Post n. 64:
Brexit – 2
Proseguendo
dal post n. 63, due considerazioni che ho fatto nella realtà e che ora riporto
in questo blog. 1. Cameron non è un politico. Fa il politico, ma non lo è (come
del resto non lo sono tantissimi che fanno politica, anche da Noi. Ma questo è
un altro discorso, terribile ma è un altro discorso). E non lo è perché ha
dimostrato di non avere le capacità di base del politico (a prescindere dall’indossare
camicia, giacca e cravatta e altri simili stereotipi). Vale a dire la capacità
intuitiva di cogliere l’umore della gente tutta (ci scorgete per caso dell’Olismo?),
la capacità - empatica ed utile - di ascoltare la gente tutta (ci intravedete
per caso dell’Olismo?) e la capacità di visione strategica circa l’opportunità
di fare o di non fare (ci trovate per caso dell’Olismo?). Certo che indire un
referendum del genere in un momento storico del genere (caratterizzato da
fenomeni delicatissimi quali le azioni terroristiche, i flussi migratori, la
crisi economica ed occupazionale, la liquefazione dei valori etico-morali ecc) non
può che portare alla diagnosi che Cameron non è un politico, nonostante lo
faccia. Tuttavia, Cameron si è comportato con dignità. Si è dimesso. E di
questo gli va dato atto. Un gesto non automatico, non banale, non scontato
(magari lo facessero tutti i politici, anche nostrani, una volta perso il
contatto con la realtà! Ma anche questo è un altro discorso. Terribile anche
questo ma sempre un altro discorso …..). 2. Delle diverse tipologie di
conseguenze della Brexit (finanziarie, economiche, politiche ecc.; visti,
passaporti, titoli di studio ecc.) mi focalizzo su quella che riguarda il cibo
italiano. La Gran Bretagna è uno dei più importanti mercati del mondo circa l’export
dei nostri prodotti agroalimentari ed enogastronomici d’eccellenza, in particolare
per quel che riguarda i vini (e specialmente gli spumanti), i formaggi (e specialmente
il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il Gorgonzola), gli ortaggi (e specialmente
le conserve di pomodoro ed i legumi) e la pasta. Cambieranno le modalità del
nostro export con la Gran Bretagna? Certamente sì. E soprattutto nel medio e
lungo periodo. Come cambieranno? E questo è un bel problema. Non possiamo
certamente aspettare di constatare gli avvenuti cambiamenti, di subirli
adattandovi pure. Non possiamo perché si tratta del quarto mercato più
importante al mondo per l’export d’Italia circa i prodotti agroalimentari ed
enogastronomici. Dobbiamo, dunque, anticipare nella nostra mente, teoricamente,
i probabili scenari di cambiamento delle modalità di export. Ed ideare qualcosa
da fare e da far fare. In anticipo. Non certamente domani mattina (che è pure
domenica!) o tra qualche settimana o tra un paio di mesi (la famosa ed inutile corsa
dei cento metri ….). Ma entro 6 mesi sì. Qualche riduzionista starà già facendo
analisi, consultando dati e cifre, leggendo trattati, accordi, norme, leggi,
convenzioni, articoli, commi e via dicendo, organizzando tavoli ecc. ecc. Tutta
roba buona si intende. Del resto lo fanno anche gli olisti ! Quello che però
non fanno e mai faranno gli olisti è di fermarsi a tutto ciò, come tipicamente ed
invece fanno i riduzionisti. Sanno gli olisti che la soluzione di un problema
complesso o non esiste o esiste ma certamente non la si arriverà mai a trovare
solo con tutta quella roba lì. E con quella tipologia di roba lì. Pur buona ma
insufficiente. Se non la si fa precedere dall’intuizione, dall’immaginazione, dall’euristica,
dalla non-linearità, dalla percezione, dal paradosso, dal casuale e dal caotico,
la soluzione (intera) – se esiste – rimarrà sconosciuta (e magari “sostituita”
con una pseudo-soluzione, trovata in buonafede o in malafede, ma sempre pseudo.
E, prima o poi, lo si vedrà che è pseudo!). Del resto, i sondaggi (riduzionistici)
davano vincente il Remain. Solo qualche “pazzo” andava dicendo che avrebbe
vinto il Leave. Un caro saluto a tutti. E alle prossime cronache (che di sicuro
non mancheranno …). Luca Fortunato
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