solo un esempio (ma
significativo) per meglio orientarsi e per meglio orientare il fare. Un esempio
breve e sintetico, volutamente breve e sintetico. La cui genesi, tuttavia, è
stata lunga, complicata, difficile. Le intuizioni di carattere scientifico,
infatti, sono difficilissime da tradurre in vocaboli, in linguaggio, in
discorso, in ragionamento ecc. Le intuizioni sono immediate, velocissime,
istantanee, lampi improvvisi. Ma la loro razionalizzazione è lunga. Ma è
necessario farlo. Ed è davvero una bella avventura (ed utile) e che val la pena
vivere. Credo di esserci riuscito. Del resto, le intuizioni sono un dono, un dono
misterioso. Che bisogna razionalizzare e comunicare. Io almeno la vedo così.
Con la speranza di contribuire ad evitare o quantomeno a ridurre il rischio (ed
il pericolo) di spiegazioni, del caso e del fenomeno complesso, di tipo
riduzionistico, semplicistico, lineare, parziale ecc. E soprattutto di evitare
i conseguenti rimedi di tipo illusorio (o speculatorio). Il Riduzionismo,
infatti, riguardo ai casi e ai i fenomeni di natura complessa può al massimo
arrivare a “sistemare le questioni” che, però, è cosa ben diversa dal risolvere
i problemi! No? Infine non posso non immaginare queste mie pagine come l’inizio
di un più ampio percorso e progetto di conoscenza, sempre snodandosi
all’interno e alla luce dell’Olismo, e con risonanze collettive che sicuramente
andranno materializzandosi nel prossimo futuro. Luca Fortunato
Di seguito, pubblicazione
anticipata (avvenuta anche sul vecchio blog, vedi indirizzo in Informazioni personali, a lato) del 2° capitolo del mio Primo Libro in uscita a breve in
self-publishing. Tutti i diritti riservati (Legge 22 aprile 1941, n. 633
Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio).
Capitolo II: SALUTE E
MALATTIA: DELLE PIANTE IN PARTICOLARE ED IL CASO XYLELLA.
La salute è la regola, la malattia è l’eccezione. Nel senso
che la maggior parte delle persone è in salute, la minor parte è malata; la
maggior parte degli animali è in salute, la minor parte è malata; la maggior
parte delle piante è in salute, la minor parte è malata. Sebbene in determinati
momenti e in determinati luoghi si materializzino numerosi casi di malattia, come
ad esempio nelle epidemie, e spesso con esiti tragici per alcuni, molti, a
volte moltissimi individui coinvolti (piante, animali, persone), il “bilancio”
complessivo è sempre a favore della salute. Anche e soprattutto nel senso
dell’evoluzione del fenomeno nel tempo. Quando, ad esempio, in Italia nel
periodo tipico dell’influenza vi sono milioni di persone a letto esse
costituiscono comunque una piccola parte, una bassa percentuale della
popolazione totale. Se molte persone ogni anno sviluppano la malattia
influenzale, moltissime altre persone, molte di più, non la sviluppano restando
in salute. Il quadro complessivo, il quadro generale, il quadro d’insieme, vede
sempre prevalere la fetta di popolazione sana sulla fetta di popolazione
malata. Quando, ad esempio, nel Salento leccese, dai primi momenti del fenomeno
CoDiRO (Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo) a tutt’oggi, centinaia,
migliaia di alberi d’ulivo sono appunto rapidamente disseccati, essi hanno
rappresentato, e rappresentano tuttora, una bassa, una esigua, una piccola
percentuale dei milioni di alberi d’ulivo che costituiscono l’intero
agro-ecosistema uliveto del Salento leccese. Stessa cosa per la successiva
“espansione” a Nord del fenomeno (o meglio per la successiva manifestazione
macroscopica anche a Nord del fenomeno ….) e cioè con interessamento di alcuni
territori nelle Provincie di Brindisi e Taranto. Ed è ragionevole supporre ed
immaginare che anche una eventuale ed ancora ulteriore “espansione” più a Nord
dei territori brindisini e tarantini attualmente “toccati” (dunque territori
baresi, territori materani ecc.) farà materializzare un quadro d’insieme serio
ma non grave cioè con uguale prevalenza degli ulivi sani rispetto agli ulivi
disseccati o in disseccamento (così come ogni anno accade, in Italia, per il
quadro d’insieme influenzale di noi umani ……). Sebbene la regola della salute
con l’eccezione della malattia sia sempre sotto gli occhi ed il naso di tutti,
l’attenzione che ne viene dedicata è scarsa o nulla (per emotività, per
abitudini mentali di stampo riduzionistico che tendono a focalizzare
l’attenzione sui dettagli senza rapportarli al quadro generale ecc.). Oppure
l’attenzione che ne viene dedicata è volutamente scarsa o nulla (per ragioni di
business, per ragioni mediatiche, per ragioni di potere ecc. e che dunque
appartengono alla sfera dell’etica - o meglio alla sfera della non-etica! – ed
eventualmente anche al lavoro della Magistratura qualora si ipotizzino reati).
