Post n. 53:
Aspettando il mio
1° libro – 5
Ieri, 18 maggio, è stato l’anniversario di nascita del grande
filosofo, logico, matematico, scrittore e Premio Nobel per la Letteratura
Bertrand Russell (1872-1970). Avrei
voluto rendergli omaggio ieri ma impegni non me l’hanno consentito. Oggi trovo
il tempo per farlo. Tra i libri che hanno sempre accompagnato la storia dei
miei giorni e sempre l’accompagneranno, c’è anche il famoso capolavoro di
sintesi divulgativa di Russell “Storia della Filosofia Occidentale” (… 800
pagine … per la Storia della Filosofia d’Occidente … sono davvero una mirabile
sintesi …. che solo un genio come Russell poteva riuscire a fare … tra l’altro
con un linguaggio chiaro, semplice, efficacissimo … ). Nella Introduzione del
libro, il grande Russell, nel chiarire quello che lui ritiene debba essere il
vero significato e senso di “filosofia” – che personalmente condivido – esemplifica
alcune delle domande fondamentali che la Filosofia si pone. Tra queste c’è n’è
una che la prima volta che la lessi, a 20 anni, mi aprì la mente, che quando la
rilessi, a 30 anni, mi stimolò la mente e che ripresa, a 40 anni, mi indirizzò
la mente dandole forza e fermezza. La domanda è questa: “Vi sono realmente
leggi di natura o noi crediamo in esse soltanto per il nostro innato amore
dell’ordine?”. La domanda ha una importanza enorme. Ad essa ognuno può
rispondere come crede. Ma il porre la domanda, ed il porsela, significa una
cosa enorme. Nel corso della Storia, diversi filosofi (così come anche diversi
scienziati) vi hanno risposto. In modi diversi. Personalmente, vi ho trovato
risposta anche e soprattutto in parte della Filosofia di Henri Bergson
(1859-1941) soprattutto nelle pagine del suo capolavoro “L’evoluzione
creatrice”. Traendone, deducendone e
vivendone tutte le implicazioni (teoriche, paradigmatiche, culturali, pratiche,
lavorative, quotidiane ecc.). Bisogna pur collocarsi. O meglio, acquisire
consapevolezza delle propria collocazione di fatto. Perché chi crede di non
collocarsi o di non essere collocato (con il suo stile di vita, con le sue
scelte, con il suo modo di lavorare ecc.) in un ambito della Filosofia si
sbaglia di grosso, è nell’illusione più grande. Tutti – consapevolmente o inconsapevolmente
– abbiamo una collocazione filosofica e tutto ciò che facciamo, diciamo,
scriviamo, sosteniamo ecc. ce l’ha. Tanto vale esserne consapevoli. Ma, dicevo,
della Filosofia di Bergson, altro gigante di luce. E mai autore ne ha dato
ritratto più lucido ed esemplare (e che per l’Olismo è un vero e proprio bacio)
di come ha saputo fare il genio di Russell nella sua “Storia della Filosofia
Occidentale” per l’appunto e di cui ora riporto un brevissimo ma significativo,
essenziale, frammento: […] “La caratteristica essenziale dell’intuizione è che
essa non divide il mondo in cose separate, come fa l’intelletto. E benché
Bergson non usi queste parole, potremmo definirla sintetica piuttosto che
analitica. In essa c’è una molteplicità di processi interdipendenti, non di cose
spazialmente esterne l’una all’altra. In verità non ci sono cose: “Le cose e gli stati sono solo
occhiate gettate dal nostro spirito sul divenire. Non ci sono cose ci sono solo
azioni”. Questa concezione del mondo che appare difficile e innaturale
all’intelletto, è facile e naturale per l’intuizione” […]. Ma il mio omaggio a
Russell continua per ancora un po’. Sempre dalle pagine del suo capolavoro, su
Hegel: […] “Hegel afferma che il reale è razionale, e che il razionale è reale.
Ma quando dice questo non intende con “il reale” ciò che avrebbe inteso un
empirista. Ammette, e ribadisce, che quelli che all’empirista sembrano fatti,
sono, e devono essere, irrazionali; è solo dopo che il loro carattere apparente
è stato trasformato per il fatto di vederli come aspetti del tutto, che ci si
avvede della loro razionalità”. Su Cartesio (con anche, in finale, una punta
del classico humor inglese …): […] “Nella teoria generale sul mondo materiale,
il cartesianesimo era rigidamente deterministico. Gli organismi viventi,
proprio come la materia bruta, erano governati dalle leggi della fisica. […] La conseguenza fu che tutti i movimenti della
materia venivano determinati da leggi fisiche e, dato il parallelismo, i moti
dello spirito dovevano essere anch’essi determinati […] C’è in Cartesio un
dualismo non risolto tra ciò che egli imparava dalla scienza contemporanea e la
cultura scolastica che gli era stata insegnata a La Flèche. Incappò così in
qualche incoerenza, tuttavia il dualismo arricchì la sua mente di idee
fruttuose più di quanto non avrebbe potuto capitare ad un filosofo
completamente logico […]. Su Talete: […] “ L’affermazione che tutto sia fatto
d’acqua va considerata come una ipotesi scientifica e non come una ipotesi
assurda. Venti anni fa il punto di vista accolto era che tutto fosse fatto di
idrogeno, che costituisce i 2/3 dell’acqua. I Greci erano temerari nelle loro
ipotesi […]. E sempre su Talete, Russell ci parla dell’aneddoto tramandato da
Aristotele: la gente prendeva in giro Talete che, in quanto filosofo, aveva sempre
la testa tra le nuvole, poco incline ad occuparsi di cose pratiche e
soprattutto di denaro. Al che Talete consultando le stelle (in senso
astronomico) intuì che nell’anno ci sarebbe stato un eccezionale raccolto di
olive, contrariamente a quanto andavano affermando gli uomini pratici. Ed
allora investì i pochi denari che aveva nell’affitto dei frantoi della zona, anticipando
gli eventuali concorrenti che, del resto, nemmeno ci furono, increduli com’erano.
Il raccolto eccezionale, ovviamente, ci fu e Talete si arricchì facendosi un mucchio
di soldi e lasciando a bocca aperta e a tasche vuote i suoi concittadini. Morale:
i “filosofi”, se vogliono, sanno essere molto più pratici degli altri uomini. E’
solo che a loro interessa altro, ben altro. E sono felici così. Ad Maiora! Luca Fortunato
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