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di servizio - Comunicazioni ai lettori del blog
Facendo
sintesi di diversi dialoghi di questi giorni, su fatti e tematiche di cronaca e
di attualità, preciso quanto segue:
1. fenomeno Xylella-CoDiRO: stando alla mia teoria, il
reimpianto degli ulivi non funzionerà, nel lungo termine (6, 8, 10 anni).
Vedremo. Stando alla mia teoria, infatti, se ulivi devono disseccare o non
devono disseccare, in Salento così come in ogni altro luogo, mediterraneo
specialmente, la cosa dipende dal discorso di testo olistico della mia teoria
successivamente formalizzato in parametri della mia nota formula matematica: D
= [ (h) Sf + P t r ] Sm . Non vi si
contemplano le varietà d’ulivo, ma l’ulivo in quanto tale, con il suo habitus
colturale. Né tantomeno varietà d’ulivo resistenti o resilienti o tolleranti o
immuni al batterio che, sempre secondo la mia teoria, non è la causa o l’unica
causa del disseccamento. E continuando a non agire nelle giuste direzioni (l’insieme
dei rimedi olistici da me proposti sempre nell’ambito della mia teoria) è
chiaro che il tutto peggiorerà, come è già peggiorato, investendo, nel tempo, anche
i nuovi impianti d’ulivo (a prescindere dalla varietà). Ad ogni modo, visto che
questo nuovo fatto di cronaca (autorizzazione UE al reimpianto di varietà d’ulivo
resistenti-resilienti-tolleranti-immuni al batterio, ecc. ) è avvenuto, e il
mio secondo libro sarà disponibile dall’8 dicembre prossimo, vi è sufficiente
tempo perché io possa scrivere dettagliatamente anche di questo, soddisfacendo
coloro che gentilmente me l’hanno chiesto. Ricordo infatti che nel secondo
libro vi è comunque, vi è già, già previsto, il capitolo “Xylella - CoDiRO:
ulteriori sviluppi della teoria olistica” che continua, ovviamente, dal primo
libro che, ricordo anche questo, è uscito in formato cartaceo (45 copie, di cui
2 depositate presso le Biblioteche – nazionale e provinciale – come da
normativa, e 43 ormai non più disponibili) ed in PDF (ancora e sempre
disponibile. Contattarmi, prego);
2. fenomeno dei
frequentissimi schianti arborei a Roma (ma in realtà un po’ in tutta Italia).
Il mio parere è il seguente: tra le cause vi sono certamente tutte quelle ordinariamente
elencate vale a dire scarsa manutenzione, riduzione del numero di giardinieri,
età degli alberi, cambiamenti climatici ecc. Ma esse non bastano a spiegare
completamente la cosa. Vi è anche, e molto determinante, una questione di
Paradigmi (Riduzionismo: VTA, SIA, SIM, TSE, metodologie “integrate”, equazioni
con sigma ecc.; Olismo: la mia VOSA). Dunque, anche errori paradigmatici nella
valutazione di stabilità, errori paradigmatici nelle potature effettuate,
errori paradigmatici di messa a dimora ecc. E le foto che si trovano nel Web me
lo confermano. La questione dei Paradigmi l’ho affrontata, in modo approfondito,
nel mio primo libro Esempi d’Olismo in un apposito capitolo “Valutazione di
Stabilità degli alberi (e casi di Cronaca)”. Il libro è uscito in formato
cartaceo (45 copie, di cui 2 depositate presso le Biblioteche – nazionale e
provinciale – come da normativa, e 43 ormai non più disponibili) ed in PDF
(ancora e sempre disponibile. Contattarmi prego). Nel mio piano editoriale non sono previsti altri
libri e/o capitoli sulla valutazione di stabilità arborea. Tuttavia, nei
servizi che erogo è prevista la possibilità di commissionarmi appositi libri in
PDF per approfondire, dettagliare ecc. particolari tematiche, particolari
metodiche ecc. Informarsi bene, prego;
3. come un marxista vede i guai dell’Agricoltura di Oggi e
come porvi rimedio. Mi è stato chiesto. Rispondo: come sempre. I problemi di
