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Altri aspetti d’Olismo
Diversi di voi lettori mi hanno posto, in sostanza, le stesse
esigenze di approfondimento e di chiarimento su 3 aspetti di cui, in effetti,
non vi è molta bibliografia né pareri personali diretti. Ma come potrete vedere
… io qualche mia idea ce l’ho sempre! e qualcosa di altri, in sintonia con la
mia testa, la trovo sempre! A parte gli scherzi, ora trovo il tempo per soddisfare
alcuni di voi lettori anche sugli aspetti che seguono. Completando il
fuoriprogramma di questo “caldo” gennaio! Occorre tuttavia, prima del post vero
e proprio, che io faccia una esplicita precisazione: gli argomenti che seguono
li affronto solo ed esclusivamente a
titolo di cittadino cultore di Olismo informato di certe cose, essendo gli argomenti
collocati oltre i miei studi ed oltre le mie competenze. Metto semplicemente a
disposizione dei lettori del blog alcuni “pezzi” della mia personale biblioteca
olistica che ho tirato su in diversi anni. Questo sì, e con piacere. Pertanto
il mio post va preso come uno spunto di riflessione culturale e magari anche
come un’occasione per iniziare un vostro personale percorso di studio e di
pratica il quale, però, è bene preveda la consulenza di precise e specifiche
figure professionali competenti ed esperte in materia. Buona lettura. E come sempre, ad maiora! Luca Fortunato
1. il primo argomento-domanda è il seguente (sintetizzo da diverse
mail): quel’è il rapporto, in generale, tra l’Olismo e le Religioni, l’Ateismo
e l’Agnosticismo?
Personalmente, ho sempre pensato che il rapporto tra l’Olismo
e l’Ateismo, così come il rapporto tra l’Olismo e l’Agnosticismo, così come il
rapporto tra l’Olismo e le Religioni non-teistiche (cioè quelle in cui non c’è
Dio, vale a dire il Taoismo, il Buddhismo, lo Zen ecc.) sia un rapporto di
compatibilità o comunque di amicizia mentre il rapporto tra l’Olismo e le
Religioni teistiche (Cristianesimo, Ebraismo ecc.) sia un rapporto seriamente problematico
(il che non vuol dire che a chi segua una religione teistica gli sia preclusa
la comprensione dell’Olismo ma non si può nemmeno negare che un certo problema
esista). Ed effettivamente, pur non essendo un esperto di questi rapporti ma
essendo comunque una persona che studia Olismo ed esercita Olismo da ben 18
anni a questa parte, trovo conferma, diciamo così, della mia tesi in un autorevole
passo di testo, che vi riporto, con l’augurio che qualche chiarimento possa effettivamente
darvelo (consigliandovi, comunque, l’intera
lettura del libro da cui l’ ho tratto):
Dal libro “YIN e YANG – L’armonia taoista degli opposti” di
J.C. Cooper , Ubaldini Editore – Roma (1982):
[…] Parlando in senso
generale, le religioni dell’Oriente, in particolare il taoismo e il buddhismo,
fedi non teistiche, seguono il sentiero della conoscenza, della gnosi e della
comprensione, mentre le religioni teistiche postulano un Dio personale,
scelgono il sentiero della devozione e del sacrificio: la via della bhakti. Le
religioni teistiche, per definizione, devono comunque postulare l’esistenza di
un Dio creatore, dogma dal quale le tradizioni non teistiche si dissociano
nettamente, sostenendo che la divinità è di per sé al di là di qualsiasi
definizione e comunque al di là della sfera in cui agisce la mente umana; […]
Le religioni monoteiste si preoccupano largamente dell’incontro dell’uomo con
Dio, in una prospettiva che si può definire esteriore, mentre le religioni
orientali insegnano che l’uomo può scoprire il divino all’interno di sé e di
tutte le cose. In senso generale, si può affermare che la via delle tradizioni
monoteiste è la via della rinuncia e della devozione, mentre la via delle
religioni non teistiche è quella della conoscenza e dell’accettazione. [….]