Ad ogni modo, abbondano (e si sprecano) tentativi di definizione rigorosa e
puntuale, anche in sfida tra loro, di “salute” e di “malattia”, a livello
accademico, istituzionale ecc. E da tanto, tantissimo tempo. Senza peraltro
giungere mai ad una vera conclusione! Ritengo sia davvero inutile cercare di definirle
(ancora ….) in modo rigoroso e puntuale, perché ritengo che “salute” e
“malattia” siano in realtà indefinibili o definibili non più di tanto in quanto
sono aspetti complessi dell’organismo vivente che è a sua volta entità
complessa, tanto a livello di singolo individuo (singola persona, singola
pianta, singolo animale) quanto e ancor di più a livello collettivo
(popolazione, folla, società, foresta, bosco, coltivazione, sciame, mandria,
stormo, colonia batterica ecc.). Di esse, della salute e della malattia,
possiamo constatarne l’esistenza, la fenomenologia, il loro rapporto di
regola/eccezione e possiamo e dobbiamo continuare ad occuparcene a livello
intuitivo per l’aspetto teorico di definizione-spiegazione e di diagnosi e di
prognosi da una parte e a livello pratico-empirico per l’aspetto dei rimedi e
delle prevenzioni e delle cure dall’altro. Come fanno, a ben vedere, a ben
vedere con onestà intellettuale, i medici per gli esseri umani, i veterinari
per gli animali e gli agronomi per le piante da tanto, tantissimo tempo e con
enormi e grandi progressi e successi. A livello intuitivo e a livello empirico.
Senza, dunque, ed ancora, pretese di purezza razionale … come se fosse davvero
possibile rendere la Medicina (umana, animale, vegetale) una scienza
esatta! Del resto, quando sentiamo
qualche saggio medico, qualche saggio veterinario e qualche saggio agronomo
invocare, Oggi più che mai, le necessità di “più empatia e meno matematica”, di
“più sintesi generale e meno frammentazione specialistica” di “più osservazione
diretta e meno tecnologia” tanto nella formazione quanto nell’esercizio
professionale dei medici degli uomini, dei medici degli animali e dei medici
delle piante, il senso è proprio quello evidenziato. Proprio a livello
intuitivo di comprensione della salute e della malattia (e per quanto sia
possibile tradurre e comunicare razionalmente le intuizioni che sono e saranno
sempre più grandi, maggiori, delle parole e delle formule ecc. che si trovano e
si potranno trovare), la mia intuizione olistica – che spontaneamente si attiva
soprattutto ed ovviamente riguardo alle piante – mi suggerisce quanto
segue: la malattia è un fenomeno sempre complesso cioè multifattoriale, multidimensionale,
mai con una causa ma sempre con più cause e di diversa natura e tipologia e
in rapporti a volte anche non-lineari,
anche casuali (caso) ed anche caotici (caos). La malattia è un
fenomeno sempre complesso anche quando sembra non esserlo. Ed è un fenomeno
sempre legato, caso per caso, anche alla storia
delle particolari condizioni vissute dall’organismo (storia di anni o di mesi o
di giorni o di ore o di minuti). La malattia si materializza, si manifesta,
tanto a livello di singolo organismo quanto a livello collettivo di organismi,
per la rottura (totale o parziale, definitiva o temporanea, ma sempre
situazionale e complessa) di un equilibrio, a sua volta complesso, ma
fisiologico e normale, che, quando integro, permette l’emergere di un particolare quid
olistico che altro non è che lo stato di salute, la salute. L’emergere - il
lettore ormai ci sarà positivamente abituato ma non è un male ribadirlo - è
inteso non in senso comune ma è inteso come da Emergentismo (vedere). Mentre
l’equilibrio - inteso in modo tipicamente olistico ma anche secondo una
personale rielaborazione olistica – è l’equilibrio tra l’energia dell’organismo
da una parte e la materia dello stesso organismo dall’altra o meglio tra il
dinamico fluire dell’energia dell’organismo da una parte e le resistenze
materiche dello stesso organismo dall’altra o meglio ancora tra le energie in gioco. Visto che l’Intuizione
profonda suggerisce che l’unica realtà ed entità esistente è l’Energia, che
dunque la “materia” altro non è che una particolare (condensata) forma di
Energia, che tutto ciò è stato intuito, immaginato e dimostrato, a livello
teorico, dal quel genio chiamato Albert
Einstein (la famosa formula E=mc2), che tutto ciò è stato
dimostrato, successivamente, anche livello sperimentale, da numerosissimi
esperimenti in tutto il Mondo e che tutto ciò come se non bastasse, è
-incredibilmente e curiosamente - in perfetto accordo con l’antica saggezza
