Post n. 117
Sul mio Primo Libro
“Esempi d’Olismo” – 2
Proseguendo dal precedente post n. 116 sempre di
oggi, altri passi di testo e stavolta solo di qualche capitolo … (… visto il
successo che gli altri passi di testo hanno avuto. Gli scettici - pochi credo,
davvero pochi – hanno ceduto con quattro righe …. Figuriamoci con l’intero
libro e l’intero progetto editoriale ecc. ecc. ecc. …..forza dell’Olismo! E permettetemi
anche del mio Olismo. E tutti, anche gli scettici purchè intelligenti e dunque scettici fino ad un certo punto poi basta .... - se ne fregano giustamente della forma! Badano al contenuto) …. e poi, però, basta, eh? Ad maiora! Luca Fortunato
Passi di testo:
Tutti i diritti
riservati (Legge 22 aprile 1941, n. 633 Protezione del diritto d’autore e di
altri diritti connessi al suo esercizio).
Dal Capitolo I –
Valutazione di Stabilità degli Alberi (e casi di cronaca):
Grazie alla nostra intuizione spicciola (presente
anche nel mondo del Riduzionismo) siamo in grado di cogliere prontamente la
differenza tra un essere vivente
(batterio, albero, gatto, persona ecc.) e un essere non vivente (tanto naturale come ad esempio una pietra, del
ghiaccio, una nuvola ecc. quanto artificiale come ad esempio un bicchiere, una forchetta, un palo ecc.).
Lo stesso anche a livello collettivo: per i viventi
colonia batterica, bosco, coltivazione, gregge, sciame, folla ecc.; per i non viventi mucchio di pietre, congegni
meccanici, strutture edili ecc. Ci occorre invece un’intuizione diversa, più
profonda, più articolata, come scrigno di conoscenza immediata ma complessa,
diciamo pure l’Intuizione
propriamente intesa (e che è presente solo nel mondo dell’Olismo ed è il fulcro
del suo particolare modus operandi)
per comprendere (e non solamente per cogliere) che la differenza tra un essere vivente ed un essere non vivente risiede in un quid, in un quid in più, presente solo nei viventi, un quid in più di natura emergente
(emergente inteso non in senso comune ma come da Emergentismo), non riconducibile e riducibile direttamente, in modo
lineare, logico, secondo uno schema deterministico di causa-effetto, alla
struttura e alle funzioni dello stesso essere vivente.
Ora, a prescindere da ogni interpretazione di tipo
animistico, spirituale, mistico e religioso, restando sempre e solo nell’ambito
materialistico, naturalistico e scientifico, non considerando quindi il quid autonomo da un punto di vista
ontologico rispetto alla materia e all’energia ma, al contrario, considerandolo
sempre in esse ricompreso, la Scienza moderna e soprattutto contemporanea ha mostrato e dimostrato,
ormai ampiamente, tanto l’errore (e l’ostinazione …) del Riduzionismo, quanto
la ragione dell’Olismo. E precisamente:
la Fisica e la Chimica ci dicono che tanto gli
esseri viventi quanto gli esseri non viventi sono costituiti dagli stessi
elementi di base (protoni, neutroni, elettroni) ed organizzati in atomi ed in
molecole secondo leggi ed interazioni comuni a tutta la Materia della Terra e
dell’intero Universo. Se il quid fosse “causato” dalle strutture degli esseri
viventi e dalle loro relative funzioni (come il Riduzionismo ha storicamente
sostenuto e continua ostinatamente a sostenere ….) avremmo solo esseri viventi!
Ma così non è! Se non si introduce il punto di vista olistico nell’avventura
della Conoscenza della Materia (vivente e non) non si riuscirebbe a spiegare (ma solamente e semplicemente a
cogliere, a rilevare) la differenza tra
un albero ed un palo, tra un gatto ed una scultura di marmo di un gatto, tra
una persona ed un robot! La cosa sembra una sciocchezza ed una banalità ma non
lo è. Il punto di vista olistico (sul piano teorico, paradigmatico,
gnoseologico, epistemologico) comporta enormi conseguenze e ricadute sul piano
metodologico, tecnico, pratico, professionale. Una vera e propria e benefica e
positiva Rivoluzione a cui però, la Società, nel suo complesso, tenta ancora di
sfuggire, di sottrarsi. Ma il vento va cambiando sempre più … Ma andiamo
avanti: è proprio l’errore di base del Riduzionismo (sul piano teorico,
paradigmatico, gnoseologico, epistemologico) che ha reso e rende lo stesso
Riduzionismo un guaio per la Nostra Società (sul piano metodologico, tecnico,
pratico, professionale) specialmente per quelle aree del Sapere e del Fare che
riguardano la Vita (Biologia, Medicina, Agraria ecc.). Portando a concezioni e
a pratiche che inquadrano e trattano gli esseri viventi come “macchine
viventi”, come “bio-macchine”. E non invece come realmente sono e cioè come organismi viventi. Cosa del tutto
diversa. Una differenza paradigmatica enorme, abissale. Dalle conseguenze
altrettanto enormi ed abissali. Differenza paradigmatica di base che - a
prescindere da valutazioni di tipo etico, morale, idealistico (e che pure sono
importantissime) – decretano l’efficacia o l’inefficacia, l’efficienza o
l’inefficienza delle soluzioni e dei rimedi ai problemi professionali di tipo
ambientale, ecologico, sanitario, medico, agronomico, imprenditoriale,
economico, sociale ecc. Ma ora veniamo all’organismo vivente albero. [….]