2. il secondo argomento-domanda è il seguente (sintetizzo da
diverse mail): quel’è il rapporto tra l’Olismo e la Medicina?
Dal libro “Il Punto di Svolta” di Fritjof Capra (1982):
Capitolo 10 “Totalità e salute”:
Per sviluppare un
approccio olistico alla salute che sia in accordo con la nuova fisica e con la
concezione degli organismi viventi propria della teoria dei sistemi, non c’è
bisogno che ripartiamo da zero, ma possiamo imparare da modelli medici
esistenti in altre culture. […] Una differenza molto vistosa fra l’approccio
orientale e l’approccio occidentale ai problemi della salute è che, nella società dell’Estremo Oriente in generale, la conoscenza soggettiva è
molto apprezzata. Persino in un paese scientifico moderno come il Giappone si
attribuisce grande valore all’esperienza soggettiva [….] Una conseguenza di
questo atteggiamento è una tipica mancanza di interesse, nei medici dell’Asia
Orientale, della quantificazione […] Per esempio, i medici kampo non misurano
la temperatura nei pazienti ma prendono nota della loro sensazione soggettiva
di avere la febbre; i farmaci vegetali sono misurati in modo molto grossolano
in scatolette senza l’uso della bilancia, e poi sono mescolati assieme. Né si
misura la durata della terapia con l’agopuntura, ma la si determina
semplicemente chiedendo al paziente come si sente. [….] Una valutazione più
adeguata della conoscenza soggettiva è senza dubbio una cosa che potremmo
imparare dall’Oriente. Dal tempo di Galileo, di Descartes e di Newton la nostra
cultura è stata sempre così ossessionata dalla conoscenza razionale,
dall’obiettività e dalla quantificazione che noi abbiamo perduto ogni sicurezza
nel trattare con valori umani e con l’esperienza umana. In medicina intuizione
e conoscenza soggettiva vengono usate da ogni buon medico, ma questo fatto non
viene riconosciuto nella letteratura professionale né viene insegnato nelle
nostre facoltà di medicina. Al contrario, i criteri per l’ammissione alla
maggior parte delle scuole mediche escludono proprio coloro che avrebbero le
doti migliori per praticare la medicina intuitivamente. […] Nella nostra
società un approccio veramente olistico dovrà invece riconoscere che l’ambiente
creato dal nostro sistema economico e sociale, fondato sulla visione del mondo
frammentata e riduzionistica del cartesianesimo, è diventato una delle minacce
più gravi alla nostra salute. [….]
Io da semplice cittadino mi trovo d’accordo con quanto
scritto dal fisico Fritjof Capra anche
perché ho constatato l’inadeguatezza dei concetti
riduzionistico-razionalistico-occidentali di “salute” e di “malattia” in storie
di persone che conosco ed a cui, invece, la medicina orientale (basata
soprattutto sullo YIN e sullo YANG) ha meglio risposto (sia in teoria che in
pratica) migliorando per davvero le loro situazioni: esempio n. 1: un atleta
(maratoneta) affetto da diabete. Se la medicina occidentale lo considera malato
(perché diabetico), non riesce poi a spiegare come faccia a correre e a vincere
le maratone! Se invece lo considera in buona salute (perché atleta), non spiega
poi di come abbia sempre bisogno di punture d’insulina. Esempio n. 2: una donna
(incinta) affetta da SM (sclerosi multipla). Se la medicina occidentale la
considera malata (perché ha la SM), non riesce poi a spiegare come mai metterà
al mondo un bambino. Se invece la considera in buona salute (perché fertile ed
incinta), non riesce poi a spiegare come mai abbia la SM. Esempio n. 3: un
ragazzino, genio della Matematica ed autistico. Se la medicina e la psicologia
occidentali lo considerano malato (in quanto autistico), non riescono a
spiegare il suo genio matematico. Se invece lo considerano sano (vista la sua
mente matematica eccezionale), non riescono a spiegare come mai egli abbia
sempre bisogno di assistenza e accompagnamento e aiuto nelle svolgimento delle