delle filosofie orientali (Taoismo, Zen ecc.) nonché in perfetto accordo con la
saggezza dei primi filosofi greci. Riguardo, invece, al livello empirico per cercare
di gestire e porre rimedio alla malattia con speranza di guarigione
dell’organismo, l’esperienza ci mostra e ci dimostra l’assoluta necessità di
armonizzare gli interventi terapeutici caso per caso. Vi è una variabilità, una
specificità individuale e soggettiva, che rende illusorio o irresponsabile
qualunque tentativo o atto di generalizzazione terapeutica, di omogeneizzazione
terapeutica, di standardizzazione terapeutica, di schematizzazione terapeutica,
di schedatura terapeutica. Tutto l’intero percorso sanitario – e per le piante
fitosanitario – di anamnesi, diagnosi, prognosi, terapia ed applicazione della
terapia (sia che esso venga condotto a livello clinico, sia che esso venga
condotto a livello clinico con successivo aiuto e supporto strumentale) è bene
che abbia carattere euristico (e non
algoritmico): non può essere un metodo prestabilito, uno schema prestabilito,
un protocollo prestabilito ecc. ad inquadrare correttamente un caso sanitario
(sia esso un caso individuale come, ad esempio, un singolo ed isolato albero,
sia esso un caso collettivo come, ad esempio, un bosco, un frutteto, un filare
alberato ecc.). Ma esattamente il contrario: è un caso clinico (individuale o
collettivo) che con le sue peculiarità e specificità, con il suo quid emergente (semplice o composto),
può suggerire un metodo o meglio una metodica, uno schema da creare
appositamente e da seguire, un percorso da individuare specificatamente, una
terapia da ideare ad hoc ecc. Ed ora dico
la mia sul fenomeno del disseccamento rapido degli ulivi in Salento, il noto
caso Xylella-CoDiRO. La mia è una ipotesi, una ipotesi olistica, sul perché e
sul come gli ulivi disseccano rapidamente, con relativa e deduttiva proposta di
rimedio. Il discorso procederà in modo paradigmatico. Del resto, questo libro è
un libro paradigmatico. Chi si aspetta ora, qui, tra queste pagine, dettagli,
particolari dettagli, particolari cifre, grafici, assi cartesiani e quant’altro
se non addirittura dimostrazioni, prove e quant’altro (che sempre - e quindi anche
nel mio piccolo caso - spettano al successivo momento sperimentale della
Scienza, della Tecnologia e della Tecnica e non all’antecedente momento
teorico, paradigmatico ed indipendente delle stesse) non ha ancora ben chiaro
il senso e lo scopo di questo libro (senso e scopo, del resto, facilmente
intuibili tanto dal titolo del libro stesso quanto dall’Avvertenza e
dall’Introduzione in apertura del libro stesso). Teorie? Paradigmi? Certo. Che
poi sono le cose fondamentali, le cose più importanti. Aspetti che devono
precedere tutto e tutti. Per non imboccare strade metodologiche, di dettaglio
ed operative sbagliate! Come invece è stato fatto – hanno fatto - fino ad ora,
purtroppo … E aspetti che devono essere
mantenuti, ricordati, tenuti a mente, per continuare sempre bene il percorso,
senza inciampi, si fosse anche sulla strada giusta ….. Bene.
Il tutto nasce da intuizioni che ho avuto in diversi viaggi
che ho effettuato in Salento, in particolare nel Salento leccese, dal 2012 a
tutt’oggi, per diversi ed altri motivi (di lavoro e non). Osservando gli ulivi
negli agri dei Comuni di Gallipoli, Alezio, Sannicola e poi di Taviano, Racale,
Alliste, Ugento, Taurisano, Ruffano, Casarano e poi di Supersano, Scorrano,
Maglie e poi di Martano, Carpignano salentino, Melendugno ma anche osservando
gli ulivi in Provincia di Taranto nei pressi di Avetrana e Manduria ed anche ed
infine gli ulivi in Provincia di Brindisi nei pressi di Torchiarolo e S. Pietro
Vernotico, percepivo, e percepisco tutt’ora, che qualcosa non tornava, e non
torna tutt’ora, portando a sintesi quando andavo osservando, ed osservo
tutt’ora, nella stupenda terra di Salento, con quando andavo apprendendo, ed
apprendo ancora, dai media circa le cause e circa l’espandersi del fenomeno
Xylella o meglio del fenomeno CoDiRO (Complesso del Disseccamento Rapido
dell’Olivo). Innanzitutto mi rendevo conto, e mi rendo conto tutt’ora, che il
fenomeno Xylella-CoDiRO non aveva, e non ha, carattere epidemiologico. Che non
era, e non è a tutt’oggi, una epidemia. Sebbene in alcuni punti dell’intero
agro-ecosistema salentino vi erano, e vi sono tutt’ora, dei veri e propri
cimiteri d’ulivi (numerosi alberi completamente secchi) ed in altri ci si
