Post 177
L’Olismo nelle
Scienze Agrarie – 2
…. continuando dal post 176 (vedi): ieri a
Bari ho visitato l’importante fiera Agrilevante seguendone pure un interessante
workshop scientifico-professionale-formativo. Ritornando a Matera, mi sono
venuti in mente dei passi di testo che propongo in questo post, perché mi è
venuto da pensare che, ad esempio, l’Agricoltura di precisione hi-tech di oggi
- per la concimazione, per l’irrigazione, per la difesa fitosanitaria ecc. - se
non correttamente inquadrata e praticata da un punto di vista paradigmatico e
in tal senso olistico, ieri come oggi, andrebbe a costituire, già da oggi ma
ancor di più domani, un ulteriore problema anziché una intelligente soluzione.
È sempre e solo l’aspetto paradigmatico (sempre uguale, sempre lo stesso,
nonostante il trascorrere del tempo) che può fare da discriminante tra la
positività (olistica) e la negatività (riduzionistica e/o pseudo-olistica) di
metodi, metodiche, tecniche, tecnologie, mezzi, innovazioni, sviluppi, pratiche
e via dicendo. Mi è venuto da pensare,
altro esempio, al problema della disoccupazione generale e al fatto che
l’Agricoltura potrebbe rimediare per buona parte a tale problema (con vantaggi
non solo per se stessa ma anche per la salute fisica, sociale, demografica e
politica dei Territori) a patto, però, di avere ben a mente e ben presente
(anche qui in senso olistico) certi aspetti e certe dinamiche. Buona lettura. E
a presto. Luca Fortunato
Dal libro “Economia e Politica
agraria”, autore: Mario Bandini, editore: Edizioni Agricole Bologna, anno:
1962:
[…] La critica ai giudizi
economici, impostati sui conti colturali, costituisce una parte fondamentale
dell’opera del Serpieri. Mostra egli l’errore logico di separare l’azienda in
tante indipendenti sezioni. Non esiste, a rigore, un costo per le singole
colture agrarie; esiste solo il costo complessivo aziendale, uno per tutte
le colture. I costi, nell’azienda agraria, sono cioè costi congiunti. La ripartizione artificiale di essi, tra le
singole colture è sempre arbitraria e dà luogo ad attribuzioni di valore,
difficili e sempre controverse. […]
[…] La concimazione come
tutte le scelte economiche, influenza in realtà tutto il complesso
dell’azienda agraria: basti pensare a tutte le possibili ripercussioni sui
capitali fondiari e di scorta, nonché sul lavoro, che possono essere
determinate da un sensibile aumento della produzione determinato, a sua volta,
da una forte somministrazione di mezzi produttivi. In tali casi l’agricoltura
considera il bilancio completo della azienda agraria per avere una razionale
base di giudizio. […]
[…] L’irrigazione comunque
ha profonde influenze non solo sulle produzioni unitarie ma anche
sull’ordinamento colturale e su tutto il complesso aziendale. Frequentemente si
è notato che essa determina una contrazione della superficie investita a grano
con congiunto aumento dei prati, dei rinnovi, delle colture intercalari (erbai,
mais in seconda coltura, ecc.). Determina inoltre l’esigenza di nuovi capitali,
stalle, bestiame, macchine per la raccolta e per sopperire all’accumulo di
lavoro nei periodi di punta. Determina come conseguenza finale, una minore
ampiezza dell’azienda. […]
[…] Dove l’agricoltura si basa sulla
molteplicità delle coltivazioni la distribuzione del lavoro si regolarizza.
Esso rimane invece male distribuito nelle zone estensive o monocolturali anche
intensive. Ne sono esempio in Italia le zone risicole intensive di Vercelli e
Novara; i vigneti specializzati delle isole o dell’Appennino; gli oliveti e gli
agrumeti specializzati; le zone granarie estensive della campagna romana, del
tavoliere di Foggia, del centro della Sicilia. Ma non solo la molteplicità
delle colture può risolvere il problema della distribuzione del lavoro durante
l’anno. Ricordiamo anche, tra l’altro, la coltivazione
di varietà diverse della stessa pianta (ad es. di grano) aventi epoche di
maturazione o di semina lievemente sfasata; ricordiamo l’integrazione di aziende di colle o di monte con appezzamenti di piano […]. Ricordiamo l’impiego di macchine
operatrici che smussano i periodi di punta […] La buona distribuzione del
lavoro favorisce quei rapporti che hanno per caratteristica l’insediamento stabile
dei lavoratori alla terra […]
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