più banali attività quotidiane. Esempio n. 4: una donna forte, allegra, solare
e dinamica affetta da cancro. Se la medicina occidentale la considera malata
(perché ha il cancro), non riesce a spiegare la sua vitalità. Se invece la
considera in buona salute (per la sua vitalità), non riesce a spiegare il suo
cancro. Esempio n. 5: un uomo sistemato, ricco e potente, marito e padre, socio
e amico. Ma nervoso, ansioso, insaziabile, onnipresente ed anche depresso,
triste, infelice, con lo sguardo teso, il sorriso recitato ecc. Se la medicina
e la “cultura” occidentali lo considerano sano e di successo, non riescono poi
a spiegarsi la sua sofferenza psichica. Se invece lo considerano sofferente
psichicamente, non riescono poi a spiegarsi le sue capacità, le sue qualità ed
i suoi risultati tanto privati quanto sociali. E quindi riprendiamo il testo di
Fritjof Capra:
[….] Negli ultimi
trecento anni la nostra cultura è stata dominata dalla concezione del corpo
umano come macchina, da analizzarsi nelle sue varie parti. La mente è separata
dal corpo, la malattia è vista come un cattivo funzionamento di meccanismi
biologici, e la salute è definita come assenza di malattia. Questa concezione
oggi viene lentamente eclissata da una concezione olistica ed ecologica del
mondo che vede nell’universo non una macchina ma piuttosto un sistema vivente,
concezione che insiste sull’essenziale interrelazione e interdipendenza di
tutti i fenomeni […] La salute è in realtà un fenomeno multidimensionale
implicante aspetti fisici, psicologici e sociali interdipendenti. La
rappresentazione usuale della salute e della malattia come estremi opposti di
un continuo unidimensionale è del tutto sviante. La malattia fisica può essere
controbilanciata da un atteggiamento mentale positivo e da sostegno sociale,
rendendo così possibile uno stato complessivo di benessere. D’altra parte
problemi emotivi o l’isolamento sociale possono dare a una persona un senso di
malessere nonostante buone condizioni fisiche […] possiamo discernere tre
concetti di salute interdipendenti: salute individuale, sociale ed ecologica.
Ciò che è patologico per l’individuo lo è in generale anche per la società e
per l’ecosistema in cui esso è inserito […]
3. il terzo argomento-domanda è il seguente (sintetizzo da diverse
mail): qual è il rapporto, in generale, tra l’Olismo e il rispetto degli
animali? e tra l’Olismo e le diverse diete?
Qui si aprirebbe un mare di questioni. Tirando in ballo diversi
argomenti correlati come anche l’essere vegetariani, l’essere vegani, l’essere
animalisti ecc. Lascio volentieri, ad altri, simili argomenti e posizioni e
scelte, verso cui nutro il più profondo rispetto, sia ben chiaro, ma da cui
prendo anche la più netta distanza e per un motivo molto semplice: non
c’entrano nulla con l’Olismo! Nonostante certe propagande vogliano far passare
il messaggio opposto. E non c’entrano nulla per un motivo scientifico che si
sposa con l’Olismo ma non affatto con esse, vale a dire: la Neurobiologia Vegetale (consiglio
a tal proposito la lettura del libro: “Verde brillante -Sensibilità e
Intelligenza del mondo vegetale”, di Stefano Mancuso e Alessandra Viola - Giunti
editore) dimostra che anche le piante (e non solo gli animali, dunque) sono
esseri viventi sensienti ed intelligenti. Di conseguenza, per pura
logica, non vi è differenza etica tra
l’uccidere un pollo e l’affettare una mela; tra l’uccidere un maiale ed il tritare
sedano, carota e cipolla; tra il tosare una pecora e il potare un ciliegio; tra
l’abbattere un toro e l’abbattere una quercia; ecc. I vegetali non sono altro
rispetto agli animali in termini di capacità sensoriale e intelligenza. La
differenza, la scissione, nel senso chiarito, tra animali e vegetali la si
poteva sostenere (e la si è sostenuta) prima della nascita della Neurobiologia