avviava, e probabilmente ci si avvia anche oggi, ad avere gli stessi scenari,
questi punti caldi, questi focolai erano, e lo sono tutt’ora, dei punti
appunto. Hanno sempre rappresentato, e rappresentano ancora, un bassa
percentuale (sia in termini di superfici in ettari, sia in termini di numero di
piante d’ulivo) dell’intero territorio coinvolto. Più numerose e più estese
zone con ulivi sani, senza alcun sintomo e segno di disseccamento, hanno sempre
separato, e separano ancora oggi, hanno sempre intervallato, ed intervallano
ancora oggi, le zone colpite. Sono sempre stati, e sono ancora oggi, diversi milioni gli ulivi sani, da Santa Maria
di Leuca ai confini a Nord della Terra di Salento, rispetto a qualche migliaio
di ulivi colpiti da disseccamento rapido. Diversi milioni a fronte di qualche
migliaio. Non vi è storia, dunque, tra un quadro epidemiologico (inesistente)
ed un quadro - sebbene serio - a carattere non epidemiologico (esistente). Se
si fosse trattato, e se si trattasse ancora oggi, di epidemia avremmo
certamente osservato e rilevato (direttamente in campo o con l’ausilio dei
satelliti o dei droni) e certamente osserveremmo e riveleremmo ancora oggi, un
maggior numero di alberi coinvolti ed una maggiore omogeneità e continuità dei
focolai. Tutto ciò invece non si mai materializzato, né si sta materializzando
(come le osservazioni di campo ed anche integrate dalle osservazioni
satellitari ed anche integrate dalle osservazioni tramite droni) hanno sempre
mostrato e continuano a mostrare. Del resto, non vi sono mai stati, né vi sono
ancora oggi!, studi, indagini, approcci e quant’altro a carattere
epidemiologico per l’appunto, per confermare o per smentire lo stesso carattere
epidemiologico del fenomeno, con relative e conseguenti e sensate decisioni. E
questa lacuna, questo vuoto, questa mancanza è un aspetto grave ma anche
curioso …. Ma andiamo avanti: ed è stato, ed è altresì, evidente che il
carattere rapido del fenomeno ha
riguardato, e riguarda ancora, il progredire, l’avanzare del disseccamento
rapido nell’ambito delle singole piante, in seno ai singoli alberi d’ulivo, e
non anche riguardo all’espansione territoriale del fenomeno. Espansione che,
invece, ha avuto, ed ha ancora, un carattere esattamente opposto cioè lento. Il che è anche una dimostrazione
(casomai ce ne fosse davvero bisogno …) di uno dei principi fondamentali
dell’Olismo vale a dire che man mano si sale di livello di complessità (in
questo caso: singolo albero sistema complesso, coppia d’alberi sistema più
complesso, decina di alberi sistema ancora più complesso, centinaia di alberi
ecc. ecc. ecc.) emergono proprietà
nuove, non presenti nei livelli inferiori di complessità, non direttamente e
linearmente riconducibili agli stessi e precedenti livelli inferiori di
complessità e meno che mai riducibili alla somma degli stessi livelli inferiori
di complessità o addirittura alla somma di alcune loro parti (in questo caso:
emergono, andando dal singolo ulivo alle diverse combinazioni collettive e
territoriali di ulivi, nuove proprietà
- olistiche, in più, come quid emergenti - di tolleranza, di resistenza
e di resilienza e quindi ed in
definitiva di prevalenza della salute sulla malattia). Ma su questo ci
ritorneremo. Andiamo avanti: la mia attenzione intuitiva, dunque, si è
concentrata, sempre più concentrata, sul fenomeno. Mi è apparso subito evidente
che il fenomeno in questione non era, e non è ancora, semplicemente e
solamente, il disseccamento rapido degli ulivi. Il disseccamento rapido è parte del fenomeno che invece, nella sua
interezza, è ben più ampio, articolato e complesso.
Infatti, portando a sintesi: a) le mie osservazioni dirette (svolte sul
territorio salentino in lungo e in largo e nel complessivo arco di quattro
anni), b) quanto riferitomi direttamente da diverse persone e a vario titolo
coinvolte e c) quanto appreso dai media (con un aggiornamento, in questo caso,
praticamente quotidiano), il Fenomeno si articola in almeno (almeno) 11 punti
(alcuni anche paradossali): 1.disseccamento rapido di qualche migliaio di ulivi
in mezzo a milioni di ulivi sani; 2.produzione di olio extravergine di buona o
di addirittura ottima qualità ed anche da parte degli ulivi colpiti da
disseccamento rapido; 3.disseccamento rapido su ulivi sia in convenzionale, sia
in integrato, sia in biologico; 4.disseccamento rapido su olivi in appezzamenti
sia curati, sia semi-abbandonati, sia abbandonati; 5.presenza territoriale del
batterio Xylella fastidiosa sub
