Post 295
La Tecnica, la Natura e il Buon Lavoro
Anche in seguito al nuovo e diffuso interesse per le
questioni legate ai cambiamenti climatici (anche attraverso nuove forme
d’espressione e d’organizzazione, vedi Greta Thunberg e Fridays for Future,
vedi mio post n. 290), in Società stiamo assistendo ad un riemergere delle
tematiche e delle problematiche inerenti il rapporto tra Tecnica e Natura. In
sé, è un fatto positivo, molto positivo. Assolutamente necessario. Basti
pensare che nel 2018 abbiamo perso ben 12 milioni di ettari di foreste
tropicali di cui 3,64 milioni di foreste primarie cioè quelle che garantiscono
maggiormente sia la stabilità climatica sia la biodiversità a livello globale
(fonti: World Ressources Institute e Global Forest Watch). Il riemergere di una
diffusa sensibilità anche a fronte di simili scenari (che purtroppo sono le
vere follie del Nostro Tempo, “capolavori” di Avidità) è dunque un fatto
positivo, molto positivo. Che non può non configurarsi come una critica –
diretta o indiretta, consapevole o meno - al Capitalismo. E che va ad assumere un
significato particolare anche in merito al Lavoro:
la Società dovrebbe favorire i lavori che servono per davvero
perché, di contro, sono tanti, troppi, i lavori che esistono solo per una
“logica di mercato” ma a discapito degli equilibri ecologici, economici e
sociali e che invece andrebbero salvaguardati o ripristinati. Tra i lavori
davvero necessari ci sono quelli appunto inerenti il rapporto Tecnica/Natura (e
quindi riconducibili alle scienze geologiche, alle scienze agrarie, alle
scienze forestali, alle scienze climatiche e meteorologiche, ecc.).
Tuttavia, il rischio di sprecare il momento è alto, molto
alto. Perché sono sempre possibili (anzi, da mettere in conto) la Semplificazione,
la Speculazione, la Moda ma soprattutto il Riduzionismo (il tutto è uguale alla
somma delle parti, con conseguente modus
operandi di tipo esclusivamente analitico-razionale). Il rapporto tra
Tecnica e Natura, infatti, è di tipo complesso
(inteso in senso scientifico – Teoria della Complessità, Teoria dei Sistemi,
ecc. – e non inteso in senso comune che vuol dire solo “articolato”, “complicato”,
“composto”, ecc.) e dunque va visto ed affrontato nella sua
interezza-totalità-globalità ma soprattutto va visto ed affrontato all’interno
del giusto Paradigma culturale-scientifico-tecnico cioè l’Olismo (il tutto è
maggiore della somma delle parti, con conseguente modus operandi di tipo essenzialmente sintetico-intuitivo) e che attualmente
costituisce l’unico paradigma che riesce ad occuparsi per davvero anche delle proprietà emergenti, cioè dei vari quid in più – positivi o negativi -
emergenti oltre la somma di parti e loro semplici relazioni, e che
caratterizzano la vera complessità, nonché l’unico paradigma
che riesce a garantire un giusto rapporto tra teoria e sperimentazione e tra teoria
e pratica, recuperando la teoria così
troppo e così tanto trascurata dall’ “esercito di praticoni” che ha affollato
ed assediato, negli ultimi cinquant’anni, la Scienza e la Tecnica. Auguriamoci,
dunque, che, almeno stavolta, la Società prenda la giusta direzione
paradigmatica. Quanto a Noi, ci risentiamo a Giugno, come ben sapete (nuova cadenza
mensile del blog). Ad maiora! Luca
Fortunato (Matera) WhatsApp 389.4238195

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