Post 178
L’Olismo nelle Scienze
Agrarie – 3
… continuando dai post
n. 176 e n. 177 (vedi): continua il nostro viaggio dell’Olismo nelle Scienze Agrarie.
Oltre alla saggezza teorica e pratica, scientifica e tecnica ecc. di tutto
quanto riportato, anche qui, vi è da notare anche l’attualità di certe
considerazioni, sebbene siano di qualche tempo fa. È la dimostrazione che una
cosa sono i cambiamenti dei dettagli agricoli e nei dettagli agricoli (e su cui
occorre aggiornarsi doverosamente, per non essere anacronistici) altra cosa è l’immutabilità
dei discorsi di fondo e dei discorsi paradigmatici dell’Agricoltura (da
conservare assolutamente, da non tradire, per non essere, quantomeno, irresponsabili ….). Buona lettura e buon week-end. A tutti. E a presto. Luca
Fortunato.
Dal libro “Le Gestioni Agrarie”, autore: Paolo Emilio
Cassandro, editore: UTET, anno: 1960:
[…] Si osservi che abbiamo parlato di aspetto tecnico e di aspetto
economico delle operazioni e non di operazioni
tecniche e di operazioni economiche.
Ogni operazione aziendale, invero, anche quella più spiccatamente tecnica, ha
sempre un contenuto economico e quindi è anche
una operazione economica. […] Una azienda agraria non si dirige, certamente, guardando solo all’aspetto tecnico;
[…] ma è indubbio che la conoscenza tecnica è necessaria per studiare le
conseguenze economiche dei vari procedimenti tecnici e prendere le decisioni
amministrative, che sulla considerazione economica debbono in definitiva
basarsi. […]
[…] Alcuni agronomi considerano non a torto il terreno come
un organismo che ha bisogno di alimento, alla
stessa guisa di ogni organismo vivente, pianta o animale che sia. Come ogni
organismo vivente, anche il terreno ha il suo bilancio, cioè il suo
equilibrio tra l’alimento che riceve ed energia o forza che consuma, energia o
forza che il terreno consuma col fornire le piante di elementi minerali vari
secondo le esigenze delle piante medesime. È evidente, quindi, che l’amministratore
sagace dovrà tenere sempre presente questo bilancio e assicurarsi che esso sia
in pareggio e, possibilmente, in avanzo. Egli deve porre a profitto i dettami
dell’agronomia e applicarli intelligentemente, cioè tenendo conto della
particolare natura del terreno che è a sua disposizione, delle colture che
vengono attuate, del clima prevalente nella zona […]
[…] L’impiego degli antiparassitari,
ossia di quelle sostanze (dette anche fitofarmaci)
atte a prevenire o a curare le malattie cui le piante possono andare soggette
per effetto di insetti o altri parassiti, non rientra propriamente nelle misure
di fertilizzazione, ma mira anch’esso all’efficienza produttiva aziendale. Con
l’uso degli antiparassitari si cerca, invero, di impedire una diminuzione della
quantità e della qualità dei vari prodotti, […] L’impiego degli antiparassitari non
ha, però, lo stesso carattere di quello dei concimi. Osservano giustamente i
tecnici che, mentre i concimi presentano una certezza di risultato utile di
grado massimo, l’azione degli antiparassitari è spesso incerta. In altre
parole, l’azione utile dei concimi è quasi sempre sicura, mentre ciò non può
dirsi dell’azione degli antiparassitari. È questa incertezza sul risultato
utile degli antiparassitari che spiega la riluttanza verso il loro impiego,
spesso manifestata dagli agricoltori. A questa incertezza va anche aggiunta la
difficoltà in cui si trova l’agricoltore di conoscere esattamente nei vari casi
il particolare trattamento, preventivo o curativo, che occorrerebbe. Spesso
anche gli stessi tecnici si trovano in difficoltà a riguardo. […]. È da
osservare da ultimo – e ciò ha notevole importanza per le responsabilità che ai
dirigenti aziendali possono derivarne – che occorre la massima cautela nella
irrorazione delle sostante anti-parassitarie, le quali essendo velenose,
possono danneggiare i lavoratori che compiono l’irrorazione senza usare le
necessarie precauzioni. È questo un “rischio” personale a cui è bene porre
riparo con la prevenzione. […]
[…] La grande varietà delle operazioni agricole rende
difficile l’applicazione di quei principi di “razionalizzazione” o, come dicono
gli americani, di “organizzazione scientifica”, che nel campo dell’industria
hanno trovato notevole diffusione. Ciò non vuol dire, però, che la
razionalizzazione non sia anche applicabile all’azienda agricola, almeno come
principio informatore, nella esecuzione delle varie operazioni. […] Un
principio fondamentale da tenere presente in questo campo della
razionalizzazione è che l’operaio, il lavoratore agricolo, non sono macchine o
automi, ma esseri umani, il cui rendimento dipende non solo dalla loro capacità
e attitudine a dati lavori, ma anche da fattori psicologici, quali la buona volontà, la disposizione ecc. Questi
fattori psicologici vengono purtroppo spesso trascurati malgrado che, nel campo
industriale, si sia riconosciuta la loro importanza. Sono evidenti la
delicatezza del governo del fattore lavoro
e le difficoltà di determinarne con esattezza il rendimento, il quale a differenza di quel che avviene per il
terreno o per altri fattori produttivi, può variare di momento in momento. Di
una macchina, ad esempio, si può prevedere che si comporterà su per giù allo
stesso modo ogni giorno […] La quantità e la qualità, invece, del lavoro di un
operaio agricolo, difficilmente possono prevedersi con esattezza […] Queste
considerazioni, che hanno una portata generale, sono tanto più valide per l’agricoltura,
in quanto, in essa, a differenza dell’industria, non si ha – come già abbiamo
ricordato – una standardizzazione di
compiti, e si ha invece una molteplicità e varietà di operazioni da svolgere [….]
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