specie pauca (in un unico ceppo o in
più ceppi); 6.ulivi con disseccamento rapido e con la presenza del batterio;
7.ulivi con disseccamento rapido ma in assenza del batterio; 8.ulivi senza
disseccamento rapido ma con la presenza del batterio; 9.ulivi senza
disseccamento rapido e in assenza del batterio; 10.presenza territoriale ed
ubiquitaria dell’insetto cicadellide Philaenus
spumarius (detto “sputacchina”)
individuato come vettore del batterio; 11.assenza o scarsa presenza del
disseccamento rapido sulle altre piante ospiti del batterio presenti in Salento
(oleandro, ad esempio). E’ di solare evidenza, quindi, che tutte le spiegazioni
che sono state date fino ad oggi del Fenomeno (e, manco a farlo apposta, tutte
collocate nel Paradigma del Riduzionismo …., tanto individuale quanto
collettivo …..) non spiegano affatto il Fenomeno! L’intero Fenomeno! Spiegano
solo parti del Fenomeno. Ma non tutto. C’era bisogno d’altro …. (anche in sedi
decisionali ….). Ma andiamo avanti: da olista, dunque, ho visto – sulla
constatazione del Fenomeno – attivarsi spontaneamente la mia intuizione che ha
prodotto nella mia mente una immagine articolata e complessa e che ora cercherò
il più possibile di tradurre in discorso razionale e di comunicare. Essa
costituisce la mia ipotesi, appunto, sul Fenomeno Xylella-CoDiRO in Salento e
che, ovviamente, come tutte le ipotesi necessita di essere provata, testata,
sperimentata. Anche ed eventualmente migliorata. Ma che, in ogni caso riesce
già a fare una cosa significativa e nuova: riesce a dare ragione e spiegazione
di tutto il Fenomeno (almeno come è conosciuto fino ad ora), di tutte le sua
parti, di tutte le relazioni. Ed andandoci utilmente oltre. Del resto, diceva
Goethe: “Le idee audaci sono pedoni mossi in avanti su una scacchiera. Possono
essere eliminate, ma possono anche dare inizio a un gioco vincente”. Il lettore
che ora si appresta a leggere la mia ipotesi (con relativa e deduttiva ipotesi
di rimedio) tenga ben presente non solo tutto il presente capitolo ma anche
l’Avvertenza e l’Introduzione che sono in apertura di questo libro. Buona
(avventura) di lettura: i cambiamenti climatici globali (particolarmente
pronunciati ed intensi, nel Mondo così come in Italia, proprio in questi ultimi
anni, come percepito da tutti noi e come mostrato e dimostrato dai più che noti
dati meteorologici) hanno avuto ed hanno particolare incidenza sugli ulivi del
Salento. La combinazione ulivi-Salento presenta delle peculiarità e delle
specificità uniche. Si tratta di ulivi a cui è stato conferito, tramite le
potature, un habitus morfologico e dunque fisiologico del tutto particolare e
ben diverso dall’habitus morfo-fisiologico che si riscontra negli uliveti delle
altre zone della Puglia così come della vicina Basilicata. L’habitus degli
ulivi salentini è sviluppato anche e soprattutto in altezza, è rigoglioso,
molto vicino all’habitus naturale dell’olivo. E ciò a prescindere dall’età
secolare di molti ulivi salentini. Ulivi salentini giovani vengono gestiti con
lo stesso habitus evidenziato, così come ulivi secolari in altri territori
meridionali (altre zone pugliesi, zone lucane ecc.) presentano un habitus
differente. Ed il clima del Salento presenta peculiari caratteristiche che lo
differenziano di molto dalle altre zone del Sud (resto della Puglia,
Basilicata, Calabria ecc.): in particolare, l’umidità dell’aria (tra i due mari
Jonio e Adriatico vicinissimi) è alta anche se si traduce poco in piogge. Le
temperature generalmente miti anche in inverno
a volte crollano decisamente soprattutto quando spirano venti dai
relativamente vicini Balcani. Ed il vento, in genere, è ben presente in Salento
anche in estate. Dunque, il significativo cambiamento climatico globale di
questi ultimi anni e periodi, ha inciso particolarmente sul binomio
ulivi-Salento: sul clima salentino, sfasandone ed alterandone le sue unicità e
già di per sé in delicato equilibrio e se vogliamo anche in paradossale
equilibrio (aria umida ma con scarse piogge; temperature miti ma con crolli
termici improvvisi, ecc.); sulle piante d’ulivo, sfasandone ed alterandone la
fisiologia già legata ad un particolare habitus a sua volta adattatosi, in anni
e secoli, all’ambiente salentino di cui il clima è elemento fondamentale a sua
volta parte del clima globale che va cambiando. Il tutto si è sinergizzato in
una condizione di stress per gli ulivi salentini particolarmente pronunciata,
trattasi dunque di uno stress alto.