fondo non sono cambiati. Così come le soluzioni. Anzi. Sintesi di un discorso
complesso:
anche l’Agricoltura, anche quella di Oggi, è iscritta nelle
strutture e nelle dinamiche della Società che è una Società capitalistica e
consumistica. Dunque l’Agricoltura è soggetta – con tutte le sue specificità e
peculiarità - alle stesse dinamiche dell’intera Società, al ciclo economico
capitalistico generale vale a dire a fasi di sviluppo seguite da fasi di
contrazione. Quando la fase di contrazione dura troppo, si ha la crisi
(peggioramento del PIL, calo dell’occupazione ecc.). Tutto ciò è strutturale. È
la natura (sbagliata) del capitalismo. Su questa struttura, poi, si vanno ad
innestare fatti contingenti, che vanno a caratterizzare le singole crisi (un
esempio per tutti: i subprime del
2008). Ora il primo fattore strutturale delle crisi capitalistiche (che ci
saranno sempre. Brevi o lunghe, superficiali o profonde. Ma ineliminabili) è lo
squilibrio tra capacità produttiva e consumo, messo ben in luce da Marx e
dimostrato dalla realtà, anche di Oggi. Sotto la spinta dell’accumulazione e
della ricerca del profitto, si produce, si produce, si produce ….. (e con
grossi guai ecologici) ma la capacità di consumo della gente (salari bassi,
stipendi bassi, incertezza per il futuro ecc.) è minore, non segue il passo.
Pertanto le merci, i prodotti, gli articoli, i beni immobili ecc. risultano
difficilmente commercializzabili e difficilmente vendibili salvo creazioni di
filiere e organizzazioni commerciali da una parte, e riduzioni di prezzo dall’altra.
Ma nelle crisi peggiori nemmeno in questi modi. Le crisi sono sempre crisi di
sovrapproduzione, Oggi anche per sovrapposizioni commerciali globali. Vi sono certamente
anche altri fattori delle crisi capitalistiche evidenziati sempre da Marx (aumento
ininterrotto dei capitali fissi cioè impianti, macchinari ecc. e conseguente
aumento di disoccupazione; anticipo di somme di denaro che quando sono molto
elevate mettono in moto complessi meccanismi creditizi - spesso molto fragili - come i derivati; ecc.). Ma questo tratteggiato –
sovrapproduzione - è quello più importante. Quale il rimedio? Produrre il
giusto. Produrre di meno. Produrre non in funzione del Mercato ma produrre in
funzione dei reali bisogni della gente, delle popolazioni, e della loro reale
capacità di spendere denaro. Bisogni e capacità che sono sempre minori, più
bassi, delle produzioni, delle quantità esagerate, attuate per bramosia
capitalistica (di profitto, di potere, di immagine, d’egoismo ecc.) o per oggettivo
meccanismo capitalistico. Produrre di meno privilegiando, contemporaneamente,
la qualità e la diversificazione e l’ecologia (senza finire, però, nella
retorica insostenibile dello “sviluppo sostenibile” ….). Monitorando che le
merci, i prodotti, gli articoli, i beni ecc. si siano distribuiti per bene e
qualora ciò non sia avvenuto provvedere alla ridistribuzione. Usare la
tecnologia di Oggi, e l’ingegno umano in generale, in tale direzione
(qualitativa, sociale ed equa) e non in quell’altra (quantitativa ma paradossalmente
elitaria in termini di ricchezza e benessere). Questo principio di rimedio è
applicabile in ogni settore produttivo della Società, dunque anche in
Agricoltura. Anzi, l’Agricoltura è forse il terreno migliore per iniziare a
cambiare. Per la maggiore facilità di riconversione dei terreni e delle aziende
agricole in genere rispetto a riconversioni di tipo industriale. Comunque, nel
mio previsto terzo libro (nel 2018) a tutto ciò sarà dedicato un bel
capitolone! Non temete!
Ciao a tutti. E come sempre,
ad maiora! Luca Fortunato.
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