[….]
[….] quando osserviamo un albero in realtà ne
stiamo osservando solo la parte epigea vale a dire il fusto e la chioma. Le
radici, l’apparato radicale, la sua parte ipogea, restano fuori dalla nostra
possibilità di osservazione diretta. Eppure, sappiamo che la parte ipogea
dell’albero esiste …. L’albero, dunque, è per noi, nella sua interezza
d’organismo (chioma, fusto, radici), ogni volta che ce lo troviamo di fronte,
una entità in parte osservata (fusto e chioma) ed in parte immaginata (radici),
in parte empirica (fusto e chioma), in parte teorica (l’esistenza delle
radici). Ma a ben vedere, la questione è ancora più complicata. Infatti, del
fusto ne osserviamo solo l’esterno, la superficie esterna. La sua parte interna
è - riguardo alla conoscenza diretta e alle possibilità di conoscenza diretta –
sullo stesso piano delle radici sottoterra …. Anche il fusto dell’albero,
dunque, è per noi osservatori diretti una entità in parte osservata (superficie
esterna) ed in parte immaginata (componenti interne), in parte empirica
(superficie esterna), in parte teorica (l’esistenza delle componenti interne).
Stesso discorso per la chioma, specialmente di un albero sempreverde o di un
albero caducifoglia in piena primavera e in estate. Con lo sguardo riusciamo a
vedere la superficie esterna della chioma e, cambiando angolazioni, anche
alcune parti interne della chioma e, magari, arrampicandoci sull’albero stesso
o usando delle piattaforme o quant’altro riusciamo ad aumentare, anche
considerevolmente, i punti osservati esterni ed interni della folta chioma.
Chioma che però, nella sua interezza, per quante osservazioni possiamo fare o
potremmo mai arrivare a fare, resta e resterà sempre, anch’essa, in ogni
sopralluogo e per ogni sopralluogo, una entità dell’intero albero in parte
osservata e in parte no. Su tutti questi limiti d’osservazione diretta ci viene
in aiuto la tecnologia che con le più varie e diverse strumentazioni ci
permette di “vedere” all’interno del fusto, nel suolo ecc. Ma qui sorge un
problema enorme, spesso sottovalutato o addirittura non conosciuto (inconscio)
…. che può portare, se non adeguatamente compreso e quindi gestito, ad
illusioni di sicurezza conoscitiva o ad illusioni di riduzione significativa
dei margini di incertezza conoscitiva. Con errori di valutazione che possono
avere anche risvolti tragici. Le strumentazioni ci fanno “vedere” ciò che alla
nostra vista diretta è invece proibito vedere. In ogni caso, però, tanto le
immagini dirette (cliniche) quanto le immagini indirette (strumentali) sono
appunto immagini e come tali vanno, entrambe, interpretate nel loro significato
e nel loro senso e specialmente correlate, nel loro significato e nel loro
senso, alla stabilità o all’instabilità della pianta. È vero che le
strumentazioni odierne ci permettono di “vedere” ad esempio il legno del fusto
di un albero e di rilevarne eventualmente alterazioni e quant’altro. Oppure,
altro esempio, di vedere l’apparato radicale dell’albero e le sue condizioni.
Ma il punto, il punto vero, è se le alterazioni del legno sono correlate o meno
alla stabilità o all’instabilità dell’albero o di sue parti, se certe
condizioni dell’apparato radicale sono anch’esse correlate o meno alla
stabilità o all’instabilità dell’albero o di sue parti e così via. E, per quanto
strano e paradossale possa sembrare, come abbiamo visto nell’ambito di questo
capitolo ma soprattutto come ci mostra e dimostra l’esperienza se la viviamo e la intendiamo senza
condizionamenti, non sono questi gli aspetti, i parametri, che sono correlati
in senso positivo o in senso negativo alla stabilità o all’instabilità
dell’albero o delle sue parti! Aspetti, fenomeni e parametri quali ad esempio i
rigonfiamenti, le fenditure, le costolature, le piegature, le anellature ecc. a
carico del legno del fusto sono tutti aspetti che non sono correlati - né positivamente né negativamente - con la
stabilità/instabilità degli alberi. E’ paradossale ma è vero.