Con ogni probabilità tutti gli ulivi del Meridione d’Italia, d’Italia e
d’Europa (Corsica e Provenza, ad esempio) si trovano sotto un stress medio per gli effetti dei
cambiamenti climatici perché l’olivo pur essendo pianta longeva, resistente e
resiliente, è allo stesso tempo pianta lenta nella crescita e di conseguenza
lenta anche nell’adattarsi ai cambiamenti climatici e più in generale ai
cambiamenti ambientali. Tuttavia, a differenza degli ulivi salentini, gli altri
ulivi (baresi, lucani, calabresi, europei ecc.) non hanno vissuto o non vivono ancora
una condizione di stress alto,
pronunciato, o perché vivono situazioni climatiche simili a quelle salentine ma
con un habitus fisio-morfologico diverso oppure perché pur avendo un habitus
simile a quello presente in Terra di Salento vivono altre condizioni climatiche
oppure per peculiare combinazione di altri fattori. Sta di fatto che la
combinazione, il binomio ulivi-Salento (con tutte le sue peculiarità e
specificità evidenziate) è unico. Quanto all’espansione verso Nord del fenomeno
del disseccamento rapido, in realtà non si tratta di una espansione, di un
avanzamento, di contagio, di espansione territoriale del contagio, dell’insetto
vettore che si muove o che viene mosso (con i mezzi di trasporto, ad esempio)
ecc. Si tratta, invece, di un materializzarsi locale di quelle particolari
condizioni multifattoriali di stress (medio e soprattutto alto) per le piante
d’ulivo. Ed esse si materializzano in seguito, successivamente a quelle avutesi
nelle prime zone e nei primi tempi del fenomeno perché man mano che ci si
sposta dal Salento leccese gallipolino verso Nord Est, verso Nord e verso Nord
Ovest il clima si fa man mano più stabile nel suo complesso e l’habitus degli
ulivi diventa man mano più simile a quello degli ulivi delle altre zone della
Puglia, delle zone della Basilicata ecc. Sempre nel complesso. Ma andiamo
avanti: sulla generale debolezza degli ulivi salentini così determinata, lì
dove si aggiungono ulteriori fattori negativi come, ad esempio, un terreno
particolarmente povero di sostanza organica, significativi residui di
diserbanti e/o di fitofarmaci, significativa presenza di funghi parassiti,
significativa presenza della mosca dell’olivo ecc., emerge il fenomeno del disseccamento rapido. Emerge. Non in senso comune ma come da Emergentismo. Il fenomeno
del disseccamento rapido non è causato, ma emerge.
Non è l’effetto di una causa, secondo il classico, riduzionistico e deterministico rapporto di
causa/effetto. E non è nemmeno l’effetto di più cause, secondo un “allargato”
rapporto di causa/effetto ma sempre classico, riduzionistico, deterministico …
Il fenomeno del disseccamento rapido emerge da un complesso di fattori negativi e
specifici per ogni pianta e che si sinergizzano in modo specifico per ogni
pianta. In un contesto di generale stress ed indebolimento questo sì causato
dal cambiamento climatico globale, particolarmente incisivo in Salento (come
abbiamo visto), particolarmente incisivo per gli ulivi salenti (come abbiamo
visto). Ed il sinergizzarsi specifico dei fattori negativi è del tutto casuale e non-lineare e caotico. Le
piante senza sintomi sono tali perché altrettanto casualmente, per caso, per
puro caso, su di esse non si è materializzata una particolare combinazione di
fattori negativi (pur presenti) tale da far emergere il disseccamento rapido.
Oppure perché vi sono fattori negativi anche importanti ma sono pochi, troppo
pochi perché si possa avere una situazione di complessità e tale da permettere l’emergenza del disseccamento rapido. Oppure, infine, perché di
ulteriori fattori negativi – fermo restando la condizione di stress medio e di
debolezza per habitus e clima – non ve ne sono. Il batterio Xylella fastidiosa, certamente presente
nell’agro-ecosistema salentino, di per sé innocuo o non particolarmente
problematico per gli ulivi, può divenire uno dei tanti fattori negativi per gli
ulivi in una eventuale e casuale e non lineare ed anche caotica sinergia con
altri fattori negativi presenti. Può concorre anch’esso a rendere complessa,
ancora più complessa, la preesistente situazione di stress per le piante
d’ulivo e dunque concorre anch’esso all’emergere del disseccamento rapido. Ma
non come concausa, bensì come ulteriore elemento di complessità da cui il
fenomeno del disseccamento rapido emerge, emerge spontaneamente. È diverso, è
ben diverso. Da altra prospettiva: dove
il batterio Xylella fastidiosa, non
si è trovato, per puro caso, a non assortirsi, a non combinarsi, a non
sinergizzarsi con altri fattori negativi per gli ulivi (scarsa sostanza
organica nel terreno, residui tossici di diserbanti, funghi patogeni, mosca
ecc.), altri fattori negativi però sufficientemente numerosi e critici, il
disseccamento si è manifestato. Ecco perché si sono avuti, si hanno e si
potranno ancora avere sia ulivi con disseccamento rapido e con la presenza del
batterio, sia ulivi con disseccamento rapido ma in assenza del batterio, sia
ulivi senza disseccamento rapido ma con la presenza del batterio, sia ulivi
senza disseccamento rapido e in assenza del batterio. Ed ecco perché qualunque
sia la sub specie o qualunque siano le sub specie del batterio Xylella fastidiosa in Salento, così come
quanti e quali siano i ceppi, così come in qualunque modo esso sia giunto in
Salento e da quanto tempo e come esso si muova sul territorio, sono aspetti del
tutto irrilevanti ai fini, sul piano teorico, della comprensione e della
spiegazione dell’intero Fenomeno e della deduzione dei rimedi, e ai fini, sul
piano pratico, dell’applicazione in campo degli stessi rimedi da parte degli
agricoltori. Del resto, l’appellarsi ai Postulati di Koch (che Oggi, nel continuo e progressivo affermarsi del
Paradigma dell’Olismo, andrebbero comunque ed eventualmente considerati solo
per il loro merito storico, visto che sono espressioni dell’ormai superato
Paradigma del Riduzionismo) è stato vano ed inutile in quanto il primo
postulato di Koch non è stato soddisfatto e non viene soddisfatto, come è noto.
