Post n. 109:
Se Ippocrate insegna (a tutti)
Ieri mattina sono stato a
Bari. Città che da sempre si incrocia con il mio destino di studi, di ricerche,
di lavoro. Con ieri, una voce nella parte positiva del bilancio sicuramente si aggiunge.
Un felice e nuovo capitolo si è aperto e continuerà ad avanzare. Assolto il mio
impegno, sulla strada del ritorno a Matera, continua la mia fortuna: per caso osservo
degli agricoltori fare un qualcosa di veramente giusto. Qualche tratto più
avanti sempre per caso osservo, invece, degli operai fare qualcosa di veramente
giusto. Gli incontri con pratiche lavorative diverse di mondi diversi sono
stati casuali ma di quei due scenari vi ho rilevato un tratto virtuoso di tipo paradigmatico
in comune. E mi salta in mente questa riflessione. Uno dei fondamenti della
medicina ippocratica è il principio che vede il corpo umano animato da una forza
vitale che tende spontaneamente a riequilibrare le disarmonie che possono far
emergere le patologie. Per cui, tanto la salute quanto la malattia dipendono da
circostanze insite nella persona stessa e non da agenti (naturali e/o
artificiali) esterni o da interventi soprannaturali (divini). E quindi, la via
della possibile guarigione consisterà nel limitarsi a stimolare questa forza vitale
senza l’illusione di potersi sostituire ad essa. Ippocrate teorizzò la necessità di osservare i pazienti considerandone
tanto l'aspetto generale quanto i
sintomi specifici e fu il primo ad introdurre i concetti di diagnosi e
prognosi. Solo tenendo presente lo stile di vita del malato il medico è in
grado di inquadrare correttamente la malattia e di potervi eventualmente porre
rimedio. Ippocrate chiama in causa gli aspetti dietetici, atmosferici, sociali,
psicologici (visione globale dunque e propriamente integrata cioè che vede fusi tra di loro i diversi e vari aspetti
in una sintesi diversa e maggiore e che dunque non si limita semplicemente a
sommare, accostare ed ammucchiare tra di loro i diversi aspetti in una
pseudo-sintesi tanto inutile quanto illusoria. Visione globale ed
autenticamente integrata che è stata tradita dal Riduzionismo emerso nel 1600 e
che ha dominato praticamente fino ai primi anni del 1900. Visione che per
fortuna l’Olismo riemerso in chiave moderna negli stessi primi anni del 1900 e
sempre più in avanzamento a tutt’oggi sta recuperando e rilanciando, nonostante
le resistenze dell’establishment ancorato ancora al Riduzionismo e che “innova”
sempre però all’interno del Riduzionismo …..e cioè non innova affatto!). Ma
l’essenza del pensiero medico e della pratica medica del Grande Ippocrate
presenta anche un altro tratto significativo: da una parte vi è grande stima dell’approccio
sperimentale, che permette di portare gradualmente alla comprensione dei
fenomeni, ma dall’altra vi è la necessità di inserire e di spiegare i dati
sperimentali e le conoscenze sperimentali in un quadro teorico e complessivo che
permetta al medico di meglio orientarsi nell’eterogenea varietà dei casi che
egli si trova ad affrontare. Anzi, secondo Ippocrate è questa fase di
conoscenza generale che permette al medico di essere davvero tale. Ebbene, io
credo che tale modello ippocratico (che è modello gnoseologico, paradigmatico, scientifico,
epistemologico, metodologico, lavorativo ma anche e soprattutto modello culturale) possa,
anzi debba, essere esteso anche alle altre medicine (medicina veterinaria,
medicina vegetale, medicina territoriale, medicina ecologica, medicina
economica, medicina sociale ecc.). Per fortuna, godendo di buona salute, non frequento
- se non per le normali consuetudini - i medici della persona umana. Ma mi
capita di frequentare spessissimo i medici non degli esseri umani. E tanto mi
basta per dire che estendendo a loro - realmente e non solo in apparenza ….. - il
virtuoso ed olistico modello ippocratico – pur nella specificità dei diversi
settori e delle diverse scienze - ne guadagnerebbe il Mondo intero! Ad maiora! Luca Fortunato
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