Post 259
Un inizio d’anno culturalmente diverso (per
fortuna!)
Esattamente 60 anni fa, tra il 1° e l’8 gennaio 1959, i
rivoluzionari cubani si preparavano all’ingresso nella capitale l’Avana
chiudendo, così, il ciclo vittorioso della liberazione dell’Isola e aprendo,
altresì, il ciclo della costruzione della nuova società cubana. Nella notte di
Capodanno, infatti, il dittatore Fulgencio Batista fuggiva dall’Isola e nei
giorni successivi, fino all’8 gennaio per l’appunto, tutte le resistenze
dell’esercito regolare ancora presenti nell’Isola di Cuba vennero meno sotto i
colpi e gli avanzamenti dei rivoluzionari guidati da Fidel Castro e tra i quali
si distinse, in modo particolare, come è ampiamente noto, Ernesto Che Guevara. Questi
sono i fatti, la cronaca, di quei giorni. La storia di quei giorni, invece, come ogni storia e come la Storia (in
generale), è l’insieme dei fatti e del loro significato, è cioè l’insieme dell’oggettività
dei fatti e della soggettività della loro interpretazione. Sui fatti è
difficile (anche se non è impossibile) che le persone si dividano. In merito
alla storia, invece, va quasi sempre in scena la divisione tra le persone. Ma è
la storia che può avere qualche utilità, e non la mera sequenza e il mero
accertamento dei fatti (che è una pecca riduzionistica di gran parte del
giornalismo, anche odierno, anche nostrano, per esempio). Ebbene, sulla storia
di Cuba e sulla sua Rivoluzione (così come su ogni altra piccola o grande storia
in seno al nostro piccolo Pianeta Terra) ci si divide. E’ inevitabile. Ed è anche
giusto, se ci pensiamo bene. Il che però non esclude che anche sulla storia (e
non solo sui fatti) si possa, un giorno, essere non dico tutti d’accordo ma
quasi tutti d’accordo. Sarebbe una grande cosa. Specialmente ora che è iniziato
un 2019 dopo un 2018 che ha segnato il Mondo in modo terribile sotto tanti e
diversi aspetti e in diversi, troppi, suoi Paesi (compreso il Nostro). Abbiamo
bisogno di grandi storie, di grandi esempi. Le piccolezze (politiche, sociali,
culturali, nazionali, locali ecc.) stanno degradando e spappolando l’Umanità. Ma,
forse, siamo ancora in tempo per salvarla. Abbiamo, però ed appunto, bisogno
(nuovamente bisogno) di grandi storie e di grandi narrazioni che ci facciano da
guida. Per dirla in metafora: dobbiamo saltare tutti almeno 8 metri in lungo,
per salvarci tutti. Ma se affrontiamo il salto pensando agli 8 metri
probabilmente ne salteremo solo 7 o 6. Se invece affrontiamo il salto pensando
a 9 metri o a 10, probabilmente ne salteremo, per davvero gli 8 necessari. È la
funzione dell’utopia, del sogno, dell’ideale, dell’ideologia. È anche la
funzione dei cambi di paradigma. I rivoluzionari cubani non sono riusciti a
realizzare il 10 (l’uomo nuovo e la società perfetta) e nemmeno il 9 (la
società comunista). Ma, di certo, con in mente il 10 e il 9 hanno realizzato
l’8 (una società marxista) liberando, così, il popolo cubano dai livelli 7, 6,
….. ed anche 2, 1 e 0, a cui il dittatore Batista lo aveva soggiogato e
relegato. L’intero popolo cubano volle la Rivoluzione, partecipò alla
Rivoluzione, fu felice della vittoria della Rivoluzione. Ed anche oggi, dopo 60
anni, occorre rispetto per quell’8 (per quanto imperfetto sia e sia stato
quell’8. Nessuno nega niente). Proprio perché li ha comunque liberati dai
precedenti livelli (dal 7 allo 0) in cui marcivano (cosa da non dimenticare). E
per noi europei, invece? Qual’è il livello in cui siamo? Ed ora, stiamo
scendendo o stiamo salendo? E per noi italiani? Stiamo scendendo o stiamo
salendo? Siamo sicuri della direzione dei nostri movimenti tra i livelli
(culturali, etici, politici, sociali, economici, ecologici, ecc.)? Di sicuro,
occorre Olismo e non Riduzionismo per capire come stanno per davvero le cose e per
agire di conseguenza. Del resto, per i rivoluzionari (di ieri, di oggi, di
domani) il problema paradigmatico nemmeno si è posto, nemmeno si pone e mai
nemmeno si porrà, nel senso che la mente rivoluzionaria proprio non conosce il
Riduzionismo. Per fortuna. Il problema paradigmatico si è posto, si pone e
sempre si porrà per coloro che rivoluzionari non sono. La mente conservatrice è
riduzionistica mentre la mente riformista può essere riduzionistica o può
essere olistica. Ed è qui che ci giocheremo il Mondo. Da questo 2019 in poi. La
tenuta economica, la tenuta sociale, la tenuta politica e la tenuta
ecologica dei vari Paesi del Mondo (compreso
il Nostro) e quindi del Mondo stesso sono tutte prossime al punto di
non-ritorno. E quindi: cosa faranno i riformisti? Perché di rivoluzionari non
credo ce ne siano più e non credo ne nasceranno più. E perché di conservatori
il Mondo è sempre pieno ma è un Mondo divenuto pericoloso e rischioso anche per
loro e per le loro fortune perché mai prima d’ora il Mondo ha avuto punti di
non-ritorno di tipo oggettivo: punto di non-ritorno ecologico (cambiamento climatico,
crisi energetica, inquinamento di grado elevato, ecc.) e punto di non-ritorno
sociale (terrorismo atipico e diffuso, migrazioni inarrestabili, disuguaglianze
troppo profonde, tenuta psicologica e comportamentale a rischio anche nella gente benestante e
sistemata perché inconsciamente percepisce dove il Mondo sta andando, ecc.). Dunque
cosa faranno i riformisti? Perché è nelle loro mani che si gioca il presente e si
giocherà il futuro di tutti. Nei vari ambiti della Società (politica, economia,
scienza, tecnica, cultura, etica, ecc.; agricoltura, industria, servizi ecc.),
i riformisti si muoveranno nel Riduzionismo o si muoveranno nell’Olismo? O
meglio: la maggior parte di essi continuerà a muoversi nel Riduzionismo e/o
nello pseudo-olismo oppure cambierà e finalmente seguirà quei pochi virtuosi
che da tempo si muovono nel vero Olismo? Auguriamoci che validi esempi storici
come quello di Cuba possano permettere la giusta ispirazione e quindi la giusta
scelta. Vedremo cosa accadrà. Intanto, buon 2019 a Tutti Noi. Luca Fortunato (Matera).
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