Ma in generale il Riduzionismo (praticamente tutto ciò che è stato detto e
fatto finora da parte dell’establishment ….) non riesce a spiegare o lo spiega
in un modo a dir poco insoddisfacente il paradossale punto n. 2 del precedente
elenco di (almeno) 11 punti, vale dire la produzione di olio extravergine di
buona o di addirittura ottima qualità anche da parte degli ulivi colpiti da
disseccamento rapido! Ebbene, la cosa sarà sicuramente oggetto di non pochi
lavori mentali e teorici nel prossimo futuro ma l’Olismo - ed in particolare il
mio olismo - riesce già a starci su (il che non è poco ….): i due aspetti
(produzione di ottimo olio da una parte e disseccamento rapido dall’altra)
considerati separatamente e/o in modo riduzionistico specialmente con le
categorie di “malattia” ed di “salute” considerate in modo rigido, netto e
rigoroso conducono ad un paradosso. Se, invece, immaginati e considerati come
aspetti di un Tutto e precisamente – prendendo a prestito la terminologia
dell’Antico e saggio Oriente - come un momento yang la produzione di ottimo
olio e come un monento yin il
disseccamento rapido, essi si uniscono e si compongono e ricompongono in un
unico, sensato e olistico Tao. Il che
forse non può essere una spiegazione definitiva ma sicuramente apre ed indica
una strada giusta perché già dotata di senso e significato. Figuriamoci poi se
ci si prende la briga di percorrerla la giusta strada e fino in fondo. Dunque,
quali sono, già oggi, i rimedi? Cosa possono fare, già ora, gli agricoltori? O
cosa avrebbero potuto già fare gli agricoltori? O cosa potrebbero ancora fare
gli agricoltori? E’ evidente che, secondo tutta questa mia ipotesi sul fenomeno
del disseccamento rapido degli ulivi in Salento, sono del tutto inutili e privi
di senso ai fini del contenimento del fenomeno o della sua prevenzione o della
sua eradicazione sia l’abbattimento degli ulivi (disseccati o in disseccamento
o sani), sia la lotta all’insetto vettore, sia la lotta al batterio Xylella fastidiosa, sia l’impiego di
varietà d’olivo “resistenti” (?) o “tolleranti” (?) ed anche a mo’ d’innesto,
sia i monitoraggi (di cosa?). Così come è evidentissimo che trattasi di una
problematica non in seno agli ulivi salentini ma in seno all’intero
agro-ecosistema salentino (di cui le piante di ulivo sono parte, parte
protagonista, ma parte). E pertanto, ed ancora, è evidente che la prospettiva
generale di rimedio non può che essere quella della convivenza con la problematica che è stata, è, e sarà condizione cronica, con picchi
acuti, ma oramai e per sempre cronica. Cercando, se ci si riesce, e non è detto
che ci si riesca, con l’augurio ovviamente di riuscirci, di farle materializzare
i danni minori. La prospettiva dell’eradicazione così come quella della
prevenzione così come, e addirittura, quella della cura sembrano o meglio sono
del tutto irrealistiche e destinate allo scacco. Nella sola e realistica
prospettiva della convivenza, dunque,
ed al di là delle buone pratiche agricole di tipo ordinario sempre valide ma
poco o per nulla efficaci per la specifica problematica del disseccamento
rapido, credo che gli agricoltori possano fare, tentare (… avrebbero potuto già
fare e tentare?) quanto deduco dalla mia stessa ipotesi e che qui
schematicamente ed in sintesi propongo in tre punti (… e i dettagli?