Pertanto, anche le strumentazioni, per quanto
sofisticate e potenti sono e saranno, ci danno e ci daranno sempre immagini o
comunque dati (numeri, misure ecc.) che possono andare bene per altre finalità
ed esigenze ma non certamente per valutare la stabilità o l’instabilità
dell’albero o delle sue parti. [….]
Dal capitolo III –
Sviluppi sul caso Xylella (e future prospettive):
[….] Mi rendo conto che è stato portato alla
luce ed è stato colto un aspetto interessantissimo: un grosso guaio
(propinatoci dal Riduzionismo) e dal quale bisogna sapersi tirar fuori (con
l’Olismo, con il modus operandi olistico, con la mentalità olistica ecc.) e
cioè che rispetto all’interezza della Società, l’essere laureato in ….. , essere dottore
in ……. è già una diversificazione o meglio costituisce già una
specializzazione (rispetto a chi non è laureato in …., non è dottore in ….). E
tale livello (intendendo la laurea specialistica o magistrale o equivalente) è
amico dell’Olismo. Da corroborare con l’esperienza. Le specializzazioni o
meglio le ulteriori specializzazioni post-laurea, professionali, i corsi ecc. non sono necessarie ai fini dell’Olismo
e del suo esercizio. Anzi, esse ai fini dell’Olismo e del suo esercizio possono
addirittura costituire un problema (bassa probabilità di avere intuizioni
olistiche, scarsa propensione alla visione di insieme, scarsa capacità di comprensione
del di più olistico ecc.). Ho detto
possono. Il discriminante consiste in questo: se la successiva ed ulteriore
specializzazione o se le successive ed ulteriori specializzazioni si limitano a
far acquisire al soggetto particolari competenze, particolari metodologie,
particolari tecniche, particolari aggiornamenti normativi ecc. esse risultano e
risulteranno neutre e neutrali ai fini specifici dell’Olismo e ai fini
specifici dell’esercizio olistico. Non disturbano. Se invece – e come purtroppo
accade nella maggior parte dei casi individuali e collettivi - la successiva ed
ulteriore specializzazione o le successive ed ulteriori specializzazioni
producono anche una mentalità da specialista, un atteggiamento da specialista,
un approccio da specialista, una visione da specialista, una frammentazione
specialistica ecc. esse risultano e risulteranno negative e controproducenti ai
fini specifici dell’Olismo e ai fini specifici dell’esercizio olistico. Anche
qui, vi è un grave errore culturale, una cattivissima abitudine mentale, in
seno alla Società (occidentale, e in quella parte dell’orientale che va
occidentalizzandosi): quello di ritenere superficialità il restare sul livello
della laurea specialistica e quello di ritenere accuratezza l’ulteriore specializzazione.
Questo può anche essere vero per i sistemi articolati (automobile, aeroplano,
edificio, grattacielo, computer, Web ecc.) ma è assolutamente sbagliato per i
sistemi complessi (albero, batterio, cane, gatto, persona umana, cervello,
terreno, coltivazione, ecosistema ecc.).
Anzi, per i sistemi complessi è vero esattamente il contrario! [….]
Dal Capitolo IV - Un’altra Agricoltura (olistica per davvero):
Considerando il Tutto, lo scenario del cibo vede da una parte un eccesso di
presenza di cibo sulle tavole di persone e di famiglie tanto da produrre il ben
noto fenomeno dello spreco alimentare
e dall’altra …. la fame! Ma non è tutto:
va affermandosi purtroppo anche un altro scenario assurdo: da una parte
prodotti agricoli non raccolti o non venduti lasciati marcire nei campi o nei
magazzini, dall’altra campi con prodotti nemmeno raccoglibili (a causa, ad
esempio, di grandinate spesso e ormai atipiche anche come periodi dell’anno e
che se da una parte vedono molti agricoltori restii a stipulare una polizza
assicurativa dall’altra vedono le compagnie assicurative non proporre sensate
soluzioni cioè sintonizzate sui complessi scenari di Oggi come sono, ad
esempio, i cambiamenti climatici).
E’ del tutto evidente che il problema del cibo
(e della fame) è un problema innanzitutto di tipo politico e di tipo etico e
secondariamente anche di tipo organizzativo, logistico e strategico. Ma
certamente non è di tipo quantitativo-produttivo. [….]
Tutti i diritti riservati (Legge 22
aprile 1941, n. 633 Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi
al suo esercizio).
Per ulteriori dettagli sul libro e per le modalità di
acquisto vedere il post di Anteprima del 30 novembre 2016 sempre in questo
blog.
E arrivederci al Secondo Libro (dicembre 2017).
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