Vegetale e soprattutto prima delle sue dimostrazioni. Ora non è più possibile (sempre
che si voglia seguire il progresso della Scienza che tra l’altro ha confermato
le antiche intuizioni olistiche, soprattutto orientali). Per l’Olismo (scientificamente
fondato, dunque) tutti gli esseri viventi sono un unicum. Altra questione, invece, è trattare con il maggior rispetto
possibile gli animali e le piante quando per reale necessità ce ne dobbiamo
cibare o dobbiamo trarre da loro altro tipo di utilità (lana, peli, pelli, ossa;
legno, corteccia ecc.). Limitare il più possibile la loro sofferenza. Questo
sì. Con accorgimenti e tecnologie e tecniche adeguate. Questo è senz’altro un
impegno ed un obiettivo da perseguire. Ma è altra cosa. Così come altra
questione è certamente il dover limitare il consumo di carne rossa (e
specialmente lavorata) a favore di un maggior consumo di carne bianca e di
pesce e, più in generale, il dover limitare proprio il consumo di carne a
favore di un maggior consumo di vegetali (verdura, legumi, frutta); il limitare
il consumo di grassi di origine animale (burro, ad esempio) a favore di un
maggior consumo di grassi di origine vegetale (olio extravergine di oliva, per
esempio); ecc. Ma una cosa è limitare altra cosa è abolire, l’abolire del tutto
la carne ed il pesce così come addirittura i derivati animali (uova, latte
ecc.). Abolizioni del genere vanno contro l’oggettiva e fisiologica condizione onnivora dell’essere umano. E
francamente regimi dietetici non-onnivori non mi sembrano proprio un qualcosa
di “olistico”, anzi …. semmai proprio il contrario! Qualcosa di parziale,
frammentato, scisso, ridotto, non-complesso, non-completo. Anche perché qualcuno
mi dovrebbe proprio spiegare come mai, poi, sotto l’aspetto
psicologico-culturale (aspetto che va sempre tenuto presente in un approccio
autenticamente olistico e in un esercizio autenticamente olistico) vi è bisogno
(comunque) della “bistecca” … seppur di soia! Del “latte” … seppur di soia o di
riso! Della “pelliccia” …. seppur ecologica! ecc. Evidentemente gli archetipi,
anche simbolici, della Cultura Umana non sono così facili da sradicare, …..
forse perché non vanno sradicati? Altra questione ancora è la caccia. Ho detto
prima, reale necessità di cibarsi e o
trarre altra utilità quali lana, peli, pelli ecc. Reale necessità: ce l’aveva
l’uomo preistorico. Quanto all’esigenza psicologica odierna, che alcuni hanno
ancora, di cacciare, di fare sport di caccia, che in sé è cosa sacrosanta, la
si può soddisfare o soddisfare in parte (il che andrebbe comunque bene visto
che di tempo dalla Preistoria ne è passato …) facendo come faceva mio nonno:
armato di tutto punto (grazie anche alla mia collaborazione casalinga, non solo
di battuta: mi piaceva pulire e lucidare il fucile, riempire le cartucce con
l’apposita macchinetta, ingrassare il cuoio della cinghia ecc.) scovava la
volpe, la lepre, il colombaccio, l’upupa ecc. ma sul punto di sparare
all’animale, alzava la canna del fucile e sparava più in alto. Caccia sportiva,
appunto. Il bello era andar per boschi, macchie, radure ecc. Il bello era
intuire dove potesse trovarsi l’animale, leggerne le tracce, i segni e i suoni
nell’ambiente, immaginarne il comportamento di spostamento o di fuga e, poi, per
poi, riuscire a trovarlo, a scovarlo e stanarlo. Ma la cosa davvero bella era
lasciarlo vivere (non avevamo bisogno d’ucciderlo. Ed eravamo a casa sua. A casa
nostra, nella casa degli esseri umani, il pasto già ci attendeva). Era una
“caccia” civile e dignitosa. D’altri tempi. Di uomini d’altri tempi. Mio nonno
era di Destra. La Destra buona. Ed insieme a me, che ero già di Sinistra (… buona
anche la mia), era imbattibile. Eravamo un duo perfetto. Ed anche olistico, se
ci pensate bene!
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