Eventualmente, da approntare successivamente, anche collettivamente, e su
volontà ed interessamento - e fiducia - da parte dei soggetti eventualmente
interessati. Questo libro, lo ricordo, è di carattere paradigmatico. Che poi,
ricordo anche questo, è la cosa fondamentale. La cosa più importante. Aspetto
che deve precedere tutto e tutti. Per non imboccare, come ho già fatto notare, strade
metodologiche e di dettaglio sbagliate! Come invece è stato fatto – hanno fatto
- fino ad ora, purtroppo … E aspetto che deve essere, appunto, mantenuto,
ricordato, tenuto a mente, per continuare sempre bene il percorso, senza
inciampi, si fosse anche sulla strada giusta …). Contemporaneamente: a)tentare di velocizzare il ri-adattamento
degli ulivi al mutato regime climatico (ri-adattamento che avverrebbe comunque
spontaneamente, naturalmente, anche con l’habitus attuale, ma che avverrebbe in
tempi lunghi, troppo lunghi, anzi lunghissimi per le esigenze di sostenibilità
agricola, produttiva e di reddito degli agricoltori). In che modo? Agendo
sull’habitus delle piante d’ulivo e ciò effettuando delle potature di riforma dello stesso habitus. Escludendo qualsiasi
intervento di selvaggia “capitozzatura” degli ulivi, gli agricoltori dovrebbero
seguire un Piano Straordinario di
Potature di Riforma dell’Habitus
degli ulivi salentini, di durata almeno triennale, ed adeguatamente aiutato
e sostenuto con idonei finanziamenti agli agricoltori da parte delle
Istituzioni (locali, nazionali, europee): potature annuali, da studiare
appositamente, ma che ad ogni modo, progressivamente e dolcemente, in almeno 3
anni appunto, dovranno portare gli ulivi ad assumere un habitus
morfo-fisiologico diverso, del tutto diverso per il Salento, simile cioè a
quello degli ulivi nelle altre zone della Puglia, ma più idoneo al mutato
regime climatico-ambientale, cercando così di sottrarre il più possibile le
piante d’ulivo a quello stress specificatamente alto per il Salento come si è detto e mostrato e che è condizione
di base, predisponente, all’emergere del disseccamento rapido con le modalità
di cui si è detto. Si perderebbe, ovviamente, qualcosa in termini di
specificità paesaggistica degli oliveti salentini (perché appunto non si
avrebbe più l’habitus morfo-fisiologico tipico del Salento, habitus bellissimo
ma ormai inidoneo in un Mondo ecologicamente stravolto, ma si avrebbe, si
arriverebbe, ad un habitus simile a quello che si riscontra nell’olivicoltura
brindisina non salentina, tarantina non salentina, barese, lucana ecc. e
comunque altrettanto valido dal punto di vista paesaggistico ma sicuramente più
idoneo a resistere ai capricci ecologici del Nostra Bella Epoca …!); b)aumentare
il grado di complessità biologica, organica e soprattutto energetica dell’intero agro-ecosistema salentino sia coltivando,
all’interno degli uliveti, tra gli ulivi, piccoli ortaggi, piccoli frutti ed
erbe aromatiche, sia allevando, sempre all’interno degli stessi uliveti, tra
gli stessi ulivi, api ed animali da cortile. Avendo cura di sovesciare e di
interrare ciclicamente tutti i residui colturali e/o le deiezioni animali.
Dove, ovviamente, è possibile fare tutto ciò per peculiarità positive (di spazio,
di giacitura dei terreni ecc.) offerte dai luoghi. E a ben vedere sono la
maggior parte dei luoghi ad oliveto del Salento che sono idonei in tal senso;
c)concimazioni (anche ed eventualmente fogliari) certamente a base di silicio (per l’irrobustimento dei
tessuti in generale) e di zinco (per
la resistenza al gelo). Ed anche a base di fosforo
(per la resistenza alle avversità climatiche ed atmosferiche in genere) e di potassio (per la resistenza alla
siccità) se questi due ultimi elementi fossero poco presenti nel terreno. Del
resto, cosa hanno da perdere gli agricoltori salentini nel seguire questa
ipotesi (per la comprensione e la spiegazione del Fenomeno) e nel praticare i
rimedi che da questa ipotesi appunto discendono (per cercare di convivere al meglio
con il Fenomeno limitandone il più possibile i danni)? Non risulta che altre
ipotesi ed altri rimedi abbiano funzionato o funzionino. No? Del resto, se
questa mia ipotesi non fosse giusta ed i relativi rimedi non funzionassero, la
mia ipotesi ed i relativi rimedi sarebbero esattamente sullo stesso piano delle
ipotesi e dei rimedi propinati fino ad ora dall’establishment (accademico,
professionale, istituzionale ecc.)! Con la differenza che io, e da solo, l’ho
fatto oltre il mio lavoro mentre gli esponenti dell’establishment l’hanno
fatto, ed in collettivo, nell’ambito del loro lavoro! E, quando pubblici
dipendenti, pagati con i soldi di noi tutti cittadini d’Italia! D’altra parte,
diceva Galileo Galilei (insuperato ed insuperabile negli aspetti culturali): “In questioni di Scienza,
l’autorità di un migliaio di persone non vale tanto quanto l’umile ragionamento
di un singolo individuo. Le verità scientifiche non si decidono a
maggioranza“.Ma se la mia ipotesi fosse giusta e i suoi rimedi funzionassero, sarei
felicissimo per la Terra di Salento che frequento sin da bambino e che amo sin
da bambino. E che da adulto ho imparato ad apprezzare ancora di più. Del resto,
se non sei oltre che un ideatore anche e soprattutto un idealista non ti metti
a razionalizzare (cosa difficilissima) una intuizione olistica (che è comunque
un vero dono, e misterioso). E non ti prendi pure la briga di scriverci un
capitolo di un tuo libro, per quanto attinente ed azzeccato sia l’imprevisto e
nuovo capitolo nel previsto e comunque già valido libro. Che sarebbe stato
pubblicato molto tempo prima ma che pubblicato dopo, con il nuovo ed imprevisto
capitolo, ha un sapore più dolce. Ed in un’Epoca amara e salata come la Nostra
…. direi che ci sta proprio bene! No? Auguri. Luca Fortunato lucaf73x@gmail.com ; fortunato.luca73@libero.it
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altri diritti connessi al suo esercizio).
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